Quando si dice la programmazione… per vari motivi il mio viaggio nel Collio è arrivato in un momento non particolarmente indicato: pioggia e vendemmie ancora in corso (o appena ultimate) non sono certo le condizioni più adatte ad un viaggio a sfondo enoico, sia dal punto di vista prettamente turistico che da quello riguardante il rapporto con i produttori da visitare, oggettivamente indaffarati in questioni ben più importanti rispetto alle curiosità del sottoscritto…
Di certo immaginavo il territorio più scarno, brullo, quando invece, partendo dal pianeggiante limite meridionale segnato dall’Isonzo, si ondeggia in un susseguirsi di rilievi dolci e riccamente verdeggianti, costellato di piccoli paesini ordinati e immersi in un mare di vigne e di tranquillo silenzio.
Qualche ora di sole mi ha permesso di sfruttare la Vespa gialla messa a disposizione da Picech con cui ho attraversato a casaccio le colline (attenzione al telefono: ci si muove costantemente sul confine con la Slovenia, a volte superandolo senza accorgersene, e se il roaming dati è attivo, si rischia di drenare velocemente il credito residuo…), restando stupefatto dalla concentrazione di aziende agricole, molte famosissime, altrettante note solo per averne letto chissà dove, moltissime altre a me sconosciute.
La prima cantina che ho visitato è Ronco del Gelso, che, avendo le sue vigne proprio sul suolo magro e pianeggiante al confine tra Collio e Isonzo, produce vini di denominazione Isonzo.
L’azienda di Giorgio Baldin produce circa 150.000 bottiglie l’anno suddivise in una ampia gamma di tipologie che ottengono spesso ottimi riconoscimenti, e che, come si legge sul sito, sono vinificate in “modo laico, lontano da rivendicazioni ideologiche”, distaccandosi quindi dalla tradizione (o forse anche da quella che attualmente è anche una moda) dei vini macerati. L’approccio è estremamente razionale, lucido: lo si capisce dalla cantina, moderna, ordinata e pulitissima, che riflette le tecniche di vinificazione adottate (lieviti selezionati, temperature controllate, acciaio o rovere a seconda della bisogna, sala attrezzata all’appassimento con controllo di temperatura, umidità e arieggiatura forzata).
La cantina è davvero all’avanguardia e di fatto autosufficiente dal punto di vista energetico grazie al fotovoltaico e ad una caldaia che brucia gli scarti di potatura per poi diffondere calore ovunque necessario grazie ad un impianto ad anello.
Nei vini assaggiati ho riscontrato il tratto comune di grande pulizia unita a notevole sapidità e aromaticità; vini direi gastronomici, nel senso di prodotti facili da bere senza essere banali.
Gran vino il Pinot Grigio Sot Lis Rivis, di cui preparerò scheda a parte: per ora mi limito a dire che mi ha davvero colpito per possenza di corpo e robustezza alcolica, ma acrobaticamente in equilibrio verticale, evitando di scivolare nell’eccesso. Ben fatto!
Facile e gradevole l’uvaggio Latmis (Friulano, Riesling, Pinot bianco, Traminer), molto piacevole il Friulano Toc Bas, con piacevoli accenni di nocciola e buon corpo (ho un debole per il vitigno, magari minore, ma che pur senza grandi pretese riesce sempre a sfoderare prodotti molto versatili per l’accompagnamento a tavola).
Bene la malvasia Vigna della Permuta: aromatica come dovuto ma diritta, di bella tensione sapida; piacevolmente fresco, intenso e per nulla stucchevole il passito Aut (da uva Traminer).
Meno interessanti il Riesling (un po’ anonimo, ma devo dire che raramente lo capisco quando vinificato fuori dai suoi territori d’elezione di Germania e Alsazia) e il Sauvignon, dal varietale troppo evidente (forse perché molto giovane).
[Prosegue…]