Per sgomberare il campo da equivoci dichiaro subito che ritengo Natale Farinetti detto Oscar un grande imprenditore, una risorsa per l’Italia, uno che vede lontano (sganciarsi dal settore dell’elettronica di consumo per inserirsi in quello del cibo e delle bevande di alta qualità è forse ovvio oggi ma di certo non lo era quando lo ha fatto lui).
Ciò detto, ho molte riserve sul piccolo (ma neanche tanto) impero Eataly: a prescindere dallo sfavorevole rapporto qualità/prezzo dei “ristorantini”, non è bellissimo trovare in vendita accanto allo slogan degli “Alti cibi”, sotto il cappello filosofico di “sostenibilità, responsabilità e condivisione” e della “possibilità di offrire a un pubblico ampio cibi di alta qualità a prezzi sostenibili”, prodotti quantomeno discutibili (es. il pesto senza aglio, la birra Peroni, la pasta Barilla sugli scaffali di Eataly New York, tutta la pletora di creme e cremine per viso e corpo vendute a prezzi da strabuzzo degli occhi, eccetera), ma capisco che il supermercato occorre riempirlo e che i margini di profitto abbiano le loro esigenze, quindi non mi scandalizzo di certo.
Vado oltre: pur non piacendomi per nulla, accetto persino il voler spostare l’asticella del (legittimo) marketing sul piano etico, ma quando si arriva a certi eccessi retorici non può non scapparmi una risata.
La prima volta in cui avevo percepito chiaramente l’abbattimento del muro del ridicolo era stata quando Oscar, in combutta con Illy, aveva risolto in pochi decisionisti istanti il problema previdenziale che attanaglia il Belpaese; l’ultima volta nei giorni scorsi, quando ho ricevuto una mail di Eataly.
Apro la mail e mi accoglie una foto di Obama e Putin che si stringono la mano; istanti di smarrimento (“che c’azzeccano i presidenti col supermercato”), poi gli occhi scivolano sull’oggetto del messaggio: “Noi di Eataly vi invitiamo a pranzo” per poi scendere sul delirante testo: “… noi la pensiamo come il Papa: la guerra è sconfitta dell’umanità. Lui giustamente propone il digiuno come preghiera del corpo contro la guerra. Noi di Eataly ammiriamo questo gesto potente che unisce i religiosi di tutto il mondo con i laici che ripudiano la guerra. Vogliamo però aggiungere che il mangiare insieme può rappresentare un altro valore forte, rivolto alla convivialità e al superamento dei conflitti. Ci piace immaginare di poter invitare Putin e Obama ad un pranzo qui da noi, dove di fronte ad ottimo cibo i due possano trovare il modo di parlarsi”.
Sono senza parole! Immagino che al prossimo giro Oscar, per vendermi un vasetto di marmellata, si attrezzi a risolvere la questione palestinese, oppure chissà metta mano al problema mediorientale per farmi iscrivere ad uno dei suoi corsi di cucina…
A margine, una doverosa appendice sul ristorante “vero” di Eataly Genova, Il Marin.
C’ero stato la prima volta a Febbraio, sono tornato la settimana scorsa, e per quel che mi riguarda in entrambi i casi ho trovato la migliore cucina di Genova, by far.
Certo, restano alcuni limiti strutturali (l’arredamento discutibile, l’ingresso che costringe all’attraversamento del supermercato, i tavoli “di design” senza tovaglie), ma altri sono stati superati (maggiore professionalità al servizio, con una ottima direttrice di sala).
Odio prendere appunti o scattare foto quando ceno, quindi vi beccate qualche ricordo confuso, anche perché non posso aiutarmi con il menu pubblicato sul sito, che non è per nulla aggiornato (dai Oscar! Questo è da correggere immediatamente): pregevole cortesia sia in fase di prenotazione che all’arrivo sulla scelta del tavolo all’esterno o all’interno, encomiabile l’aperitivo realmente offerto e non aggiunto al conto, molto bene i tempi di servizio (io ho preso un menu degustazione da varie portate, chi era con me solo due piatti più dolce, e comunque c’è stata armonia e nessuna attesa eccessiva), bella la presentazione al tavolo del carrello del pescato del giorno.
I piatti che ho apprezzato maggiormente: le acciughe fritte ripiene offerte a inizio pranzo, ottimo l’antipasto di crudi di mare, strepitosi gli spaghettoni alle sarde.
Qualche appunto negativo: servire a Genova una focaccia non perfetta è un vero delitto, e quella dell’altra sera era da galera diretta senza passare per il via, per tenere in fresco la bottiglia sarebbe meglio attenersi alle tradizionali glacette e buttare quelle buste in plastica semirigida che fanno temere il rovesciamento da un momento all’altro, il preantipasto di centrifugato di melone è abbastanza scoordinato e la piccola pasticceria post-dolce decisamente non al livello del resto della cena. Sala un po’ rumorosa.
Ma sono dettagli, in generale le portate sono felici, con cotture chirurgiche, dosi adeguate e impiattamenti perfetti; la carta dei vini è discreta e ha ricarichi umani, il personale cortese e competente, i tavolini sono ben distanziati, la cucina a vista è piacevole e il panorama sul porto è ovviamente meraviglioso.
Da ultimo, ma non per ultimo, il conto non è basso ma del tutto giustificato da quanto raccontato sopra.