XX Bitter per me non è un nome, è una dichiarazione di intenti… è l’amaro originale.
Cerco di spiegare: un sacco di anni fa mi aggiravo tra i banchetti di un Italian Beer Festival ad Alessandria, ero un neo bevitore di birra artigianale con idee poche e molto confuse su stili e sapori e mentre camminavo venni accalappiato da quello strano nome di cui avevo solo sentito parlare.
Il tizio che mi stava riempiendo il calice, con aria ammiccante mi disse: “Ti piace l’amaro, eh?”, rivolgendosi a me come avrebbe fatto Mazzini ad un iscritto carbonaro.
Io, che la birra più amara che avessi bevuta all’epoca temo fosse una Chimay (figurarsi…), finsi di mostrarmi degno di tanta confidenzialità, tracannai e la mia vita (birraria, s’intende) cambiò per sempre.
Ricordo perfettamente che, nonostante la birra fosse gelata, ebbi una delle epifanie gustative più intense che avessi mai provato fino ad allora: mi fu chiaro in un istante che l’amaro, questo amaro, era buono e che rendeva più facile, meno stucchevole la bevuta.
Sono passati gli anni, l’amaro è diventato una moda per molti versi anche censurabile (chi, in certe manifestazioni, non ha sentito frasi ridicole del tipo “Dammi la più amara che hai”) che ha prodotto capolavori come anche grandi quantità di squilibrati mostri mutanti da milioni di IBU, imbevibili se non con il contagocce, ma la XX Bitter è ancora oggi un campione di eleganza a differenza di tante “pigne amare” più moderne, un riferimento per chi desidera una birra saporita con un pizzico di estremo ma senza esagerare e spendendo poco.
Birra: XX Bitter
Azienda: De Ranke
Stile di riferimento: Belgian Ale
Prezzo: 2,90 euro (33cl)
Note varie: il birrificio De Ranke è nato a metà anni novanta dalla voglia di brassare luppolato dei due amici Guido Devos e Nino Bacelle, e in particolare la ricetta della XX Bitter (alta fermentazione, malto Pilsner e gran quantità di luppolo Brewers Gold e Hallertau) è stata creata all’epoca per essere “la più amara del Belgio”, nazione fino ad allora non particolarmente interessata a produzioni così amare.
Il birrificio afferma di non ricorrere a filtrazione e pastorizzazione.
E’ già una festa quando la versi: una montagna di schiuma candida, fine, compatta che sovrasta il giallo opalescente.
Il naso è pulitissimo, con l’erbaceo verde e fresco del luppolo, poi la speziatura, la pesca e un lievissimo accenno di caramello. Olfattivo fine e variegato, da non mortificare con temperature glaciali.
In bocca c’è un lieve attacco caramellato e poi arriva la botta di amaro, netta e resinosa, pulita e secca, estremamente intensa senza essere fastidiosa o tagliente.
La carbonatazione non è per nulla aggressiva, il corpo è medio, la secchezza esemplare e il sorso scorre veloce e facile. Il finale amaro è lunghissimo.
La trovo sempre una birra di ottimo livello, con molti dei pregi che preferisco: bevibilissima ma di grande personalità, e, da non trascurare, economicamente del tutto abbordabile.