Pinot Nero Riserva Hausmanhof 2010, Haderburg

Questa era una bottiglia comperata dal produttore e messa via in attesa di valutarne la maturazione, ma alla fine quanto vuoi aspettare non potendo godere né di una cantina adatta a lunghi invecchiamenti e neppure di una riserva di etichette infinite cui attingere? (Senza parlare poi della carenza della proverbiale pazienza di Giobbe…).

Quindi, via allo stappo, tanto le informazioni di rito sul produttore le ho già buttate giù in occasione della visita.

Denominazione: Alto Adige DOC
Vino: Pinot Nero Riserva Hasumanhof
Azienda: Haderburg
Anno: 2010
Prezzo: 25 euro

Colore scarico, come giusto per il vitigno, più vivace a centro bicchiere ma già lievemente aranciato sull’unghia.
Naso non troppo complesso ma con un bel fruttato di lampone in evidenza, senza esagerazione e con un minimo accenno balsamico.

In bocca si conferma molto lineare, l’acidità è buona ed è ben bilanciata da un leggero calore alcolico, decisamente non fastidioso. Torna il frutto, mentre il tannino è appena accennato e il vino chiude con una discreta lunghezza.

Vino piacevole e per il quale è difficile un giudizio esaustivo: da un lato la base è ottima e lascia pensare che l’evoluzione futura possa portare a vette superiori, dall’altra è vero che già sette anni sono passati e si intravede qualche invecchiamento al colore che lascia temere la necessità di consumare in tempi brevi.
Ne ho ancora una bottiglia: vedremo

Il bello: bevuta gradevolissima

Il meno bello: manca un po’ di complessità

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HaderburgD’accordo, non conta nulla e importa a pochi, ma se potessi assegnare il premio per l’azienda agricola (intesa come vigneti, posizione, panorama e tutto quel che ne consegue) più bella e coreografica mai visitata, il titolo verrebbe assegnato alla Azienda Agricola Haderburg. No contest, vittoria per ko tecnico.

Certo, immagino che la vittoria sia stata favorita dall’aver raggiunto le alture circostanti Salorno (più precisamente: Località Pochi) in questo mese di Aprile cui la primavera un po’ strampalata regala montagne con neve in gran quantità fino ancora a 1300 metri, bianchissimi meli in fiore in tutta la Piana Rotaliana, erba dal verde abbacinante e 26 gradi di temperatura, ma effettivamente la location (come dicono quelli moderni) ha pochi rivali.

HaderburgPochi concorrenti ha anche l’accoglienza della famiglia Ochsenreiter: con il Vinitaly in pieno svolgimento abbiamo comunque tentato il colpaccio chiamando il mattino per prenotare una visita di lì a pochi minuti. Pensavo ad una pernacchia, invece ci è stato risposto che qualcuno (nella fattispecie il gentile figlio del titolare Alois) è sempre presente in azienda e ci avrebbe accolto volentieri.

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Haderburg Detto fatto, in pochi minuti si sale in auto da Salorno fino alla collina che ospita il podere Haderburg, abbarbicato a circa 400 metri di altitudine sul confine meridionale dell’Alto Adige, a dominare l’immensa distesa di vigneti e alberi da frutta che circonda il corso dell’Adige, con le Alpi in secondo piano che incorniciano il tutto.
In una tersa e fiorita giornata primaverile come quella in cui sono incappato il panorama è difficilmente eguagliabile.

L’azienda, i cui prodotti più noti sono indubbiamente i metodo classico, vinifica dal 1977 e ormai da molti anni si è convertita a regime biodinamico; i cinque ettari e mezzo di vigneti a pergola modificata del maso Hausmannhoff, piantati su terreno fangoso e argilloso rivolto a Sud-Ovest, sono quelli da più tempo di proprietà della famiglia e servono a produrre le bottiglie più prestigiose; ci sono poi altri tre ettari in Valle Isarco, dedicati a Müller-Thurgau, Pinot grigio, Riesling, Sylvaner, Gewürztraminer e Kerner.

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La gamma dei vini spumanti mi era già ben nota (ne ho parlato ad esempio qui e qui), ma un ripasso non fa mai male: il Brut base (85% chardonnay, 15% pinot nero, 24 mesi di affinamento sui lieviti, no malolattica) è un prodotto sincero, che non tradisce mai e dal prezzo sicuramente corretto; il Pas Dosé (85% chardonnay, 15% pinot nero, 36 mesi sui lieviti, no malolattica) secchissimo e nervoso, aggiunge sapidità e pienezza; il Rosè (60% pinot nero, 40% chardonnay, 24 mesi sui lieviti) gode di uno straordinario colore e presenta piacevoli e intensi richiami ai piccoli frutti di bosco.

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Il top di gamma è l’Hausmannhof 2004 (100% chardonnay, affinamento di un anno in piccole botti di legno, non svolge la malolattica e poi 8 anni sui lieviti; in precedenza erano 10, se non vado errato), per il quale vale la pena spendere qualche parola in più: bel giallo dorato, luminoso, con bollicine sottili (forse non numerosissime) che in bocca si rivelano sorprendentemente morbide, per nulla graffianti e persino troppo addomesticate.
Olfattivo di buona intensità, ricco di pasticceria e fiori maturi.
Il primo sorso è leggero e poi cresce di intensità nella parte centrale e finale dell’assaggio.
Estremamente scorrevole: l’acidità c’è ma è ben mascherata e in generale è difficile discernere la varie componenti: tutto concorre ad una sicura rotondità, mai piaciona o noisamente morbida, ma sempre elegante e composta.
Bella chiusura, senza amarezze e con discreta lunghezza: resta un piacevole ricordo sapido.
Ottimo vino, dal prezzo comunque importante, al quale (se mi è consentito muovere un appunto), chiederei un po’ di spunto brioso in più.

Non avevo mai assaggiato i vini fermi, e l’impressione generale è sicuramente di prodotti di buon livello, con una punta di eccellenza per il Pinot Nero Riserva Hausmannhof (affinamento per 12 mesi in barriques nuove e altrettanto tempo in legno già usato): la sera precedente al ristorante avevamo bevuto questo stesso vino nel millesimo 2004 restandone fortemente colpiti per rotondità e freschezza ma anche finezza del tannino e per la buona persistenza. Il 2010 (al momento molto giovane) promette altrettanto: ne ho prese un paio di bottiglie da lasciare in cantina qualche anno.
Convincente il Pinot Nero: più semplice e immediato rispetto alla Riserva, dimostra comunque grande freschezza e facilità di bevuta.9 Molto interessante il passito Perkeo (Gewürztraminer e Petit Manseng): acidità notevole, gradazione non eccessiva e corpo piacevolmente scorrevole lo rendono per nulla stucchevole nonostante la dolcezza e l’aromaticità spiccata.
Il vino che ho trovato meno convincente è il Riesling: poca personalità, corpo sfuggente, olfattivo un po’ banale.

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Haderburg Pas Dosé, 2009

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Ho già parlato di Haderburg, ma ho piacere a ribadire che si tratta di un nome sicuro per quanto riguarda la spumantistica italiana d’eccellenza; per saperne di più sulla azienda rimando alle mie note riguardanti il Brut base e al sito del produttore.

Stavolta mi approccio al Pas Dosé, una tipologia non facile, sicuramente di nicchia ma che da qualche tempo gode di buon favore nelle cerchie degli appassionati più hardcore (si può far riferimento a questo post per un veloce ripasso sui dosaggi e la relativa classificazione).
Personalmente, forse anche per questioni territoriali e climatiche, apprezzo decisamente la assenza di dosaggio in molti metodo classico italiani, più che francesi.

haderburgDenominazione: Alto Adige DOC
Vino: Pas Dosé
Azienda: Haderburg
Anno: 2009
Prezzo: 25 euro

Al sodo: si tratta di un millesimato, prodotto con 85 % chardonnay e 15 % pinot nero, affinamento in acciaio e rovere, 36 mesi sui lieviti, assenza di fermentazione malolattica e appena 2 grammi per litro di dosaggio zuccherino.

Colore paglierino brillante, bolla non troppo copiosa ma fine e ben continua. Olfattivo tenue, delicato di agrume, mela verde, erba e lievito.

Come facilmente intuibile parte secchissimo, citrino, con bella freschezza, ma pur essendo un pas dosé non è una lama acida, al contrario c’è equilibrio. Sicuramente lascia bocca pulitissima, senza stucchevolezza.
Buone struttura e corpo, il sorso è bello pieno.

Il bello: dritto, fresco, pulito. Prezzo accessibile
Il meno bello: naso non particolarmente intenso

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Terroir Vino 2013: basta che non sia l’ultimo

C’è poco da dire, Terroir Vino è il mio appuntamento preferito per quanto riguarda il drink-porn smodato (click qui per spiegazioni sulla definizione); confesso di essere mosso da un certo affetto: dopotutto è stata la prima manifestazione enoica cui ho partecipato, la prima in cui sono stato cazziato da un produttore, la prima in cui ho imparato ad usare le sputacchiere…

Al netto delle questioni sentimentali, occorre aggiungere che TV è organizzato bene, benissimo, addirittura per me è l’esempio di come si dovrebbe svolgere un incontro di questo tipo: tanti produttori ospitati in una struttura bella, agibile, spaziosa e fresca, con aree relax dotate di divani, facile da raggiungere in auto (si riesce persino a parcheggiare, pagando salato, ovvio) o con i mezzi, con torte di verdura e panini che girano incessantemente da metà mattina fino a conclusione e con qualche interessante appuntamento collaterale (le Degustazioni Dal Basso) che aiuta a spezzare la serialità degli assaggi.

Su questi fronti, niente di nuovo (per fortuna), se non una leggera brezza di crisi: all’ingresso invece di libricino e penna veniva consegnata solo una mappa, sicuramente erano presenti meno espositori (anche se non saperei quantificare quanti meno), e temo di aver notato anche meno visitatori al pomeriggio, ma potrei sbagliare.
Soprattutto, su vari canali internet mi pare di aver colto momenti di stanchezza (meglio, direi di scazzo) del patron Filippo Ronco, che minaccia di trasformarsi il prossimo anno nel Moloch che sacrifica la sua stessa creatura.

Ecco, al netto dei soliti appunti temo poco interessanti su quanto ho bevuto (mi sono goduto specialmente lo Zero di Pojer & Sandri, che finalmente mi sembra un ottimo vino fatto e finito, lo splendido Pas Dosé di Haderburg, indistintamente tutti gli spumanti di Letrari e quelli per me inediti di Opera, i sempre notevoli Barbaresco dei Produttori e gli idrocarburici Timorasso di Mariotto) e tralasciando i complimenti per la Degustazione Dal Basso cui ho partecipato (“Eroi della Barbera, i luoghi e le persone”, molto interessante, forse solo un filo poco coinvolgente, con tre relatori bravi ed appassionati, ma ad occhio non abituati a parlare e stuzzicare il pubblico), dicevo, a parte tutto quanto sopra, mi preme spendere qualche riga per stimolare Ronco a non sbaraccare un evento che, oltre a non avere pari in Liguria, a mio avviso ha pochi concorrenti tout court).

Ovvio che Ronco farà quello che è più giusto per lui, io non ho idea se i problemi stiano in un entusiasmo diminuito, o siano di natura finanziaria, o forse ricadano nella necessità di focalizzarsi su altri progetti o magari in un po’ tutte queste cose assieme, e dopotutto chi sono io per dare l’egoistico consiglio di non smettere, ma mi permetto di suggerire di cercare collaborazione da parte sia di professionisti che di amatori, magari modificando leggermente la formula per rendere più appetibile l’appoggio di qualcuno dei soggetti interessati. Anche una dimensione minore dell’evento sarebbe accettabilissima, così come capirei un legame più marcato a VGM, sempre mantenendo gli standard qualitativi cui siamo stati abituati.

Insomma, Filippo nun ce lascià!

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Haderburg Brut: solide certezze

Denominazione: Alto Adige DOC
Vino: Brut
Azienda: Haderburg
Anno: –
Prezzo: 18 euro

haderburg brutA volte capita che hai voglia di bolle (vabbè, “a volte” è un eufemismo: hai sempre voglia di bolle) ma non vuoi spendere una fortuna e non vuoi fare esperimenti rischiosi.
Ecco, sono queste le situazioni tipiche in cui c’è un nome che non tradisce: Haderburg.

Azienda di Salorno che possiede circa 5,5 ettari di vigneti coltivati a Chardonnay, Pinot Nero e Sauvignon, distribuiti su 350 – 500 metri di altitudine e condotti in biodinamica, Haderburg produce una ampia gamma di vini fermi, bianchi e rossi, assemblaggi e monovitigno, ma è famosa in particolare per i suoi metodo classico: il Brut base, il Rosè, il Pas Dosé e l’Hausmannof (una riserva millesimata di chardonnay, prodotta in numero limitato di bottiglie, solo in annate particolari e con 96 mesi di affinamento sui lieviti).

Si diceva di bolle ad alto rapporto qualità-prezzo, e il Brut base è perfettamente in linea con questa richiesta.
Brevemente, i dati tecnici: prodotto con rese di circa 60 quintali per ettaro, 85% Chardonnay e 15% Pinot Nero, fermentazione e affinamento in acciaio, 30 mesi sui lieviti, malolattica non svolta.

Aspetto giallo paglierino brillante, con bolle sottili e molto numerose; olfattivo lieve, con descrittori canonici di crosta di pane, agrume e fiori bianchi, non complesso ma finemente piacevole.

In bocca entra pieno, secco e intenso, con bella freschezza ma non tagliente; il dosaggio è fortunatamente poco avvertibile: i 5,5 g/l dichiarati sono ben bilanciati.
Sul palato tornano i sapori avvertiti al naso, e in aggiunta c’è un ricordo di miele.
La bolla è vivace senza essere aggressiva, e c’è corpo; il finale non troppo lungo e leggermente amaro è l’unico punto debole della bevuta.
Ho notato che funziona bene anche ad una temperatura di qualche grado superiore a quella consigliata per i vini spumanti.

Un metodo classico di montagna e che ricorda la montagna: verticale, duro senza essere estremo come certi Pas Dosé, riesce quindi piacevolmente bevibile a tutti, appassionati e non; una bottiglia con cui andare sul sicuro, mai trovata in condizioni meno che buone, meno piaciona e più di sostanza rispetto a tanti Franciacorta base che giocano nella stessa categoria.

Degna di nota in retroetichetta la data di sboccatura: dateci una occhiata prima di procedere all’acquisto, e scegliete un prodotto piuttosto “fresco”.

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