Quando tra appassionati terminali si discetta di un vitigno assai démodé sbuca subito fuori lo Chardonnay: lo “chardo” è grasso, rotondo e glicerico, e oggi il trend è tutto per i vini verticali, acidissimi e spigolosamente rustici.
In aggiunta, tanto quanto si sorvolano con una frettolosa alzata di spalle gli chardonnay nostrani, al contrario si mitizzano quelli dei cugini d’oltralpe; certo ci sono spesso validi motivi, ma sfido a negare che non si sia esagerato con la ricerca spasmodica del vitigno autoctono sfigato e con le vinificazioni iper rustiche ed ancestrali.
Così, proprio come accade con gli eterni ricorsi fashion di pantaloni che da stretti stretti in pochi anni si tramutano in larghi larghi, mi aspetto che prima o poi gli enomaniaci riprendano a bere (e a parlare) di vini se non, orrore, barricati, perlomeno più convenzionalmente definibili puliti, ben fatti, godibili.
In questa categoria dei vini non dico dimenticati, semmai “sorvolati”, mi pare sia stato ficcato il Giarone, un classicone accantonato in questi tempi di acidità violente e di anatema verso le botti piccole, anche perché la località di produzione (Costigliole d’Asti, tra Langhe e Monferrato) è terra di grande tradizione vitivinivola autoctona, e invece l’eretico produttore Bertelli su queste zolle si muove con in testa i modelli di riferimento francesi: marsanne, roussanne, chardonnay, syrah eccetera.
Insomma, una roba così old school che oggi sembra quasi futurista!
Denominazione: Piemonte Chardonnay DOC
Vino: Giarone
Azienda: Poderi Bertelli
Anno: 2011
Prezzo: 38 euro
Dorato pieno, decisamente materico già alla vista, tanto che quando quando il bicchiere arriva al naso non fa che confermare quel che ti aspetti: un bel concentrato di frutta tropicale (ananas condito con il rum), un accento di speziatura alla vaniglia in sottofondo e qualche fiore. Detta così è da anticristo degli enostrippati moderni e invece, pur nella sua esuberanza, mantiene un certo contegno elegante.
In bocca è decisamente pieno e caldo, morbido, forse anche per un leggero e ruffiano residuo zuccherino, e dunque emergono i suoi limiti: l’alcol viene fuori in maniera un po’ eccessiva e la freschezza pur presente non riesce a tenere a bada il sorso che risulta troppo monolitico
L’idea è persino quella di una vendemmia surmatura ma chissà…
Curiosamente, con tutta questa polpa, a centro sorso manca un po’ di allungo, mentre il riscatto lo propongono una lunghezza non indifferente e tutto sommato una bella versatilità a tavola: grazie a struttura e intensità riesce ad essere un buon compagno di primi e secondi e anche di qualche fine pasto fatto di formaggi.
Il bello: pulito, ricco, potente
Il meno bello: un po’ monocrode