Rudolf Steiner si è occupato di filosofia, di pedagogia, di esoterismo, di sociologia, di antropologia, di musicologia.
Rudolf Steiner è morto nel 1925.
Scrivo questi dati per ricordare a quale distanza socio-temporale facciamo riferimento quando parliamo di biodinamica: Rudolf Steiner è infatti l’ispiratore di questo metodo di coltivazione.
Un tempo nel quale, per fare alcuni esempi, Herry Ford aveva da poco inserito la catena di montaggio nel suo processo produttivo, il cinema diventava sonoro, nasceva il partito comunista cinese di Mao Tse-tung e Mussolini diventava capo del governo.
Un tempo in cui un uomo, Steiner appunto, poteva aver studiato matematica e fisica e poi diventare curatore delle opere di Goethe, credere alla reincarnazione, inventarsi una “arte del movimento” chiamata Euritimia, dirsi sicuro della vita su Saturno, formulare le basi di una medicina alternativa detta antroposofica.
Eccetera eccetera (tanti eccetera).
Per inciso, la medicina antroposofica (che ovviamente non ha alcun riconoscimento da parte della scienza medica) è una di quelle teorie squinternate che, per dirne una, cura il tumore con l’estratto di vischio…
Ora, il povero Steiner era uomo del suo tempo, sicuramente colto, ma dire che tante delle idee alla base delle sue teorie siano, al meglio, obsolete, se non del tutto prive di qualsiasi fondamento scientifico o del tutto strampalate dovrebbe essere una banalità. Invece…
Invece una delle parole d’ordine dell’enomondo attuale è “biodinamico”, un termine figo, quindi molto più voga dell’ormai assodato “biologico”. Peccato siano in pochi tra i consumatori a sapere davvero cosa ci sia dietro alla parolona magica.
Prima di procedere a spiegare, vorrei raccontare un aneddoto: lo scorso anno sono stato in Trentino a visitare un Noto Produttore biodinamico; grandi vini, ottima ospitalità, cantina meravigliosa.
Ad un certo punto vengo fatto entrare nella barricaia e c’è una musica accesa; l’addetto alle visite mi racconta che il suono e le vibrazioni accompagnano l’affinamento dei vini. Vabbè.
Poco dopo mi fanno notare con orgoglio che sui muri ci sono dei piccoli tubi: i cavi della corrente elettrica passano all’interno di questi e sono “annegati” in un gas inerte per minimizzare l’influsso dei campi elettromagnetici.
Vabbè.
Un istante dopo, non posso fare a meno di notare a pochi metri di distanza una antenna ripetitore per telefono DECT. Non vado oltre per non insultare l’intelligenza del lettore.
Dunque, cosa è la agricoltura biodinamica?
Brevemente e per accenni: un metodo di coltura “fondato sulla visione spirituale antroposofica del mondo”, in cui più ogni sostanza è diluita, più ha effetto sugli organismi con cui viene a contatto. Per migliorare la qualità del terreno vengono così creati dei “preparati” (in diluizione tale da, secondo le leggi della chimica, non aver più nessuna parentela con la sostanza di partenza) poi usati o per il compostaggio o spruzzati sulle piante, non prima però di essere stati conservati dentro a parti di corpi animali (es. corna svuotate di vacche che abbiano già partorito!).
Date le premesse non stupisce che si dia grande importanza alla astrologia (sì, proprio gli oroscopi), che si parli di “forze cosmiche e spirituali” e di “energia vitale” della materia.
Senza proseguire oltre, rimando chi volesse approfondire a questo bel articolo di Dario Bressanini.
Con questo non voglio demonizzare la agricoltura biodinamica: la sua ideazione precede lo sviluppo della agricoltura biologica e ne incorpora molti aspetti pregevoli, come ad esempio la pratica del sovescio e il non uso di fitofarmaci, fertilizzanti, erbicidi e pesticidi di sintesi.
Sono sicuro ci siano moltissimi vignaioli che abbracciano questa filosofia misticheggiante come estrema riverenza nei confronti della natura dei loro terreni, convinti di ottenere in questo modo prodotti migliori e più sani possibili, e sono anche convinto che ci riescano, visto che, in quanto veramente innamorati della campagna se ne occupano al meglio, con tutte le loro forze e la loro passione.
Sono sicuro che i risultati ci siano; altrettanto sicuramente si ottengono non grazie alla biodinamica, ma nonostante essa.
Infastidisce semmai che, accanto a bravi (e mi permetto, ingenui) contadini convinti della efficacia di questa stregoneria e ad altri più razionali (che dei suddetti esoterismi prendono razionalmente solo la piccola e parte sensata), ci sia chi usa il termine magico per farne un business, confidando nella impreparazione della massa, affascinata da una parola che suona più bio del biologico.
A tramutare la superstizione in affare ci sono di sicuro alcuni produttori pronti a seguire la moda del momento (ieri erano le barrique, dunque via di trucioli nel mosto e di “vino del falegname”, oggi tira “il naturale” e allora perché non sfoderare le corna di mucca?), ma non solo: Demeter, la associazione preposta a certificare i produttori biodinamici guarda caso, ha un tariffario per chi vuole fregiarsi del bollino…