Il faccione baffuto di Mario Pojer l’ho sbirciato molte volte in varie manifestazioni vinicole, dove era presente come espositore ma spesso anche come visitatore: segno che l’uomo ama capire, assaggiare, confrontarsi.
Dal 1975 a Faedo, lui e il socio Fiorentino Sandri, anno dopo anno sono riusciti ad ingrandirsi e ad introdurre innovazioni tecnologiche, fino costruire una ampia e solida gamma di vini tipici del territorio (e in verità anche di distillati e aceti) che tra gli appassionati gode di ottima reputazione.
Il risultato di una di queste ricette che miscelano tecnologia, creatività e ricerca è lo Zero Infinito, un vino bianco biologico, rifermentato in bottiglia, che deve il suo nome al felice slogan: “ZERO impatto chimico: ZERO in campagna e ZERO in cantina”.
Il vino è prodotto da uva Solaris, un incrocio ottenuto in Germania proprio nel 1975 (l’anno di fondazione di Pojer e Sandri) coltivata a circa 800 metri di altitudine. La varietà ha la caratteristica di essere resistente a molte malattie, consentendo quindi l’eliminazione dei trattamenti in vigna.
Denominazione: IGT Vigneti delle Dolomiti
Vino: Zero Infinito
Azienda: Pojer e Sandri
Anno: 2014
Prezzo: 15 euro
Bello e interessante il progetto, ma i risultati?
Il vino è proposto con tappo a corona, in bottiglia trasparente che lascia vedere il deposito di lieviti sul fondo: come sempre in questi casi l’assaggio può dunque essere effettuato in duplice maniera: decantando oppure “mescolando” i residui.
Nel bicchiere troviamo un liquido paglierino torbido, lattiginoso, e i primi richiami olfattivi sono nettamente aromatici, tanto che alla cieca mi sentirei certo di azzeccare un sauvignon. Quindi ovviamente erbaceo in primo piano, poi mela verde e pera acerba, forse pure anche menta e zenzero.
In bocca c’è coerenza con quanto annusato, quindi è subito evidente l’acidità, decisa, che aggredisce con un sorso sicuramente verticale, persino quasi astringente.
E proprio l’assaggio è un po’ anche il limite del vino: si esaurisce tutto in questa sensazione, oltretutto abbastanza corta, senza riuscire ad integrarsi con altre caratteristiche: aromaticità e acidità così intense e poco bilanciate paradossalmente frenano la bevibilità che risulta lievemente compromessa. Nulla di grave, ma ritengo ci sia ancora da lavorare per “dare ciccia” attorno alle sensazioni che per ora prevalgono.
Il bello: grande freschezza
Il meno bello: mancano complessità e lunghezza