Che in Svizzera si faccia il vino non dovrebbe essere notizia così straniante: se ci sono ottime produzioni in Germania e in Austria, e se in Francia zone molto più a nord (Borgogna, Champagne) riescono ad esprimere autentiche eccellenze, non si capisce perché ci sarebbe da discutere sul potenziale elvetico e fare la classica, banale ironia su cioccolata e orologi a cucù.
In realtà sono in molti a non conoscere la produzione vitivinicola svizzera, e i motivi sono senza dubbio consistenti: la quantità è limitata e ben poco esportata in Italia, inoltre il rifarsi in gran parte al modello francese senza averne il blasone ma mantenendo un prezzo piuttosto elevato non è propriamente un gran veicolo promozionale.
Detto questo, c’è sicuramente una zona altamente vocata, oltre che di eccezionale valore paesaggistico, che vale il viaggio: il Lavaux, patrimonio mondiale UNESCO a non molti chilometri dall’Italia, situato tra Losanna e Montreux, sul lago Lemano (volgarmente detto di Ginevra) e già questo dovrebbe tranquillizzare gli amanti del vino: lo specchio d’acqua è talmente grande da sembrare un mare e consentire quindi decisive funzioni di regolazione termica.
In aggiunta, i vigneti argilloso-calcarei che si estendono ad altitudine compresa tra i 400 e i 600 metri sono letteralmente appesi sul lago, abbarbicati vertiginosamente in terrazze a strapiombo costruite con pietre bianche che accumulano e riflettono calore: un esempio da manuale di quella che si suole chiamare (con un po’ di enfasi, lo ammetto) “viticultura eroica”.
Qui il vitigno principe è lo Chasselas, uva a bacca bianca di maturazione precoce, di limitata acidità ed estremamente antica, che pare originaria proprio di queste zone e che normalmente dà vita a vini freschi e fruttati, di discreta finezza, da consumare giovani e non molto più. Ma in alcune aree lo Chasselas si esprime al meglio, con buone possibilità di invecchiamento che regalano maggiore complessità, aggiungendo alla componente fruttata anche sensazioni mielose, minerali e di frutta secca: si tratta delle AOC di Dézaley, Calamin (entrambi Grands Crus) e St.Saphorin
Ho visitato la zona nel settembre di due anni fa (lasciamo perdere i motivi per cui queste righe sono rimaste inedite così a lungo, non è importante), ma ricordo nitidamente il paesaggio come il più affascinante mai visto nei miei viaggi a tema enoico, una bellezza leggermente struggente, languida come solo il lago riesce ad esserlo: la scena è illuminata da una luce abbacinante che enfatizza i colori straordinariamente vivi dell’azzurro riflettente del lago immerso nella cornice verde dei monti (il leggendario verde svizzero) sormontato dal bianco dei ghiacciai. E poi, certo, il giallo e il marrone rugginoso dei vigneti solcati dalle terrazze di pietre bianche. Uno spettacolo decisamente imperdibile non solo per gli amanti del vino.
In aggiunta, stato accolto con grande cortesia nelle tre aziende che ho visitato, da produttori ben felici di fare assaggiare i propri prodotti, disponibili al dialogo in un eccellente inglese; naturalmente le cantine erano perfette, di quella precisione che retoricamente definiamo svizzera.
Fin qui le note entusiasmanti, purtroppo ci sono anche lati non del tutto piacevoli: anzitutto i prezzi della ristorazione, estremamente cari anche a detta degli stessi produttori della zona, quindi è facile immaginare il salasso per le tasche dell’italiano medio. Io ho rimediato una cena di buon livello ad un prezzo decente alla scuola alberghiera di Losanna; provateci, tutto sommato è anche una esperienza divertente, si viene serviti (e “cucinati”) dagli studenti di una delle scuole a tema più prestigiose del mondo, supervisionati dai docenti, in un ambiente di grande eleganza.
Ancora: ci sono pochi riferimenti certi sui vini e sulle aziende: io, dopo aver letto di tutto e di più sono andato un po’ a caso; non si trovano mai prodotti mal fatti, ma è raro incappare in qualcosa che si elevi sopra una (buona) media.
Non ho trovato wine bar in cui fare degustazioni a tema o comparazioni, l’unico locale che può offrire varietà è a Rivaz, Vinorama.
Finisco con qualche suggerimento vario: a fine settembre a Lutry c’è una festa della vendemmia, niente di imperdibile ma può essere una tappa carina; ancora, per visitare i vigneti c’è un trenino che porta in escursione nel cuore degli stessi, ma francamente è evitabile: ve la potete cavare a piedi o in auto senza problemi, e infine, se avete voglia di fare qualche chilometro e immergervi in una Svizzera da cartolina, vi consiglio una tappa allo Chalet des Enfants, dove potrete mangiare una monumentale fondue au fromage all’aperto, in una atmosfera più che bucolica.