Una lunga striscia di sale: 10 anni di Luciano Capellini

Si dice sempre così, con molta enfasi retorica, ma questa volta è stata per davvero una grande emozione poter servire al banco di assaggio della Cantina du Pusu in una verticale storica che ha visto tutti in fila i millesimi prodotti da Luciano Capellini dal 2004 (la sua prima vendemmia) fino alla bottiglia che riporta il 2013 in etichetta.

capellini

Emozionante di sicuro per la presenza di Luciano, che si presenta con semplicità raccontando del suo lavoro nel meraviglioso e difficilissimo ambiente delle Cinque Terre, a Volastra, per il quale, una volta tanto, si può scomodare senza timore di esagerare la definizione di “viticultura eroica”. E’ da questi dirupi di fronte al mare che Luciano strappa il frutto con cui assemblare i suoi vini e trova la volontà di mantenere viva la tradizione di un territorio che ogni anno vede sempre meno ettari vitati.

Ed è emozione anche e soprattutto per i vini: non me ne vogliano i cultori del Pigato, o dei Vermentini dell’una o dell’altra Riviera, o anche magari della meno nota Bianchetta, ma per me il vero grande bianco ligure è il Cinque Terre, e Capellini in questa storica rassegna dimostra di interpretarlo come pochi altri, presentando vini tutti marcati dal coerente filo conduttore delle verticalità e di una netta scia sapida che viaggia a braccetto di un tripudio di erbe aromatiche, di macchia mediterranea: sarà la suggestione, perché no, ma è la nitida fotografia delle terrazze vitate abbarbicate a strapiombo sul mare.

Quasi inutile parlare delle singole bottiglie, ma entrati nella macchina del tempo dei millesimi piace spendere due parole per il 2013, già godibilissimo, dritto, pieno, nettamente gastronomico e che quasi ti ordina di essere accompagnato da un piatto di linguine alle vongole; poi il 2011, che arricchisce lo spettro aromatico con qualche sottofondo morbido di uva.
Il 2010 è l’esperienza più debole: Luciano ha avuto qualche problema con i tappi (a suo tempo ritirò e sostituì le chiusure a 1500 bottiglie) e il vino, pur non marcato dal sughero, è appesantito da una nota mielosa insistente.
Merita l’applauso un sontuoso 2008, l’epitome del Cinque Terre: tutto quello che abbiamo detto (la sapidità, la macchia mediterranea), si amplificano e si allungano a dismisura in un finale quasi infinito.
Dal 2006 al 2004 si cambia ambito: i vini sono in piedi, sapidità e acidità non mancano, e le ossidazioni la fanno da padrone con nette impressioni di noce, nocciola, mandorla, che riportano alla mente il ricordo di certi Sherry secchissimi; tra i tre, il più godibile è proprio il 2004.

Si chiude con un appuntamento al prossimo anniversario, quando gli anni di produzione saranno venti e le bottiglie in fila quelle dal 2014 in poi, e chissà che qualche angolo possa spuntare il bonus di qualcuno di questi millesimi da poter riassaggiare.

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Vinidamare 2015

Vinidamare: si ricomincia da zero o poco più, direi. Ma andiamo per ordine.

Non ho idea di chi sia la colpa, o meglio qualche idea la ho ma suffragata solo da voci di corridoio, quindi la tengo per me, fattostà che qui nel deserto tartarico enologico abbiamo un programma di eventi che, nel giro di un mese circa, elenca nell’ordine: Vinidamare a Camogli, Vino Naturalmente Vino a Chiavari, Mare e Mosto a Sestri Levante e Terroir Vino a Genova.
Nel mezzo, per buon peso, Slow Fish a Genova…
Certo, Slow Fish c’entra solo marginalmente e si svolge solo ogni due anni (ma mica lo si scopre adesso), ma auspicare una telefonata tra i vari organizzatori per gestire meglio il calendario è talmente banale che è inutile scriverlo.

Comunque è inutile girarci intorno, il vero casino è stato quello di Vinidamare, la rassegna dei vini liguri, da sempre organizzata da AIS assieme al comune di Camogli: è successo qualcosa tra i due partner e AIS ha deciso di spostare la manifestazione a Sestri utilizzando un nuovo nome (perché il marchio Vinidamare è registrato dal comune).
Camogli, non volendo rinunciare, ha messo in piedi comunque l’evento chiedendo l’aiuto di FISAR. Risultato: due vetrine con lo stesso tema (i vini liguri, appunto) a pochi giorni e pochi chilometri di distanza l’uno dall’altro. Il solito colpo di genio tutto italico, fatto di beghe e frammentazioni: complimenti.

Vinidamare, dicevamo: non ho seguito le due giornate dell’evento; come non professionista mi sono al solito limitato ai banchi d’assaggio, scansando i dibattiti e le manifestazioni collaterali, e l’impressione è che nonostante si sia arrivati alla dodicesima edizione, si riparta da zero.
Dal punto di vista del visitatore è stata una grossa delusione: nessun programma stampato consegnato all’ingresso, soprattutto pochissimi i produttori (che evidentemente hanno scelto di presenziare alla manifestazione di Sestri), difatti molti banchi proponevano uno zibaldone di vari vini serviti dai poveri tizi di FISAR che ovviamente non potevano conoscere granché di quello che versavano. Risultato: molte bottiglie neppure sono state aperte e quasi tutte non sono state comunicate a dovere.
Aggiungiamo che qualcuno ha avuto la malaugurata idea di non tirare le tende dietro ai grossi finestroni, così molti rossi non messi in fresco erano a temperatura da brodo… Ciliegina sulla torta: i dibattiti (con tanto di microfono e altoparlante) si svolgevano nella stessa stanza della degustazione, con evidente frastuono e fastidio di tutti i visitatori.

Si ricomincia da zero o poco più, quindi, con l’auspicio che il prossimo anno si possa fare tesoro dei difetti organizzativi (e sono certo che non sarà difficile) ma soprattutto si riesca a trovare la quadra tra due manifestazioni gemelle ma separate (cosa che vedo nettamente più complicata).

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