Il business della poesia

Non smette di ronzarmi nelle orecchie l’ultima frase di questo bel articolo del Newyorker sul modo di comunicare il vino: “At the end of the day, we’re selling poetry”. Che è poi un modo elegante e altisonante per raccontare il fallimento della presunzione di oggettività della degustazione.

Nel post si mette in luce la mutazione della descrizione dello stesso vino (Château Haut-Brion) da parte del noto critico James Suckling: da una singola, semplice frase (quando effettuata nel 1992) a ben sette frasi, intricate di richiami al tabacco, cioccolato al latte e cedro, nel 2009.
L’esempio è esemplificativo di un trend: in realtà le note di degustazione immaginifiche sono una invenzione relativamente moderna: ai tempi di Roma e antica Grecia e fino al diciannovesimo secolo ci si limitava a vergare dei giudizi di valore sul vino, tralasciando quasi completamente la descrizione organolettica.

Il lessico della moderna critica enologica è stato recentemente influenzato in maniera determinante da Ann Noble, chimica sensoriale presso il Department of Viticulture and Enology della Università di Davis California, che nel 1984 pubblicò la “Ruota dei sapori”, una rappresentazione circolare di descrittori, organizzati in categorie, da utilizzare nel raccontare gli aromi del vino (per la cronaca, il termine “minerale” non era presente).

L’intento della Noble era proprio quello di incoraggiare l’uso di termini specifici ed analitici e di fornire un lessico comune, ma dopo decenni possiamo concordare che lo sforzo non ha sortito gli effetti sperati: le descrizioni di un vino sono quasi sempre cariche di riferimenti non tanto ai “gusti” del prodotto, quanto ad elementi che nella nostra immaginazione individuale sembrano bene adattarsi a lui. Non solo: una ricerca dimostra che i vini più costosi ottengono quasi sempre narrazioni ricche di descrittori più specifici e di termini più pomposi a parità di significato.

La Guild of Sommeliers ha pubblicato un lavoro con il quale si suggerisce di utilizzare il nome dei composti chimici responsabili dei particolari odori del vino, quindi ecco “pirazine” e “tioli” al posto di “erbaceo” e “frutto della passione”.
Tentativo interessantissimo, ma lo stesso redattore della pubblicazione è ben
consapevole che questa metodologia toglie gran parte della poesia alle descrizioni, poesia che è poi uno dei principali veicoli commerciali del vino: “At the end of the day, we’re selling poetry.”

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Zibaldone minimo dei lemmi enogastronomici, parte seconda: il mito della mineralità

Non credo sia un caso che il lemma “mineralità” non sia presente né sul dizionario Gabrielli, né in quello Treccani…
Certo, esiste il più concreto Minerale agg. [dal lat. mediev. mineralis; v. miniera] ed è proprio questo l’oggetto del mio contendere odierno.

Per tagliare corto: se avessi potuto intascare un euro per ogni volta in cui ho ascoltato qualche enofanatico condire le sue valutazioni con questo termine (io stesso non sono del tutto innocente), potrei finalmente mettere in cantina qualche magnium di Krug: la mineralità declinata in tutto il suo rosario di pietra focaia, gesso, idrocarburo, polvere da sparo e chi più ne ha più ne metta, è chiaramente il mantra del momento, e se poi viene associata all’altrettanto à la page “biodinamico” ecco che lo winelover può finalmente raggiungere vette orgasmiche.
Certo sarebbe curioso verificare quanti di questi appassionati si siano sottoposti a sedute intensive di olfazione di selci, fiammiferi e taniche di cherosene, in modo da poi poterne confrontare i sentori con quelli emessi da un calice di Barolo, ma sorvoliamo…

La storia della mineralità nel vino è la chiara dimostrazione di come la gran parte di critici e appassionati del settore enologico siano dei conformisti aggrappati alla moda del momento, capaci di bersi acriticamente qualsiasi panzana e poi di ripeterla a pappagallo con la massima convinzione. Ad esempio la favoletta (immaginifica, certo) che un suolo ricco di composti particolari (classicamente vulcanico, o ricco di gesso o quarzo) sia in grado di trasporre queste caratteristiche al vitigno e da questo al mosto e infine al vino.

Ma andiamo per ordine, partendo però da un punto fermo: le eventuali molecole minerali presenti nel vino sono inodori in quanto non volatili. Questo è quanto dice la scienza, e potremmo fermarci qui.
Ma, non bastasse, possiamo ricostruire l’assurdità della tesi secondo la quale una vite piantata in un terreno ricco di un particolare minerale sarebbe in grado di assorbire molecole di questo elemento, trasferirle nell’acino e quindi lasciarle intonse nel vino, dopo tutte le trasformazioni apportate dalla fermentazione.
Anche fosse vero, e trascurando quanto scritto in precedenza riguardo il fatto che si tratta di sostanze non odorose, la concentrazione di minerali nell’uva (ad esempio potassio, zinco, rame, calcio, magnesio) è così irrisoria (si parla di decine di parti per milione o anche molto meno) da essere ben lontana dalla soglia di percettibilità umana.
E’ curioso poi che i divulgatori di questa “cinghia di trasmissione” si concentrino solo sulla mineralità e non teorizzino il passaggio anche di altri sentori, pure essi presenti in sabbia, limo o argilla.

Ancora più interessante è rilevare la confusione relativa a cosa i degustatori intendano per “mineralità”, in realtà una sorta di bidone-raccoglitore di sensazioni olfattive e gustative estremamente soggettive, tutte quante non riconducibili ai più classici e concreti “floreale”, “fruttato”, “speziato”, legate comunque alla componente culturale individuale, quindi con significati diversi per persone diverse: si passa dai sentori di idrocarburo e alla salinità per arrivare fino alla pietra focaia, alla gomma bruciata e allo zolfo, mettendo assieme descrizioni che oggettivamente hanno poco in comune l’una con l’altra; infatti molti ricercatori ipotizzano che chi parla di mineralità stia in realtà sentendo qualcosa che non sa descrivere.

L’obiezione ovvia è che la nostra esperienza sembra dimostrare che certi minerali abbiano un odore: pensiamo ad esempio di annusare un sasso estratto da un ruscello di montagna; in realtà quello che percepiamo scaturisce da trasformazioni attivate dall’acqua, che causano il rilascio di composti organici presenti sulla superficie della pietra, quindi è quantomeno discutibile ricondurre queste sensazioni al “minerale” ed è certamente errato abbinarle ad un legame diretto con la composizione del terreno.
I descrittori che comunemente si associano al “minerale”, sono comunemente avvertiti, come spiega il professor Attilio Scienza, in vini capaci di notevole invecchiamento, con alta acidità e provenienti da zone fredde e molto luminose con fotoperiodo ampio e luce dalla particolare gamma energetica, tutte condizioni che stimolano la formazione di particolari tioli (composti organici).

Questo bel articolo, ricco di fonti accademiche documentate, ripercorre la storia dell’uso del termine: si scopre che fino a qualche anno fa ben poche regioni vitivinicole venivano associate alla mineralità, men che mai quelle più calde (proprio il contrario di quel che accade oggi), tanto è vero che il termine era assente sia nel libro di Peynaud “Il gusto del vino” sia nella Ruota Sensoriale di Ann Noble, rispettivamente del 1983 e 1984.
Si legge anche di un notevole cambiamento di approccio riguardo il Sauvignon bianco del distretto di Marlborough, Australia: negli studi sulle vendemmie del 2003-4 non si trovava menzione del termine “minerale” o dei suoi descrittori, le analisi del 2007 giudicavano i vini con un alto livello di percezione minerale come poco rispondenti alla tipicità e al varietale, mentre nel 2011 una elevata mineralità era associata ad una alta tipicità; in meno di un decennio la percezione comune è totalmente cambiata: non male per un argomento, come il vino, che vanta tradizioni e ritualità millenarie!
Lo stesso studio suggerisce inoltre che, in questo specifico caso australiano, il montare di percezioni minerali potrebbe essere dovuto alla massiccia adozione di chiusure a vite che avrebbero incrementato sensibilmente le note riduttive, decodificate dai degustatori come sentori appunto “affumicati” o “minerali”, e che comunque la sensazione minerale sia associata ad una maggiore acidità percepita.

Ricapitolando, è sicuramente vero che il terreno (così come il clima, il vitigno e l’opera dell’uomo) influenza gli aromi del vino, e che in certi vini troviamo ricordi di zolfo o idrocarburo, ma di certo l’uso del termine “mineralità” nell’esame olfattivo è abusato e anzi, molto spesso, del tutto errato. Soprattutto è scientificamente errata la correlazione tra i sentori minerali presenti nel bicchiere e la composizione del terreno sul quale sono state coltivate le uve, associazione che, per inciso, è un tasto molto battuto anche dai produttori, in quanto volano di esaltazione di un’altro dei dogmi attuali, quello del “terroir”, su cui ci sarebbe molto da discutere… Magari in un prossimo articolo.

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Zibaldone minimo dei lemmi enogastronomici, parte prima: la degustazione

Sarà che è la moda del momento, forse.

Il punto è che il mondo dell’enogastronomia, da parte dei protagonisti come pure da quella dei semplici appassionati, rigurgita spesso un tale entusiasmo dal rasentare l’imbarazzo, e se da un lato (quello di chi deve vendere) lo si può capire, meno giustificabili risultano quelle povere vittime della sindrome di Stoccolma che si sentono in dovere di spalancare la porta del loro personale patheon a osti e contadini.

Ma fin qui pazienza.
Quel che davvero resta indigesto (del resto, di alimentazione stiamo parlando) è il grado di formalismo, la necessità di giocarsi un linguaggio forzatamente aulico, intriso di alate metafore, per discettare di un piatto di pastasciutta e un bicchiere di rosso.

Per questo, e per evitare di ricascarci pure io con tutte le scarpe e con tanto di calice e forchetta, ho deciso di vergare a imperitura memoria il mio personalissimo dizionario dei termini innominabili in ambito enogastonomico.

Iniziamo.


Degustazióne s. f. [dal lat. tardo degustatio -onis]

Parrà strano, detto da uno che ha sostenuto con profitto l’esame per poter vantare il pomposo titolo di Degustatore Ufficiale AIS (e per farlo ha pure pagato, pensa che roba); ma io ‘sto termine non lo sopporto; cioè, fatemi capire: voi degustate?

Non ci credo: semmai gustate, o mangiate e bevete, o al limite divorate, assaggiate, assaporate, pasteggiate, spiluccate, ingurgitate, brindate, sorseggiate, tracannate. Eccetera.

A me il termine “degustare” fa sempre venire in mente quei personaggi insopportabili, che, in compagnia di amici, fidanzate e semplici conoscenti, si sentono in dovere di roteare bicchieri come fossero dei lazos ed annusare piatti come un cane lasciato senza guinzaglio durante la festa del tartufo ad Alba, per poi tranciare con la massima serietà un giudizio inappellabile (e soprattutto non richiesto) su pietanze e liquidi testé ingeriti.

Degustazione

Non solo: appena leggo la sequenza di lettere d-e-g-u-s-t-a-r-e, mi parte un film nel cervello che ha per protagonisti attempati nobili parrucconi dell’ancien regime riuniti a mensa in qualche affrescato e stuccatissimo salone degli specchi di Versaillesiana memoria. Sorseggiano azzimati la zuppa e alternano al silenzio brevi discussioni su esecuzioni di sovversivi, caccia e tauromachia; quando esce la portata principale non applaudono ma, piuttosto, in segno di gioia fanno tintinnare i loro gioielli (cit.).

“Degustare” implica un tale grado di barocchismo da mandare fuori scala l’indice del mio noiosometro; dunque, dall’alto dell’autorità da me stesso conferitami, ne decreto l’immediata abolizione.
Così è stabilito, la seduta è tolta.

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L’esame da Degustatore AIS: domande veloci

Proseguo la pubblicazione degli appunti e riassunti.
Ripeto le avvertenze dei post precedenti:

il materiale è tratto dai testi AIS e integrato da qualche mia ricerca. Pur avendo cercato di applicare la massima cura, non mi assumo responsabilità in caso di errori.

Si tratta appunto di riassunti con integrazioni ed elaborazioni, ma sono ovviamente pronto ad eliminare il materiale se coloro che hanno redatto i testi si sentissero in qualche modo usurpati dei loro diritti di copyright.

Se trovate imprecisioni sarei felice della segnalazione, in modo da poter correggere.

Temperature di servizio

  • Spumanti secchi: 4-6
  • Spumanti dolci e vini frizzanti: 6-8
  • Bianchi giovani e rosati:8-10
  • Bianchi strutturati ed evoluti, passiti e liquorosi bianchi: 10-12
  • Rosati strutturati, rossi delicati e poco tannici: 12-14
  • Rossi di media struttura e tannicità, passiti e liquorosi rossi: 14-16
  • Rossi evoluti di grande struttura e tannicità: 16-18

Temperature di servizio ed equilibrio gustativo

  • La sensazione di acidità resta invariata
  • La bassa temperatura esalta sapidità e tannicità
  • La bassa temperatura attenua dolcezza e morbidezza
  • La bassa temperatura diminuisce la percezione dei profumi

Azione della anidride carbonica

  • Sviluppa il perlage e determina la brillantezza (Esame visivo)
  • Esalta il profumo (Esame Olfattivo)
  • Determina la pungenza, rafforza acidità e astringenza, attenua dolcezza e morbidezza (Esame gusto-olfattivo)

Trattamenti e correzioni del mosto

  • trattamenti
    • illimpidimento
      • chiarifiche
      • filtrazioni
      • centrifugazioni
      • raffreddamento
    • aggiunta SO2
    • decantazione
  • correzioni
    • aumento grado zuccherino: taglio, mosto concentrato, MCR, aggiunta uve parzialmente appassite
    • diminuzione grado zuccherino: taglio
    • addizione acido tartarico
    • concentrazione
    • osmosi inversa

Pratiche di cantina, trattamenti e correzioni del vino

  • pratiche di cantina
    • travasi
    • colmature e scolmature
  • trattamenti
    • chiarificazioni
    • filtrazioni
    • rifermentazioni
    • pastorizzazioni
  • correzioni
    • aumento / diminuzione alcol
    • aumento / diminuzione acidità
    • intensificazione del colore
    • aumento della struttura

Funzioni della anidride solforosa

  • Antisettica
  • Antiossidasica (limita i danni degli enzimi ossidasici)
  • Antiossidante (limita i danni dell’ossigeno)
  • Solubilizzante (delle sostanze presenti sulle bucce)
  • Chiarificante
  • Selettiva sui lieviti

Sensazioni gustative: sapori fondamentali

  • Amaro
  • Acido
  • Dolce
  • Salato
  • Umami

Sensazioni tattili

  • Morbidezza
  • Astringenza
  • Psudocalore
  • Pungenza
  • Consistenza
  • Sensazione termica

Cantina ottimale

  • 4 mt sottosuolo
  • Pavimento che respira
  • Temperatura 11-15 gradi
  • Umidità 60-70%

Profumi del vino

  • Primari: profumi propri delle sostanze aromatiche dell’uva (aromatiche e terpeni liberi o glicosilati)
  • Secondari: fermentativi, prefermentativi, postfermentativi (fiori, frutta, vegetali)
  • Terziari: da maturazione e invecchiamento (ossidazioni, speziature, animali, eterei ecc.)

I Profumi terziari si formano per fenomeni di:

  • acetalizzazione: alcol e aldeide
  • esterificazione: alcol e acido
  • eterificazione: due alcoli

Macerazione carbonica

Grappoli in autoclave, immissione di CO2 per 5-10 gg a 30 gradi. I lieviti migrano dalla buccia alla polpa cercando ossigeno e acqua e si innesca una fermentazione intracellulare . Si procede quindi con vinificazione in rosso


Vantaggi della coltivazione in montagna e collina

  • Migliori esposizione e illuminazione -> migliore fotosintesi e deposito di zuccheri
  • Temperature più fresche, maggiori sbalzi termici -> maggiore acidità fissa e aromaticità più ricca ed elegante
  • Migliore ventilazione -> minore sviluppo di muffe
  • Regime idrico più siccitoso durante la maturazione -> riduzione della attività vegetativa a favore dell’accumulo di zuccheri, aromi e polifenoli

Fermentazione malolattica

In realtà è una conversione. Gradita nei rossi e nei bianchi importanti morbidi. L’acido malico si trasforma in acido lattico e CO2, la acidità diminuisce, e aumenta il PH

Avviene in caso di:

  • batteri lattici
  • temperatura superiore a 18-20 gradi
  • alcol inferiore a 15
  • PH attorno a 3,2 – 3,5

Alcol

Contenuto zuccherino del mosto * 0,6 = contenuto alcolico del vino

La fermentazione è un processo fisico chimico che trasforma zucchero in alcol etilico + CO2 + energia + sostanze secondarie

  • Titolo alcolometrico svolto: l’alcol in volume effettivamente presente nel vino
  • Titolo alcolometrico potenziale: l’alcol in volume che ci sarebbe se tutto lo zucchero residuo venisse fermentato (4 gradi potenziali corrispondono a 4*1,7=circa 6,8 g/l di zuccheri residui)
  • Titolo alcolometrico complessivo: somma di alcol svolto e potenziale

Metodo classico

Preparazione dei vini base

Cuvee

Tiraggio

  • Liqueur composto da lieviti selezionati e zucchero
  • 4 g/l -> 1 bar di conseguenza 24 g/l -> 6 bar

Imbottigliamento

Presa di spuma

Maturazione sulle fecce / affinamento sui lieviti

Tempo variabile da 6 mesi a più anni. Lo zucchero è esaurito, la pressione è alta, la membrana cellulare dei lieviti si rompe e inizia la autolisi dei lieviti, che rilasciano sostanze

Remuage

Sboccatura

Dosaggio

  • Liqueur composto da:
    • Stesso vino
    • Zucchero
    • Vecchi cognac

Classificazione in base al residuo zuccherino

  • Pas dosè: < 3
  • Extra brut: 0-6
  • Brut: < 12
  • Extra Dry: 12-17
  • Dry: 17-32
  • Demi sec: 32-50
  • Doux: > 50

Metodo martinotti

  • preparazione vini base
  • chiarificazioni
  • presa di spuma in autoclave
  • travaso isobarico
  • filtrazione isobarica
  • refrigerazione isobarica
  • seconda filtrazione isobarica
  • imbottigliamento isobarico
  • tappatura e confezionamento

Esame visivo

  • Limpidezza: determinata dalla quantità di particelle in sospensione
  • Trasparenza: capacità del liquido di farsi attraversare da fonte luminosa

Colore

  • Intensità: ambiente, vitigno, pratiche enologiche
  • Tonalità: vitigno, acidità, evoluzione
  • Vivacità: vitigno, acidità, evoluzione, pratiche enologiche

Morbidezza

E’ una sensazione tattile, data da glicerina, alcoli e zuccheri


La polpa

  • Acqua
  • Acidi
  • Zuccheri (glucosio, più nelle uve non mature, e fruttosio)
  • Pectine (tartarico, malico, citrico, acetico)
  • Minerali (potassio, calcio, magnesio, ferro, rame)
  • Vitamine (A, B)

La buccia

  • Acqua
  • Pectine
  • Cellulosa
  • Sostanze aromatiche
  • Polifenoli

sulla buccia:

  • Pruina
  • Lieviti

Armonia

Coerenza delle caratteristiche ed elevato livello qualitativo


Terreno

  • Calcareo-argilloso: vini di grande qualità
  • Calcareo-arenaceo: equilibrio ma non invecchiamento
  • Calcareo-marnoso: colore compatto, bassa acidità e longevità
  • Argilloso: rossi molto colorati, alcol, morbidezza e longevità
  • Ciottoloso e ghiaioso: grandi risultati
  • Marnoso-ferruginoso: terre rosse, ottima qualità
  • Sabbioso: vini con poco colore e struttura
  • Gneiss e scisti: sentori minerali

Composizione

  • >2 mm: scheletro
  • <2 mm: terra fine
    • sabbia: azione meccanica
    • limo: tra sabbia e argilla
    • argilla: assorbe l’acqua

Difetti, alterazioni, malattie

  • Difetti: Odori e sapori anomali che derivano normalmente dalla azione di agenti esterni al vino (tappo, muffa, marcio, feccia, svanito, maderizzato)
  • Alterazioni: sono modificazioni della limpidezza e del colore. Casses (cioè rotture). (Casse ossidasica, fosfatica, ferrica, proteica)
  • Malattie: sono causate da batteri o lieviti (Fioretta, spunto, filante, girato)

Struttura

E’ data dall’estratto secco (vino privato dell’acqua, dell’alcol e di tutti i componenti volatili). Non va considerato lo zucchero residuo

  • Rossi: 20 – 30 g/l
  • Bianchi 16 – 22 g/l

Estratto secco composto da:

  • acidi fissi
  • glicerina
  • polifenoli
  • sali minerali
  • gomme
  • sostanze peptiche

Persistenza gusto olfattiva

Insieme delle sensazioni saporifere, tattili e gusto-olfattive che restano dopo deglutizione e espirazione


Effetto della botte

La temperatura non può essere controllata e la microporosità consente scambi di ossigeno. Questo causa:

  • variazioni del colore (antociani e tannini si ossidano, le tonalità virano verso il dorato, granato e aranciato)
  • variazioni dei profumi (sentori evoluti, esteri, eteri, acetali)ù
  • variazioni del gusto (butto, vaniglia, tostato)
  • ingentilimiento dei tannini provenienti dalle bucce, che polimerizzano
  • cessione di tannini gallici o ellagici, meno aggressivi di quelli catechici (delle bucce)

Composizione dell’acino

  • buccia: 10-15% peso acino
    • acqua
    • pectine
    • cellulosa
    • pruina
    • sostanze aromatiche
      • terpeni
      • norisoprenoidi
    • polifenoli
      • pigmenti
      • tannini
  • polpa: 75-85% peso acino
    • acqua
    • pectine
    • acidi
    • minerali
    • vitamine
    • zuccheri

Composizione del mosto

  • acqua: 70-80%
  • zuccheri: 17-30%
  • acidi
  • sostanze minerali
  • sostanze azotate
  • polifenoli
  • sostanze pectiche

Vinificazione in rosso

  • pigiatura o diraspatura
  • aggiunta SO2 e trattamenti e correzioni del mosto
  • aggiunta lieviti selezionati
  • fermentazione con macerazione e rimontaggi a 25-30 gradi
  • svinatura
  • eventuale malolattica
  • maturazione
  • travasi
  • correzioni
  • imbottigliamento

Vinificazione in bianco

  • pressatura soffice
  • sgrondatura
  • aggiunta So2, trattamenti e correzioni del mosto
  • aggiunta lieviti
  • fermentazione senza macerazione a 12-20 gradi
  • travaso e svinatura
  • eventuale malolattica
  • maturazione
  • travasi
  • correzioni
  • imbottigliamento

Composizione del vino

  • Acqua: 75-85%
  • Polifenoli (tannini e pigmenti): 0,4-4 g/l.
    • Bianchi: 10-30 mg/l. catechine, leucoantociani, flavoni.
    • Rossi: 1,5-2,5 g/l. tannini e antociani
  • Sostanze aromatiche: 0,2-2 mg/l
    • Aromi primari: terpeni, norisoprenoidi ecc.
    • Aromi secondari: alcoli superiori, esteri, eteri
    • Aromi terziari: esteri, eteri, aldeidi, chetoni ecc.
  • Zuccheri: 0-180 g/l
  • Alcol etilico: 4,5-20%
  • Glicerina: 5-12 g/l
  • Acidi:
    • bianchi: 5-7 g/l
    • rossi: 4-7 g/l
  • Ph: 3,1-3,7
  • Estratto secco: sostanze non volatili eccetto gli zuccheri.
    • Bianchi: 12-18 g/l
    • Rossi: 14-28 g/l

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L’esame da Degustatore AIS: gli appunti da “La degustazione”

Proseguo la pubblicazione degli appunti e riassunti.
Ripeto le avvertenze del post precedente:

il materiale è tratto dai testi AIS e integrato da qualche mia ricerca. Pur avendo cercato di applicare la massima cura, non mi assumo responsabilità in caso di errori.

Si tratta appunto di riassunti con integrazioni ed elaborazioni, ma sono ovviamente pronto ad eliminare il materiale se coloro che hanno redatto i testi si sentissero in qualche modo usurpati dei loro diritti di copyright.

Se trovate imprecisioni sarei felice della segnalazione, in modo da poter correggere.

L’esame visivo

Fasi dell’esame visivo:

  • mescita: informazioni su colore e consistenza ed eventuale carbonica
  • osservazione e valutazione della limpidezza: bicchiere alla altezza degli occhi, controluce. Si valuta la limpidezza (Assenza di particelle in sospensione)
  • osservazione e valutazione del colore: bicchiere inclinato su una superficie bianca. Nella zona di maggior spessore si valutano colore e intensità, in quella di minor spessore si osservano le sfumature utili alla previsione dello stato evolutivo
  • osservazione e valutazione della consistenza: rotazione del bicchiere, poi riportato all’altezza degli occhi, si osservano lacrime e archetti
  • osservazione e valutazione del perlage: nessuna rotazione, all’altezza degli occhi si osservano le catenelle di carbonica

La limpidezza

Definita come assenza di particelle in sospensione, è una caratteristica assoluta (anche poche particelle non permettono la definizione di limpido).

La valutazione può essere ostacolata dalla scarsa trasparenza del vino, a causa della materia colorante: in questi casi è utile posizionare una fonte luminosa dietro.

La refrigerazione a -3 -5 favorisce la precipitazione dei tartrati, che vengono eliminati con una filtrazione prima dell’imbottigliamento.

La presenza di qualche particella non corrisponde sempre a situazione negativa (es. vini rossi di lungo affinamento, vini imbottigliati con i propri lieviti per rifermentazione in bottiglia).

Vini affetti da alterazioni e malattie sono torbidi e velati: inaccettabile.

L’aspetto della quasi totalità dei vini bianchi e rosati è cristallino. Brillante si riserva a spumanti e passiti

La scala

  • Velato (accentuata evanescenza e forte torbidità)
  • Abbastanza limpido (qualche particella in sospensione)
  • Limpido (privo di particelle in sospensione)
  • Cristallino (senza particelle e con propria intensa luminosità)
  • Brillante (lucentezza che riflette i raggi luminosi)

Il colore

E’ determinato dal complesso delle sostanze polifenoliche (antociani, flavoni, catechine, leucoantociani ecc.) presenti soprattutto sulle bucce.

Per ottenere vini colorati è necessario il contatto del mosto con le bucce. Oltre che dalle caratteristiche del vitigno dipende da temperatura e durata della fermentazione, quantità di SO2 e numero dei rimontaggi.

  • Vinificazione in rosso: 200-500 mg/l sostanze coloranti
  • Vinificazione in bianco: 20-50 mg/l sostanze coloranti

Il colore verifica la corrispondenza del vino con la sua tipologia, la relazione con l’ambiente pedoclimatico, le potenzialità evolutive.

I vini rosati si ottengono per uvaggio o da uve a bacca nera sottoposte a parziale macerazione

  • Intensità: dipende dalla quantità di pigmenti, conseguenza di vitigno, ambiente pedoclimatico, pratiche enologiche
  • Tonalità: dipende dal tipo di pigmenti, quindi dal vitigno, dalla acidità e dalla evoluzione
  • Vivacità: dipende da stato di salute delle uve, tecniche di lavorazione, evoluzione

La scala

  • Giallo verdolino
  • Giallo paglierino
  • Giallo dorato
  • Giallo ambrato
  • Rosa tenue
  • Rosa cerasuolo
  • Rosa chiaretto
  • Rosso porpora
  • Rosso rubino
  • Rosso granato
  • Rosso aranciato

La consistenza

Verifica principalmente che il vino non sia affetto da malattie come il filante, la quantità di alcol etilico e di sostanze estrattive

La consistenza non dipende da qualità o evoluzione, ma da:

  • Alcoli (etilico, propilico ecc)
  • Polialcoli (glicerina)
  • Polifenoli (tannini, antociani)
  • Monosaccaridi (glucosio, fruttosio ecc)
  • Polisaccaridi (gomme ecc.)

Si valuta tramite: – Osservazione e ascolto durante la mescita – Rotazione del bicchiere – Osservazione di lacrime e archetti: se le lacrime scendono velocemente e gli archetti sono ampi il vino ha scarsa consistenza

La scala

  • Fluido (inaccettabile)
  • Poco consistente (povero di alcol e di struttura debole)
  • Abbastanza consistente (rapporto morbidezze/durezze in equilibrio)
  • Consistente (rapporto morbidezze/durezze in favore delle prime)
  • Viscoso (passiti, botritizzati, altrimenti anomalia)

Effervescenza

Negli spumanti la valutazione della consistenza è sostituita da quella della effervescenza.

Deve essere dovuta a Co2 formata dai lieviti durante fermentazione alcolica, altrimenti è un difetto.

Effetti:

  • determina il perlage
  • esalta il profumo
  • determina pungenza, accentua durezze, attenua le morbidezze

Scale

Grana delle bollicine

  • Grossolane
  • Abbastanza fini
  • Fini

Numero delle bollicine

  • Scarse
  • Abbastanza numerose
  • Numerose

Persistenza delle bollicine

  • Evanescenti
  • Abbastanza persistenti
  • Persistenti

Esame olfattivo

Fasi dell’esame olfattivo

  • Prima inspirazione: bicchiere fermo al naso e si respira intensamente, si valuta l’intensità)
  • Rotazione del bicchiere: il bicchiere viene allontanato, roteato e portato al naso ripetutamente a brevi intervalli, per evitare l’assuefazione. Le successive inspirazioni sono profonde e alternate tra narice destra e sinistra.

I profumi primari

Profumi primari o varietali sono quelli che derivano direttamente dal vitigno. Sono presenti soprattuto sulla buccia e appartengono al gruppo dei terpeni, norisoprenoidi, metossipirazione

  • Uve aromatiche: brachetto, malvasie, moscati, gewurztraminer
  • Uve parzialmente aromatiche: chardonnay, riesling, sauvignon, merlot ecc
  • Uve neutre: cortese, barbera, nebbiolo ecc.

I profumi secondari

Sono costituiti da sostanze che si formano durante processi:

  • prefermentativi (durante la pigiatura le sostanze vengono staccate dalla molecola principale grazie agli enzimi e diventano volatili)
  • fermentativi: alcoli superiori, aldeidi, acidi grassi: danno sensazioni floreali, fruttate e vegetali)
  • postfermentativi (durante la fermentazione malolattica)

Il profumi di un vino giovane è sempre la combinazione di aromi primari e secondari. Se il vitigno ha forte personalità, prevalgono gli aromi primari e il riconoscimento è più facile.

I profumi terziari

Si formano durante la maturazione e l’affinamento del vino: alcoli, tannini e acidi sono coinvolti in processi ossidoriduttivi, inoltre si svolgono reazioni chimiche di:

  • acetalizzazione: tra alcol e aldeide
  • esterificazione: tra alcol e acido
  • eterificazione: tra due alcoli

Durante il riposo in legno, i profumi primari e secondari tendono a diminuire per lasciare posto ai terziari (frutta secca, fiori appassiti, speziature, tostature, animali, eterei). Sono decisivi:

  • il tempo di permanenza del vino in botte
  • la provenienza del legno
  • la dimensione del legno
  • il grado di tostatura del legno

La lunga permanenza in bottiglia può chiudere i profumi

  • Profumi floreali: Non mancano quasi mai, col tempo diventano meno fragranti
  • Profumi fruttati: Non mancano quasi mai, col tempo diventano meno fragranti
  • Profumi erbacei e vegetali: Nota verde e acerba, pungente
  • Profumi di erbe aromatiche: Frequenti nei vin bianchi giovani
  • Profumi minerali: Profumi penetranti di idrocarburi, polvere da sparo, pietra focaia, grafite, salmastro
  • Profumi speziati: Vaniglia, cannella, pepe ecc. si formano durante il passaggio in legno o l’affinamento in bottiglia. Il legno interviene sia per motivi ossidativi (scambio dell’ossigeno), sia per cessione diretta di componenti aromatiche
  • Profumi tostati: Cacao, mandorla tostata, caffè, catrame
  • Profumi animali: Pellame e cuoio. Dovuti a ossidoriduzione e alla maturazione in botte e in bottiglia
  • Profumi eterei: Cera, medicinale, plastica, smalto

L’intensità olfattiva

Indipendente dal numero di sentori poi identificati. E’ data dall’impatto del profumo

Scala:

  • carente: inaccettabile
  • poco intenso: profumo poco percettibile
  • abbastanza intenso: si distinge con precisione la caratterizzazione
  • intenso: profumo deciso, con sfumature caratterizzate
  • molto intenso: profumo particolarmente spiccato

La complessità olfattiva

E’ determinata dalla varietà delle sfumature. Occore un certo tempo e diverse olfazioni per dare tempo ai profumi di liberarsi e farsi riconoscere

Scala:

  • carente: inaccettabile
  • poco complesso: scarsa varietà, vini giovani
  • abbastanza complesso: discreta varietà di sfumature
  • complesso: numerose sfumature articolate in diverse famiglie
  • ampio: numerosissime sfumature diversificate in molti gruppi

Qualità olfattiva

Sintesi di intensità, complessità, piacevolezza ed eleganza e tipicità. Per la prima volta si esprime un giudizio.

Scala:

  • comune: profumo carente e privo di pregi. Inaccettabile
  • poco fine: mediocre, in genere inaccettabile
  • abbastanza fine: sufficentemente gradevole, discreta intensità e varietà
  • fine: profumo raffinato e di buona intensità, buon corredo di sfumature, a volte franco e tipico
  • eccellente: particolarmente elegante, grande intensità e ampio ventaglio di sfumature.

Descrizione dei profumi

  • Aromatico: ottenuto da vitigno aromatico, deve essere il primo nella descrizione
  • Vinoso: ricorda quello della cantina di fermentazione
  • Floreale: essenze riconosciute diverse a seconda della zona di origine e della tipologia
  • Fruttato: essenze riconosciute diverse a seconda della zona di origine e della tipologia
  • Erbaceo: ricorda quello di essenze vegetali verdi
  • Fragrante: due valenze, profumo fresco e vivace dei vini giovani e carattere dei lieviti di vini rifermentati in bottiglia
  • Minerale: sensazioni minerali e saline
  • Franco: pulizia e chiarezza in riferimento alla tipologia
  • Tostato
  • Speziato: spezie dolci (vaniglia, cannella) o pungenti (pepe)
  • Etereo: cera, ceralacca, medicinali, plastica, derivano dalla combinazione di alcoli con aldeidi, acidi e altri alcoli

L’esame gusto-olfattivo

Fasi dell’esame

  • Primo assaggio: primo assagio per ripulire la bocca
  • Secondo assaggio: sorso tale da non essere diluito dalla salive
  • Inspirazione attraverso i denti: vino nella parte anteriore, si inspira attraverso i denti inviandolo sulle papille. L’aria si mescola al vino
  • Movimento del vino: il vino viene mosso con la lingua e si esercita pressione sulla volta del palato
  • Deglutizione ed espiazione: dopo la deglutizione a bocca chiusa si espira dal naso
  • Masticazione a bocca vuota: in modo da valutare la PAI

Il gusto del vino

Sensazioni saporifere

La percezione non è contemporanea

  • dolcezza: macrosensazione, perché determinata da quantità anche elevata di zuccheri. Se il residuo è basso si avverte solo morbidezza
  • acidità: macrosensazione, provoca leggera contrazione gengivale e salivazione, per questo è rinfrescante
  • sapidità: microsensazione dettata da piccole quantità di anioni. Leggera mineralità che causa salivazione filante
  • amarezza: microsensazione determinata dai tannini e altri fenoli e polifenoli. Se leggera è piacevole, altrimenti è una anomalia
  • umami: data dal glutammato, un sale

Sensazioni tattili

  • pseudocalore: leggera causticità sulla mucosa data dall’alcol etilico. Papille filiformi
  • morbidezza: sensazione vellutata data dai polialcoli, in particolare glicerina (ma anche alcol etilico, zuccheri residui, sostanze colloidali)
  • astringenza: secchezza e rugosità sulla lingua e in tutta la bocca, dovuta ai tannini. Papille filiformi.
  • effetto termico: dolcezza, pseudocalore e morbidezza sono più percepibili a temperature superiori. La percezione della acidità non è influenzata dalla temperatura
  • pungenza: anidride carbonica
  • consistenza: alcuni vini scorrono più velocemente, mentre quelli ricchi di estratto determinano effetto tridimensionale

Sensazioni gusto-olfattive

Alcuni vini svaniscono subito dopo la deglutizione, altri lasciano in bocca una lunga scia. Le sensazioni gusto-olfattive o retronasali determinano la PAI

La temperatura del vino

Le temperature basse esaltano sapidità, tannicità e, indirettamente, la freschezza. Diminuiscono la percezione dei profumi

La composizione e il gusto del vino

Vino formato da zuccheri, alcoli, polialcoli, acidi organici, tannini e componenti minerali

Gli zuccheri

150 / 250 g/kg

Glucosio e fruttosio, saccarosio e maltosio. Il fruttosio è il più dolce. Gli zuccheri residui della fermentazione determinano la dolcezza.

Vini con la stessa quantità di zucchero residuo possono dare differenti sensazioni di dolcezza, a seconda dell’equilibrio con le durezze

Scala:

  • Secco: non si percepisce alcuna sensazione dolce
  • Abboccato: leggera sensazione di dolcezza (10-30 g/l)
  • Amabile: chiara sensazione di dolcezza (30-50 g/l)
  • Dolce: sensazione di dolcezza spiccata (50-100 g/l)
  • Stucchevole: dolcezza predominante non supportata da adeguata struttura, sapidità e acidità. Situazione negativa

Gli alcoli

Dopo l’acqua, componenti più abbondanti (4-20%). Alcol etilico, metilico, propilico ecc. sono alcoli superiori che si formano durante la fermentazione alcolica.

L’alcol più abbondante è quello etilico, responsabile dell’effetto pseudocalorico, dovuto all’effetto disidratante dell’alcol e all’effetto vasodilatatore che convoglia sangue ai capillari.

La stessa quantità di alcol può creare sensazioni pseudocalorica differente in base alla struttura del vino

Scala:

  • leggero: delicata sensazione pseudocalorica, fino circa a 7%
  • poco caldo: prevale la sensazione fresca, fino circa 11%
  • abbastanza caldo: chiara sensazione pseudocalorica, fino circa 12,5%
  • caldo: decisa sensazione pseudocalorica, fino a circa 15%
  • alcolico: predominante sensazione pseudocalorica, fino circa 20%, vini liquorosi, in altri vini è una anomalia

Polialcoli

Gradevole sensazione che arrotonda il gusto, responsabili i alcoli, zuccheri, ma soprattutto polialcoli che si formano durante la fermentazione, in particolare la glicerina (5-18 g/l), in ragione di durata e temperatura della stessa. Caso significativo i vini ottenuti da uve botritizzate

Scala:

  • spigoloso: nessuna sensazione di morbidezza, vini poco strutturati, inaccettabile
  • poco morbido: scarsa sensazione di morbidezza, poco strutturati, giovani
  • abbastanza morbido: discreta sensazione di morbidezza. Discreta struttura e componenti alcolica e glicerica
  • morbido: decisa morbidezza, buona concentrazione glicerica e alcolica, bella struttura
  • pastoso: spiccata morbidezza, elevata concentrazione glicerica e alcolica, vini da dessert e uve botritizzate

Acidi

Nel vino sono presenti diverse tipologie di acidi, organici e inorganici, fissi e volatili, fermentativi e postfermentativi. Determinano il sapore ma soprattutto sono responsabili della freschezza.

  • Acidi che derivano direttamente dalle uve:
    • acido tartarico: 2-5 g/l, è tipico dell’uva, sapore duro e aspro. Definito spalla.
    • acido malico: 0,5 g/l aspro, è abbondante nella frutta acerba, incide molto sull’abbassamento del ph
    • acido citrico: presente in piccole quantità, ha sapore acidulo e citrino
  • Acidi che si formano durante i processi di vinificazione:
    • acido lattico: prodotto della fermentazione malolattica. presente in quantità variabile e inversamente proporzionale all’acido malico. Definito acido dolce
    • acido succinico: sensazione amara e sapida
    • acido acetico: molto acre e pungente, deve essere presente in quantità molto ridotta, meno di 1g/l altrimenti si parla di spunto

La forza degli acidi si esprime con il ph, definito acidità reale, che varia da 0 a 14. Una soluzione è acida da 0 a 6, neutra a 7 e basica sopra a 7.

Gli acidi hanno anche forza di penetrazione: una proprietà sensoriale che riguarda la capacità di imprimersi sulle papille gustative. La massima capacità di penetrazione è quella dell’acido acetico.

Scala:

  • piatto: non si percepisce freschezza gustativa. Vini vecchi. Inaccettabile
  • poco fresco: delicata sensazione di acidità con leggera salivazione
  • abbastanza fresco: discreta sensazione di acidità, buona salivazione. Vini con discreta evoluzione
  • fresco: decisa sensazione di acidità, abbondante salivazione, vini giovani
  • acidulo: predominante sensazione di acidità. Salivazione abbondante, contrazione gengivale. Da uve non mature o da vitigni con forte acidità. Tranne pochi casi è inaccettabile

Tannini

Sono polifenoli, si trovano nei vinaccioli e nella buccia. Quantità e qualità dei polifenoli sono in relazione a clima, zona di coltivazione, terreno e vitigno, maturazione.

Determinano una sensazione tattile di secchezza, rugosità e astringenza, a volte anche amarognola. Inoltre contribuiscono ad arricchire la struttura del vino.

Mei rossi sono 2-3 g/l, nei bianchi 0-50 mg/l

I tannini estratti dalla buccia (catechine, leucoantociani) sono duri e astringenti, col tempo polimerizzano e si ammorbidiscono. Quelli ceduti dal legno delle botti sono più morbidi e gradevoli

Scala:

  • molle: minima presenza di tannini, inaccettabile
  • poco tannico: leggera sensazione di ruvidezza. Vini rossi poco strutturati, oppure particolarmente invecchiati
  • abbastanza tannico: discreta sensazione di astringenza e ruvidità. Comune a molti rossi di struttura
  • tannico: netta sensazione di secchezza e ruvidità, rossi giovani ricchi di tannino
  • astringente: sgradevole sensazione astringente. Eccessivo contenuto di tannini. Inaccettabile

Sostanze minerali

In alcuni dei componenti della struttura (anioni, metalli, fosfati, solfati, potassio, ferro, rame) si trovano alcune sostanze che determinano la sapidità. Variano in relazione ad ambiente pedoclimatico, lavorazioni enologiche, conservazione e affinamento.

Spesso nei vini giovani la sapidità è mascherata dalla acidità.

Scala:

  • scipito: vino privo di sensazioni minerali, uve scadenti o eccessivamente lavorate, vino vecchio. Inaccettabile
  • poco sapido: delicata sensazione minerale, vini poco strutturati
  • abbastanza sapido: discreta sensazione minerale in equilibrio con la freschezza
  • sapido: netta e gradevole sensazione minerale, in genere si è attenuata l’azione degli acidi, vini strutturati ottenuti in zone cale
  • salato: predominante e sgradevole sensazione salina. Uve da zone salmastre o aride. Inaccettabile

Struttura

Eliminando dal vino l’acqua, l’alcol etilico e le altre componenti volatili restano zuccheri, acidi fissi, polifenoli, sali minerali, glicerina, gomme, pectine eccetera: si tratta dell’estratto secco, dal quale dipende la struttura o corpo.

Nei vini bianchi 16-22 g/l, nei rossi 20-30 g/l

Scala:

  • magro: struttura insufficiente, uve danneggiate da funghi, piogge autunnali o lavorazioni eccessive. Inaccettabile
  • debole: moderata struttura, vini semplici e beverini
  • di corpo: buona struttura, uve raccolte in maturazione ottimale
  • robusto: ottima struttura, rossi, passiti o liquorosi. Lo zucchero contribuisce
  • pesante: struttura eccessiva e sgradevole, lavorazioni errate. Inaccettabile

Equilibrio gusto-olfattivo

L’equilibrio ideale si percepisce quando morbidezze e durezze sono in adeguata contrapposizione. Nella valutazione occorre tenere presente la tipologia del vino: nei vini giovani, vivaci e frizzanti è accettabile leggera predominanza delle durezze, al contrario in un vino maturo si accetta leggera predominanza delle morbidezze.

L’equilibrio è legato alla evoluzione: una predominanza delle durezze presenta un vino in evoluzione che col tempo potrà raggiungere l’equilibrio. Al contrario un vino abbastanza equilibrato per predominanza delle durezze presenta un vino che ha superato il massimo equilibrio.

I vini bianchi secchi hanno due elementi che determinano morbidezza (alcol e glicerina) e due per le durezze (acidi e sostanze minerali), per questo sono detti bicuspidi, al contrario dei rossi tricuspidi.

Scala:

  • poco equilibrato: prevalenza di una sensazione. Inaccettabile
  • abbastanza equilibrato: discreta prevalenza di una sensazione. Se prevalgono le durezze il vino può essere in evoluzione
  • equilibrato: adeguata proporzione tra durezze e morbidezze

Intensità gusto-olfattiva

In bocca si percepisce se l’insieme delle sensazioni saporifere, tattili e gusto-olfattive è decisa o delicata: l’intensità è legata all’impatto esercitato contemporaneamente sulla lingua e sulla mucosa di tutte le sostanze.

E’ legata a tutto ciò che compone il vino, dalla struttura all’alcol alle sostanze aromatiche. E’ la sommatoria di tutte le sensazioni saporifere, tattili e gusto-olfattive

Scala:

  • carente: poche sensazioni, inaccettabile
  • poco intenso: delicate sensazioni, vini leggeri e e semplici da bere giovani
  • abbastanza intenso: sensazioni di media intensità, media struttura e complessità
  • intenso: sensazioni spiccati, vini di buona struttura e complessità
  • molto intenso: profonde sensazioni, ottima struttura e ricchezza di sostanze

Persistenza gusto-olfattiva

Si tratta dell’insieme delle sensazioni saporifere, tattili e gusto-olfattive che restano in bocca dopo la deglutizione e l’espirazione, ed è valutata in secondi.

La PAI è spiegata con la volatilità delle sostanze indotto dall’aumento della temperatura causato dall’ingerimento nell’organismo.

Scala:

  • corto: inferiore ai 2 secondi. Inaccettabile
  • poco persistente: 2-4 secondi, Vini semplici
  • abbastanza persistente: 4-7 secondi. Media struttura e complessità
  • persistente: 7-10 secondi. Buona struttura e complessità
  • molto persistente: più di 10 secondi. Ottima struttura e complessità

Qualità gusto-olfattiva

Si valuta sulla base di intensità e persistenza, piacevolezza ed eleganza, finezza e tipicità

Scala:

  • comune: privo di pregio. Inaccettabile
  • poco fine: mediocre. Inaccettabile
  • abbastanza fine: discreta qualità. Gusto finale gradevole
  • fine: buona qualità, bell’equilibrio, finale gradevole
  • eccellente: grandissima qualità, perfetto equilibrio, gusto ricco di personalità, classe e complessità

Stato evolutuvo e armonia

Lo stato evolutivo

Rappresenta la qualità in funzione dell’evoluzione. Durante l’evoluzione l’equilibrio si sposta da una predominanza delle durezze a quella delle morbidezze

Scala:

  • immaturo: deve ultimare la maturazione. Inaccettabile
  • giovane: predominanza delle durezze ma si nota potenziale di affinamento
  • pronto: buon equilibrio con margine di miglioramento
  • maturo: equilibrio e armonia ottimali. Tutte le caratteristiche organolettiche sono al massimo
  • vecchio: evidenti cedimenti di una o più caratteristiche organolettiche

Armonia

I giudizi sulla qualità olfattiva e gusto-olfattiva sono sintetizzati nel concetto di armonia.

Il primo requisito è quello della coerenza delle caratteristiche della degustazione, il secondo è quello dell’elevato livello qualitativo

Scala:

  • poco armonico: netta discrepanza tra le caratteristiche e/o basso livello qualitativo
  • abbastanza armonico: leggera discrepanza e/o livello qualitativo discreto o buono
  • armonico: le caratteristiche si combinano in modo perfetto

La scheda punteggio

I valori

  • Scadente: 1
  • Insufficiente: 2
  • Sufficiente: 3
  • Buono: 4
  • Eccellente: 5

I Coefficienti correttivi

  • Esame Visivo
    • Aspetto: 1
    • Colore: 2
  • Esame Olfattivo
    • Intensità: 1
    • Complessità: 2
    • Qualità: 3
  • Esame Gusto-olfattivo
    • Struttura: 1
    • Equilibrio: 1
    • Intensità: 1
    • Persistenza: 2
    • Qualità: 3
  • Armonia: 3

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L’esame da Degustatore AIS: gli appunti da “Il mondo del Sommelier”

Come ho già fatto nel caso dell’esame di terzo livello, rendo disponibile una parte degli appunti e riassunti che ho usato per l’esame da Degustatore AIS.
Le avvertenze sono sempre le solite: il materiale è tratto dai testi AIS e integrato da qualche mia ricerca. Pur avendo cercato di applicare la massima cura, non mi assumo responsabilità in caso di errori.

Si tratta appunto di riassunti con integrazioni ed elaborazioni, ma sono ovviamente pronto ad eliminare il materiale se coloro che hanno redatto i testi si sentissero in qualche modo usurpati dei loro diritti di copyright.

Se trovate imprecisioni sarei felice della segnalazione, in modo da poter correggere.

La vite

La vitis vinifera

Prime viti selvatiche: vitis silvestris (60 milioni anni fa), attuale vitis vinifera (un milione di anni fa)

Vite: pianta rampicante, radici scendono fino a 6 mt Riproduzione per:

  • Vinacciolo: non si usa, si ottengono viti con caratteristiche diverse dalla pianta madre
  • Talea (pezzo di tralcio di un anno con almeno 2 gemme, viene piantato nel terreno)
  • Innesto (unione di due pezzi di tralcio. Più diffusi: doppio spacco inglese e maiorchina)

La barbatella è un incrocio tra talea (vite americana) e marza (vite europea)

Il ciclo della vite

  • Ciclo vitale:
    • fino a 2-3 anni è improduttiva
    • la massima produttività dura fino a 20-25 anni
    • vecchiaia verso 20-40 anni
  • Ciclo annuale:
    • Sottociclo vegetativo:
      • marzo: ripresa vegetativa, il terreno si riscalda e la linfa risale lungo il tronco
      • aprile: inizia il germogliamento
      • agosto: inizia l’agostamento: le sostanze vengono immagazzinate come riserve
      • fine novembre: fase di riposo, il tralcio diventa marrone, inizia la defogliazione
    • Sottociclo produttivo:
      • tra aprile e maggio: formazione primi grappolini
      • maggio / giugno: iniziano la fioritura e poi la fecondazione. Allegagione: i fiori fecondati sviluppano gli acini. (acinellatura: fecondazione imperfetta origina acini senza vinaccioli)
      • luglio / agosto: invaiatura: maturazione e colorazione degli acini
      • dopo agosto: maturazione grappoli

Maturazione dell’uva

Concentra gli zuccheri, in particolare in fruttosio che sostituisce parzialmente il glucosio. Diminuiscono gli acidi, in particolare il malico (importante che resti il tartarico).

  • Maturità tecnologica: si valuta in base al rapporto tra zuccheri e acidi
  • Maturità fenolca: quando le cellule sulla buccia si trovano nella situazione di permettere la massima dissoluzione dei componenti fenolici nel mosto (maturando più a lungo, più tannini e meno antociani)
  • Maturità aromatica: quando l’accumulo degli aromi (soprattutto terpeni) è massimo. Queste sostanze possono essere libere nella polpa o volatili, legate a molecole di zucchero. Oltre un certo stadio di maturazione questo accumulo diminuisce.

Problemi della vite

La vite soffre il freddo, le gelate, la grandine, le eccessive piogge e siccità. Virus e funghi, carenze nutrizionali, concimazioni troppo abbondanti e coltivazioni troppo intensive la indeboliscono.

  • parassiti fungini: Peronospora, oidio, fillossera e nematodi, funghi sono i parassiti più pericolosi
  • muffe
  • alcuni insetti come ragnetti, tignole e cicaline

I problemi si contratano con:

  • Lotta integrata: uso contenuto o nullo di principi attivi per il contenimento degli insetti, sfruttando la loro azione competitiva
  • Coltivazione biologica: esclude diserbanti e prodotti chimici di sintesi. Consentiti rame e zolfo e poltiglia bordolese
  • Coltivazione biodinamica: limitato uso di prodotti chimici, avvicina la coltura alle forze energetiche

La vigna

La qualità in vigna è determinata dalle scelte fatte quando si impianta un nuvo vigneto.

La qualità è determinata da:

  • fattori interni
    • genetica di vitigno e portainnesto
  • fattori esterni
    • ambiente pedoclimatico
      • zona (latitudine, altitudine, esposizione)
      • clima (temperatra, illuminazione, ventilazione, precipitazioni, microclima)
      • terreno (composizione e struttura fisica, chimica e microbiologica)
    • tecniche colturali
      • scelta di vitigno e portainnesto
      • densità di impianto e sistema di allevamento
      • potatura di produzione e verde
      • nutrizione minerale e idrica, concimazione
      • trattamenti diserbanti e antiparassitari
      • grado di maturazione tecnologica, fenolica e aromatica
      • vendemmia

I francesi premiano il terroir: unione di ambiente pedoclimatico e microclima, ma solo la perfetta integrazione tra vitigno e territorio può garantire originalità e tipicità del vino.

Vitigno e portainnesto

La pianta è formata da:

  • vitigno (o cultivar)
  • piede (o portainnesto)

Non tutti i vitigni hanno la stessa adattabilità alle condizioni climatiche e territoriali. All’interno di ogni varietà esistono cloni (individui geneticamente identici con caratteristiche specifiche riguardo fertilità, accumulo di zuccheri, di sostanze odorose ecc)

  • Vitigno autoctono: nato in una certa zona e lì continua ad essere coltivato. a volte è difficile capire se sia veramente nato in quella zona.
  • Vitigno alloctono: ormai diffusi in ogni continente

Ambiente pedoclimatico

Latitudine e altitudine:

La vite teme il freddo e il caldo eccessivo. Nel nostro emisfero la fascia territoriale migliore è compresa tra il 40 e il 50 parallelo. In quello australe tra il 30 e il 40.

La coltivazione di qualità è prevalentemente diffusa in collina e in montagna:

  • migliori insolazione e luminosità sulle foglie, necessarie alla fotisintesi
  • l’aria è più fresca, ci sono sbalzi termici più ampi (più acidi fissi, aromaticità più ricca ed elegante)
  • migliore ventilazione (riduce lo sviluppo di muffe)
  • più siccità durante la maturazione (riduzione attività vegetativa a favore dell’accumulo di zuccheri, aromi e polifenoli)

I vigneti si trovano spesso vicino a fiumi, laghi o mari: se l’umidità è scarsa le foglie chiudono gli stomi per trattenere l’acqua e non producono zuccheri. L’acqua riflette la luce, e immagazzina il calore durante il giorno per poi cederlo la notte.

Terreno

La vite predilige terreni poveri

  • calcareo-argillosi: ottima qualità
  • calcareo-marnosi: colori e profumi intensi, ricchezza di alcol, bassa acidità
  • calcareo-arenaceo: vini equilibrati ma non adatti a lunghi invecchiamenti
  • marnoso-ferruginosi: ottima qualità
  • sabbiosi: poco colore e struttura, buone doti di freschezza

Tessitura del terreno:

  • scheletro (non ha funzioni agronomiche)
  • terra fine
    • sabbia (azione meccanica, rende il terreno più poroso)
    • limo (caratteristiche intermedie tra sabbia e argilla)
    • argilla (assorbe l’acqua e permette di cederla gradualmente alle radici)

Clima

  • Le temperature devono essere temperate, 25-28 gradi.
  • Importante l’escursione termica per la concentrazione delle sostanze aromatiche.
  • Importante la ventilazione, per evitare la formazione di muffe
  • Pioggia benefica in primavera ma nefaste in prossimità della vendemmia

Tecniche colturali

Densità di impianto

Il numero di ceppi per ettaro arriva a 6500-9000, le piante sviluppano meno grappoli con un succo più ricco di estratti.

L’alta densità eleva la qualità solo se il vigneto è in piena luce.

Nelle zone settentrionali gli orientamenti migliori sono nord-sud, mentre al centro-sud sono quelle est-ovest.

In ogni caso si cerca la migliore esposizione alla luce, per favorire la fotosintesi, che trasforma acqua e anidride carbonica+ in ossigeno e zuccheri

Potatura

L’alta densità si accompagna alla riduzione del numero di gemme per ceppo, grazie alla potatura. Si ottengono acini più piccoli, con miglior rapporto tra volume e buccia (vini più colorati e profumati)

  • Potatura secca: decide il numero di gemme che daranno origine ai grappoli (potature corte di 7-10 gemme sono per la qualità)
  • Potatura verde: dà forma alla pianta, elimina le foglie che impediscono l’aerazione
  • Dalla seconda metà di luglio si procede al diradamento dei grappoli per consentire maggior concentrazione (taglio dei grappoli a terra)

Sistemi di allevamento

Nei climi più freddi si usano forme di allevamento più vicine al terreno.

Il tipo di allevamento deve consentire ottima esposizione delle foglie al sole e circolazione dell’aria

  • Tendone: grande produttività ma vini poco eleganti
  • Alberello basso
  • Pergola semplice e doppia
  • Spalliera: i più utilizzati. In Europa il guyot, altrove il cordone speronato

In Europa il più usato è il Guyot, nel resto del mondo il cordone speronato

Lavorazione del terreno e irrigazione

Se il clima è arido occorre ricorrere all’irrigazione (a scorrimento o a goccia). La lavorazione del terreno arieggia il terreno ed elimina le erbe infestanti.

Vendemmia

Vendemmia manuale (permette di scegliere) o meccanica (impossibile in certi ambienti).

Decisivo il momento in cui si attua, scelto sulla base delle maturazioni. Può essere tardiva

L’uva

Il grappolo

Fioritura, poi durante l’estate si sviluppano gli acini che si ingrossano, cambiano colore, accumulano sostante e arrivano a maturazione tra metà estate e inizio autunno.

Possono essere più o meno voluminosi, serrati o spargoli, alati o simialati.

Sono formati dagli acini inseriti su un raspo (rachide). Il raspo rappresenta il 3-5% del peso ed è ricco di lignina, cellulosa, acqua e soprattutto polifenoli (tannini).

I tannini del raspo sono strutture molecolari corte e semplici, poco polimerizzate, che danno un vino duro e aggressivo. Per questo i raspi vengono eliminati prima della pigiatura o durante (pigiadiraspatura)

L’acino

Formato da buccia, polpa e vinaccioli.

I vinaccioli sono ricchi di sostanze legnose e di tannini poco polimerizzati. Per questo non devono essere schiacciati durante la pigiatura per la vinificazione in rosso, e vengono eliminati con le bucce nella vinificazione in bianco.

La buccia

10-15 del peso dell’acino. Contiene:

  • acqua
  • pectine
  • cellulosa
  • sostanze aromatiche
  • polifenoli
  • (pruina e lieviti)

Sulla superficie a volte si trova un sottile strato biancastro, la pruina, che protegge dagli attacchi dei parassiti e trattiene i lieviti spontanei.

Questi lieviti spontanei sono molto rapidi nell’iniziare a fermentare gli zuccheri, e possono produrre sostanze sgradevoli e acidi volatili. Per questo l’uva deve essere lavorata al più presto e sottoposta a trattamenti che impediscano lo sviluppo dei lieviti.

  • Polifenoli
    • Pigmenti:
      • Vini rossi: antociani (malvidina, peonidina, cianidina ecc.). Numero e concentrazione variano in funzione del vitigno, del clone, dell’età, dell’annata, del terreno, della concimazione, ma non varia il loro rapporto, quindi il colore spesso rende possibile il riconoscimento dei vini (es. nebbiolo povero di malvidina, la barbera ne è ricca). Nelle uve tintorie (Es ancellotta) anche la polpa ne è ricca.
      • Vini bianchi: flavoni, laucoantociani, catechine (presenti anche nei rossi, ma mascherati dagli antociani)
    • Tannini; (laucoantociani, catechine, acidi fenolici ecc.). Possono legarsi tra loro e polimerizzare formando lunghe catene. Determinano corpo e astringenza, ma anche il colore.

Con la sovramaturazione aumentano i tannini e si perdono gli antociani (minore intensità cromatica e maggiore struttura). Più le uve sono mature, più sono in grado di rilasciare polifenoli

I polifenoli svolgono anche azione protettiva contro le ossidazioni, per questo i bianchi, che ne contengono meno, sono più delicati.

Nei polifenoli è compreso anche il resveratrolo.

La buccia è ricca anche di sostanze odorose. Gli aromi varietali, sostanze odorose, sono riconducibili ad un gruppo di alcoli, i terpeni, che possono essere:

  • liberi: contenuti nella polpa, si percepiscono già alla masticazione
  • glicosilati: legati a molecole di zucchero, non stimolano l’olfatto.

Durante la fermentazione, a causa del consumo di zucchero, le sostanze aromatiche si staccano e liberano profumi

Sempre nella buccia, oltre ai terpeni:

  • norisoprenoidi (legati agli zuccheri)
  • metossipirazine (danno sfumature erbacee)
  • composti solforati (danno sentori di peperone e foglia di pomodoro
  • composti vanillici (chardonnay)

Si osserva che il territorio incide sulla quantità di sostanze profumate, ma i rapporti fra i diversi gruppi (terpeni, norisoprenoidi ecc.) non cambiano molto: i profumi mantengono la loro identità

Colori, profumi e sapori della buccia

I vitigni che più si distinguono per originalità e intensità dei profumi sono detti aromatici:

  • moscati:
    • bianco (monferrato. Salvia, pesca bianca)
    • giallo (trentino. Meno immediato, vendemmie tardive)
    • rosa (Alto adige. Rosa, geranio)
    • zibibbo(Pantelleria. Passiti)
  • malvasie: gruppo numeroso di vitigni, di origine greca (eccetto la malvasia di Candia). Anche a bacca nera. Spumanti dolci dai profumi freschi, fruttati e floreali
  • brachetti: a bacca nera, spumanti profumati di muschio e frutti di bosco
  • gewurztraminer: grande morbidezza gustativa e decisa componenta alcolica. Profumi di rose e litchi e frutta esotica. Secco e in passiti e vendemmie tardive

Caratteristiche tipo:

  • Chardonnay: a seconda della zona ha accenti di ananas, melone, pesca, pietra focaia e silice
  • Muller thurgau: mela e frutti a polpa bianca
  • Pinot bianco: peonia bianca, biancospino, acacia, pera
  • Prosecco: pera e fiori freschissimi
  • Riesling: idrocarburi
  • Sauvignon: vegetali (bosso), foglia di pomodoro, ortica, pietra focaia, polvere da sparo
  • Trebbiano e verdicchio: profumo semplice e fruttato
  • Aglianico: buccia ricca di polifenoli, colore rubino profondo e carica tannica. Con l’invecchiamento acquista confetture e spezie, viola, cuoio
  • Barbera: profumo di rose su sfondo fruttato
  • Cabernet sauvignon, franc e merlot: sfumatura erbacea di fondo, ribes, more, viole e con l’evoluzione balsamico e tostato. Tannicità mai eccessiva
  • Lagrein: rubino denso e bella tannicità, mirtillo, more, prugne.
  • Lambruschi: colore ricco, porpora e rubino. Tannino delicato, profumo fruttato e floreale
  • Syrah: mora, riber e mirtillo, pepe
  • Montepulciano: rubino profondo, frutta matura, confettura
  • Nebbiolo: colore presto granato con sfumature aranciate, rosa appassita, liquirizia, goudron, cuoio. Molto tannico
  • Sagrantino, tazzelenghe: tannici
  • Nero d’avola: ricco di polifenoli, rubino denso, profumo salmastro e grafite, frutta matura
  • Pinot nero: frutti a bacca rossa, note speziate e animali, tannino e struttura composti
  • Sangiovese: buon tannino e sentori di viola, iris e ciliege

La polpa

75-85% del peso dell’acino. Contiene:

  • acqua
  • pectine
  • sostanze minerali
  • zuccheri
  • acidi
  • vitamine

Zuccheri: soprattutto glucosio e fruttosio, nelle uve poco mature prevale il glucosio, Presenti anche zuccheri infermentescibili in bassa quantità) e acidi organici

Titolo alcolometrico del vino: percentuale zuccheri presenti nel mosto x 0,6 = % volume in alcol etilico (alcol svolto o effettivo)

Durante la maturazione la polpa si arricchisce di zuccheri e gli acidi in parte si trasformano.

  • Acidi fissi: più importanti, danno senso di freschezza e salivazione. Sono percepiti dal gusto
    • tartarico (il più abbondante)
    • malico (soprattutto in uve coltivate in zone fredde o non del tutto mature. Dopo la fermentazione può trasformarsi nel più morbido acido lattico, grazie alla fermentazione malolattica)
    • citrico (piccole quantità, sapore asprigno)
  • Acidi volatili: percepiti all’olfatto
    • acetico (pungente)

La parte di polpa a diretto contatto con la buccia è ricca di tannini e scarsa di zuccheri, la parte intermedia è ricca di zuccheri e povera di tannini, la parte interna contiene più acidi e meno zuccheri

Gli elementi minerali determinano la sapidità del vino, e costituiscono le ceneri del mosto, che vanno a far parte dell’estratto secco, importante ai fini della struttura. Il calcio deriva dal terreno, il rame dai trattamenti

Le vitamine sono necessarie allo sviluppo dei lieviti e come protezione antiossidante

Il vino

Dall’uva al mosto

Nella vinificazione in rosso si usano sistemi di pigiatura o diraspapigiatura (eliminazione del raspo e contemporanea pressatura degli acini), mentre per i bianchi si usa la pressatura soffice e la successiva sgrondatura

Il mosto

  • Acqua (70-80%)
  • Zuccheri (17-30%)
  • Acidi (0,7-1% fissi e volatili: tartarico, malico, citrico e altri)
  • sostanze minerali
  • Sostanze azotate
  • Polifenoli, antociani, aromi e precursori
  • Sostanze pectiche

Microorganismi del mosto

  • lieviti apiculati: tollerano poco la SO2 e l’alcol
  • lieviti ellittici: saccoromices cerevisae, resistono bene all’alcol etilico e alla SO2, producono sostanze utili a completare profumi e sapori, e producono poco acido acetico. L’attività è influenzata da ossigeno e sostanze azotate, minerali e vitamine
  • batteri: la cui attività è in genere dannosa, potrebbero causare malattie. Solo alcuni batteri lattici sono utili per la malolattica
  • muffe: danneggiano l’uva ad eccezione della botrytis cinerea

La attività dei lieviti è influenzata dalla quantità di ossigeno e sostanze azotate

Trattamenti e correzioni del mosto

  • Trattamenti
    • Illimpidimento (nei vini bianchi, favorito dagli enzimi)
      • Sostanze chiarificanti
      • Centrifugazioni
      • Filtrazioni
      • Raffreddamento (precipitazione delle particelle solide)
    • Decantazione
    • Aggiunta SO2: proprietà antiossidanti e antiossidasiche, antibatteriche, favorisce la chiarificazione, seleziona i lieviti, favorisce la solubilizzazione di sostanze sulle bucce
  • Correzioni
    • Aumento del grado zuccherino: taglio, mosto concentrato, mosto concentrato rettificato, aggiunta di uve parzialmente appassite
    • Diminuzione del grado zuccherino: taglio
    • Addizione di acido tartarico
    • Concentrazione
    • Osmosi inversa

Vinificazione in rosso

La fase che distingue la vinificazione in rosso è la macerazione (di solito 10-15 gg)

La pigiatura iniziale è sempre soffice, per questo la diraspatura è effettuata prima o contemporaneamente.

Nei primi giorni sono estratti principalmente antociani, che poi vengono parzialmente riassorbiti, e si estraggono più polifenoli totali, che danno struttura).

L’estrazione dei polifenoli è determinata dal tempi di contatto con le bucce, da rimontaggi e follature, So2 ed enzimi. A volte per aumentare l’estrazione si ricorre al salasso.

La fermentazione si blocca oltre i 37 gradi e con alcol superiore a 17%

Delestage: si toglie tutta la parte liquida del mosto e si reinserisce dal basso o dall’alto, rompendo il cappello, ossigenando e rimescolando, favorendo fermentazione ed estrazione

  • Pigiatura o diraspatura -> mosto con vinacce
  • Aggiunta SO2 e trattamenti e correzioni del mosto
  • Aggiunta lieviti
  • Fermentazione con macerazione e rimontaggi a 25 / 30 gradi, da cui si ottengono vinacce e vino fiore (nei primi giorni si estraggono soprattutto antociani, che vengono poi in parte eiassorbiti in favore dei polifenoli totali, quindi della struttra)
  • Svinatura (separazione vino dalle fecce o dalle vinacce)
  • Eventuale malolattica
  • Maturazione
  • Travasi
  • Correzioni
  • Imbottigliamento

Macerazione carbonica

Uva posizionata in vasche sature di CO2 per 5-10 gg a 30 gradi. I lieviti migrano dalla buccia alla polpa in cerca di ossigenoe acqua, e si sviluppa una fermentazione intracellulare che favorisce l’estrazione di sostanze profumate e glicerina. Si prosegue con vinificazione in rosso (lieve pressatura e fermentazione alcolica).

Vinificazione in bianco

  • Pressatura soffice
  • Sgrondatura (si separa il mosto dalle bucce -> mosto limpido)
  • Eventuale aggiunta di lieviti e SO2, trattamenti e correzioni del mosto
  • Fermentazione senza macerazione a 12 / 20 gradi
  • Travaso / Svinatura
  • Eventuale malolattica
  • Maturazione
  • Travasi
  • Correzioni
  • Imbottigliamento

A volte si utilizza una breve macerazione pellicolare a contatto con le bucce, o alla criomacerazione

Fermentazione alcolica

Processo biochimico che trasforma zuccheri in alcol etilico, CO2, energia termica e sostanze secondarie (altri alcoli, polialcoli, acidi, esteri e aldeidi).

L’alcol che si forma è detto alcol svolto, gli zuccheri residui sono detti alcol potenziale e la somma dei due è l’alcol complessivo.

  • 4 gradi potenziali corrispondono a 4*17=70 g/l di zucchero residuo
  • contenuto alcolico vino: % zuccheri del mosto * 0.6

Fermentazione malolattica

Avviene grazie a batteri lattici in occasione del rialzo della temperatura (18-20 gradi), in vini dal ph non troppo basso, con grado alcolico non superiore al 15% e con limitata concentrazione di SO2.

Trasforma l’acido malico in lattico, più morbido ed equilibrato, e CO2. Il vino risulta anche più persistente e ricco di corpo, con profume erbacei meno marcati e sfumature di burro, noce, vaniglia, tostature.

Maturazione e invecchiamento

Prima dell’imbottigliamento i vini sono sottoposti a trattamenti stabilizzanti e ad un periodo di maturazione da pochi masi (acciaio o vetroresina) ad anni (legno).

Botte grande e barrique

All’interno della botte in legno non è possibile controllare la temperatura di fermentazione, che salendo induce la formazione di componenti odorosi.

La microporosità permette lenti scambi di ossigeno che causano variazioni del colore (antociani e tannini si ossidano, tonalità verso dorato, granato e arancio), del profumo (sentori evoluti, esteri, eteri, acetali) e del gusto (burro vaniglia). I tannini delle bucce polimerizzano e si ammorbidiscono

Il riposo in botte sur lie protegge dalle ossidazioni e arricchisce struttura e profumo, specialmente se si effettua il batonnage, rimescolamento che porta i lieviti in sospensione.

Nelle piccole botti tutti i fenomeni evolutivi sono più rapidi grazie al maggior rapporto tra superficie del legno e volume del vino, inoltre vengono ceduti tannini ellagici, meno aggressivi di quelli delle bucce

Le botti e i legni

Il legno più pregiato è ottenuto dalle quercie e sono spaccati e non segati. I migliori vengono da:

  • Loira: foresta di Troncais, dipartimento dell’Allier
  • Limousin
  • Champagne, Alsazia, Lorena
  • Slovenia, Croazia, Bosnia, Erzegovina
  • Pensylvania, Minnesota

Concetto di passaggio: se la botte è nuova il legno può cedere vaniglia, burro, caffè ecc. Se di secondo o terzo passaggio l’effetto è meno marcato.

Il legno delle grandi botti è più spesso e lascia passare l’ossigeno più lentamente di quello delle barrique.

Le botti piccole sono anche sottoposte a tostatura, che intensifica i toni aromatici a seconda della sua intensità, determinata da tempo e temperatura applicate.

Pratiche di cantina, trattamenti e correzioni del vino

  • Pratiche di cantina
    • Travasi: spostamenti del vino da un contenitore all’altro, per separarlo dalle fecce. Numero e frequenza maggiori per i vini rossi
    • Comature e scolmature: durante il riposo in botte il volume del vino varia, per evaporazione o per contrazione o dilatazione dati dalla temperatura. In entrambi i casi per mantenere ideale il volume si procede con colmature e scolmature o con l’uso di tappi colamtori
  • Trattamenti
    • Chiarificazioni: a temperature basse, con benotnite e gelatina
    • Filtrazioni: sino eseguite prima dell’imbottigliamento
    • Rifermentazioni: a volte per rendere il vino più fresco si aggiunge mosto fresco e lieviti selezionati, e rirpende la fermentazione. Un caso particolare è il governo alla Toscana: uve appassite e pigiate vengono aggiunte al vino nuovo
    • Pastorizzazione: processo termico che inattiva gli enzimi e distrugge i microorganismi
  • Correzioni
    • aumento del titolo alcolometrico: refrigerazione per allontanare parte dell’acqua
    • aumento / diminuzione della acidità: addizione di acido tartarico o citrico / addizione di sali
    • intensificazione del colore: taglio
    • aumento della struttura: addizione di tannini

Prima dell’imbottigliamento viene aggiunta SO2

Composizione del vino e degustazione

  • Il colore: dipende dalla quantità e dalla qualità dei pigmenti dei vitigni, dal grado di maturazione delle uve, dalla pigiatura, dalla macerazione, dal tempo di fermentazione, dal materiale del contenitore, dalla evoluzione
  • Il profumo:
    • aromi primari: sono quelli propri dell’uva, sono fiori e frutta fresca, vegetali e minerali, e sono riconducibili a terpeni, metossipirazione e norisoprenoidi.
    • aromi secondari si formano per fenomeni fermentativi, pre (pigiatura) e post. Sono sentori floreali, fruttati, erbacei e vinosi
    • aromi terziari: derivano dal riposo in botte o bottiglia. Note spaziate, tostate e animali dovute ad esteri, eteri e lattoni
    • zuccheri: la maggior parte dei vini non ha residuo zuccherino o quasi
    • l’alcol etilico: produce sensazione di pseudocalore e assieme ai polialcoli e agli zuccheri contribuisce alla morbidezza
    • polialcoli: in particolare la glicerina, che si forma in fermentazione ed è più abbondante in vini da uve botritizzate, rafforzano la morbidezza
    • acidità: maggiore nei vini giovani, ravviva il colore e induce freschezza grazie alla salivazione. Gli acidi sono fissi derivati dalle uve, tartarico, malico, citrico, fissi prodotti dalla fermentazione, lattico, citrico e succinico, e volatili, acetico
    • tannini: danno astringenza, sensazione amarognola e struttura. I tannini giovani che derivano dalle uve sono più aggressivi. Col tempo polimerizzano e si ammorbidiscono. Quelli derivano dal legno sono più morbidi
    • sostanze minerali: derivano dagli anioni degli acidi organici e inorganici, dai cationi e dai minerali. Sono responsabili della sapidità, importante soprattuto per l’equilibrio dei bianchi che non hanno tannino. Nei vini giovani la sapidità spesso è mascherata dalla acidità.
    • anidiride carbonica: nei vini frizzanti e spumanti determina il perlage, esalta le sostanze profumate, attenua morbidezze, calore e pseudocalore e accentua acidità, tannicità e sapidità.

Alterazioni, difetti e malattie

  • alterazioni: casse ossidasica, fosfatica, ferrica ecc, si manifestano con variazioni del colore e della limpidezza. Dovute a trasformazioni chimico-fisico spesso associate all’eccesso di metalli
  • difetti: odori e sapori sgradevoli legati a fattori esterni, come il tappo o la SO2, svanito, maderizzato, odori e sapori di muffa
  • malattie: variazioni del gusto, della limpidezza, del colore, dei profumi dovuti all’azione di batteri: fioretta, spunto, acescenza ecc.

Gli spumanti

Il metodo classico

  • preparazione dei vini base
    • vendemmia con trasporto veloce e senza schiacciamenti
    • pressatura soffice
    • raffreddamento e prima decantazione
    • aggiunta di solforosa
    • travaso
    • aggiunta di lieviti selezionati e fermentazione in genera in acciaio per ottenere il vino base
    • i vini base ottenuti sono conservati a bassa temperatura
  • a marzo-aprile assemblaggio: se almeno 85% dei vini proviene dalla stessa vendemmia si ottiene un millesimato, altrimenti sans annèe. I primi sono destinati a lungo affinamento, oltre 4 anni, i secondi 2-3 anni.
  • aggiunta del tiraggio, miscela di lieviti, zucchero di canna e sostanze minerali. In genere 24 g/l per ottenere 6 bar di sovrapressione. Per i saten 18 g/l per 4,4 bar. I lieviti usati sono in genere l’ellipsoideus e l’aviformis, scleti per resistenza a pressione, alcol, attività a temperature basse e scarsa produzione di acido acetico
  • imbottigliamento con tappo a corona e bidule
  • presa di spuma grazie alla rifermentazione. In circa sei mesi si completa e i lieviti vanno in autolisi
  • affinamento sui lieviti: a causa della pressione e dell’alcol la membrana cellulare si rompe e i lieviti vanno in autolisi cedendo aromi. Durante il lungo affinamento le bottiglie sono scosse per rimettere i lieviti in sospensione ed evitare si attacchino alle pareti
  • quando l’affinamento è concluso si procede al remuage
  • per effettuare la sboccatura si gela il collo della bottiglia, si stappa e il cilindro di ghiaccio con le fecce viene espluso per la pressione
  • dosaggio: al termine della rifermentazione il vino ha pochissimo residuo zuccherino. Spesso viene addizionato di sciroppo di dosaggio, miscela di vino invecchiato, zucchro di canna, a volte gocce di distillato. Si rabbocca spesso con lo stesso vino
  • tappatura e confezionamento

Classificazione secondo il residuo zuccherino

  • pas dosè < 3g/l
  • extra brut < 6 g/l
  • brut < 12 g/l
  • extra dry 12-17 g/l
  • dry 17-32 g/l
  • demi sec 32-50 g/l
  • doux > 50 g/l

Il metodo Martinotti

Colore più chiaro, profumi più vivaci e fragranti di fiori e frutta appena raccolti, accenti di erbe aromatiche, perlage meno elegante.

  • assemblaggio dei vini base
  • filtrazione
  • presa di spuma in autoclave con l’aggiunta di lieviti selezionati, zucchero, sostanze minerali. La rifermentazione dura da 30 a 80 giorni. Con lo Charmat lungo si allunga la permanenza sui lieviti in modo da ottenere caratteristiche più simili ad un metodo classico
  • travaso isobarico
  • filtrazione isobarica
  • refrigerazione isobarica per far precipitare sali e acido tartarico
  • seconda filtrazione isobarica
  • imbottigliamento isobarico
  • tappatura

Lo spumante dolce

Ottenuti con metodo Martinotti.

  • Il mosto ricco di zuccheri viene filtrato (o centrifugato) per evitare la partenza della fermentazione
  • il mosto viene posto in autoclave e addizionato di pied de cuve
  • il mosto viene raffreddato a -4 per bloccare l’azione dei lieviti e svolgere la fermentazione viene svolta solo parzialmente, lasciando residuo zuccherino
  • il mosto viene filtrato, in modo da bloccare le eventuali rifermentazioni in bottiglia

I vini passiti

La vendemmia tardiva

Alcune uve (in particolare quelle aromatiche o semiaromatiche), in certe condizioni climatiche, si prestano alla sovramaturazione di alcune settimane in pianta.

Glucosio e fruttosio aumentano in quantità e prevale il fruttosio, il più dolce. Gli acidi sono in parte consumati e tendono a diminuire.

La vendemmia tardiva può essere riservata solo a parte delle uve, in particolare se si vuole produrre vini secchi ma di grande struttura e morbidezza.

Caso particolare: il Picolit. Durante la surmaturazione avviene il fenomeno della acinellatura, l’aborto floreale spontaneo, che porta allo sviluppo di 5-6 acini per grappolo solo su 4 grappoli per vite, con una concentrazione naturale delle sostanze estrattive.

L’appassimento

Ciò che accade alle uve sottoposte a vendemmia tardiva è ancora più accentuato in quelle sottoposte ad appassimento: l’evaporazione dell’acqua è maggiore, aumenta la concentrazione nella polpa e nella buccia.

  • Appassimento naturale: a volte le uve sono lasciate appassire in pianta (es. Aleatico di Gradoli)
  • Appassimento forzato:
    • la maggior parte delle volte si procede con un sistema di ventilazione artificiale di aria riscaldata a 30 gradi e piuttosto secca, in modo da evitare marciumi indesiderati
    • in certi casi le uve sono raccolte su graticci o cassette aperte o appesi a fili (Torcolato), in locali ben arieggiati
    • se il clima lo permette, il grappoli sono stesi al sole (es. Moscato di Pantelleria)

Pigiatura e fermentazione avvengono di solito tra dicembre e febbraio ma in alcuni casi si attende la settimana santa (Vin santo).

Durante la fermentazione l’elevata concentrazione zuccherina e le basse temperature rallentano l’azione dei lieviti

La Botrytis cinerea

La botrytis è una muffa che si sviluppa in climi umidi e non caldi che può dare qualcosa in più ai vini passiti.

Costringe a vendemmia dilazionata in modo da selezionare i grappoli in cui abbia raggiunto il migliore sviluppo.

Si sviluppa sulla buccia, formando un feltro che provoca l’appassimento per evaporazione e la conseguente concentrazione, inoltre produce glicerina, sostanze aromatiche, trasforma alcuni componenti e consuma alcuni acidi.

Francia: Sauternes, Austria e Germania: Trockenberenauslese dal titolo alcolometrico più leggero.

Ungheria, Tokaij:

  • Da uve Furmint, Herslevelu e Muscat si produce un vino bianco fatto affinare per un anno in botte
  • Il vino base viene addizionato da mosto ottenuto da uve botritizzate
  • Parte una seconda fermentazione
  • Finita la seconda fermentazione il vino è conservato in botti, a volte scolme per favorire lo sviluppo di un’altra muffa, simile alla flor dello sherry

La classificazione avviene in base alle puttonyos aggiunte, da 3 a 6: si tratta di gerle da 25 kg di pasta di uva aszu, cioè appassita e muffata.

Il più prezioso è l’Eszencia, ottenuto da sole uve botritizzate: 250 g/l di zucchero e oltre 50 g di sostanze estrattive

I vini di ghiaccio

I grappoli (sani, non attaccati da botrite), normalmente da vitigni aromatici o semiaromatici, sono raccolti a gennaio, quando l’acqua all’interno degli acini è ghiacciata. La pigiatura avviene a -7 gradi, ottenendo un mosto povero di acqua e ricco di zuccheri, acidi, sali e altre sostanze estrattive.

In Ontario, Austria o Germania

I vini liquorosi

Prodotti a partire da un vino base di almeno 12%, concentrato oppure addizionato di mistella, alcol etilico, acquavite, mosto concentrato o cotto.

Il titolo alcolometrico complessivo non può essere più del doppio di quello complessivo del vino base e compreso tra 15 e 22%

Il marsala

Prodotto in provincia di Trapani con esclusione di Pantelleria, Favignana e Alcamo.

Uve:

  • Grillo
  • Catarratto
  • Catarratto Bianco Comune
  • Catarratto Bianco Lucido
  • Pignatello
  • Nero d’Avola
  • Nerello Mascalese

Classificazione in base al colore:

  • Ambra
  • Oro
  • Rubino

Classificazione in base al residuo zuccherino:

  • Secco <40 g/l
  • Semisecco 40-100 g/l
  • Dolce >100 g/l

Classificazione in base all’invecchiamento:

  • Fine 1 anno
  • Superiore 2 anni
  • Superiore Riserva 4 anni
  • Vergine Soleras 5 anni
  • Vergine Soleras Stravecchio 10 anni

Vinificazione: – il vino fortificato posto in botti da 300-400 lt lasciate scolme – maturazione a volte soleras – le migliori riserve sono del blend

Lo Sherry

Prodotto a Jerez in Spagna. Il suolo è calcareo-gessoso, detto Albariza.

Uve raccolte con leggero appassimento:

  • Palomino
  • Muscatel
  • Perdro Ximenez

Vinificazione:

  • in acciaio o cemento: si ottiene un vino bianco da circa 12 gradi
  • fortificazione bloccando la fermentazione a 15 (Fino) – 18 gradi (Oloroso)
  • maturazione per almeno 3 anni in botti da 500 lt lasciate scolme e parzialmente aperte
  • uso del metodo Solera

Nel caso in cui non si superino i 16 gradi si forma un velo di lieviti chiamato Flor che isola parzialmente dalla ossidazione

Tipologia Fino (non ossidativi, con formazione della Flor):

  • Manzanilla (prodotto a Salucar de Barrameda)
  • Fino
  • Amontillado

Tipologia Oloroso (ossidativi, senza sviluppo della Flor):

  • Oloroso
  • Cream (Oloroso dolcificati tramite blending)
  • Pedro Ximenez (Prodotto con la sola uva omonima. Usato come taglio dolcificante di altri Oloroso)

Il Porto

Prodotto ad Oporto, valle del Douro da una cinquantina di tipologie di uva:

  • Bastardo
  • Touriga Nacional
  • Touriga Francesa
  • Tina Barroca
  • Tinta Roriz

Vinificazione:

  • Il mosto viene fatto fermentare fino a circa 6-7 gradi
  • Si interrompe la fermentazione con la aggiunta di acquavite, brandy o alcol etilico. Resta quindi un notevole grado zuccherino e circa 20 gradi alcolici
  • Maturazione in botti da 500 o 600 litri

Porto riduttivi (affinati in bottiglia, da consumare in fretta dopo l’apertura):

  • Ruby
  • Vintage (millesimati pregiati)
  • LBV (filtrati e non, millesimati)

Porto ossidativi (affinati in botte, colori mattone o ambra e aromi di frutta secca e tostature):

  • Tawny (blend di almeno 2 anni in botte)
  • Aged Tawny (assemblaggio di 20, 30, 40 anni)
  • Colheita (tawny millesimato)

Il Madera

  • Uve cresciute in terrazze di terreni vulcanici
  • Sottoposto a riscaldamento: 40-50 gradi in acciaio o botte per 3 mesi
  • Fermentazione fino a 6-7%, poi fortificazione con brandy o alcol

Tipologie in base ai vitigni:

  • Sercial
  • Verdhelo
  • Bual
  • Malmsey

Vini aromatizzati

Vino base con alcol minimo del 10%.

Prodotto con aggiunta di:

  • alcol etilico o acquavite
  • zucchero
  • estratti o infusi di erbe e spezie

Esempi: barolo chinato e vermouth.

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E sono stato persino promosso.

Poiché i miei vecchi post riguardanti l‘esame di terzo livello sono stabilmente nella classifica dei più letti, immagino di fare cosa utile lasciando qualche indicazione su come funziona e cosa comporta questa certificazione.

Anzitutto occorre iscriversi all’apposito seminario, bravo: indicazione utilissima direte voi… E invece non è così scontato, sia per il prezzo non propriamente popolare, sia per i vincoli (occorre aver superato l’esame da Sommelier AIS da almeno un anno ed essere in regola con la quota associativa), sia per il numero limitato di posti disponibili (nel mio caso erano solo 45).
Il consiglio, oltre a tenere d’occhio il sito AIS della vostra delegazione e quello nazionale, è di stressare il delegato di zona in modo da essere informati appena viene emanato il bando. Per iscriversi occorre inviare una mail allegando il bollettino del versamento.
Naturalmente è possibile affrontare l’esame anche in altre sedi, ma ovviamente in quel caso si aggiungono i costi di trasferta e soggiorno.

Cosa vi propone mamma AIS in cambio della agghiacciante quota di iscrizione?
Una intera giornata di lezione (il sabato, incentrato ovviamente sulla tematica della degustazione)  e appunto l’esame stesso, che si svolge il giorno seguente.
Naturalmente il tutto si svolge come da tradizione AIS nella massima formalità, quindi obbligo di divisa, location lussuosa, grande puntualità, eccetera.

Andando al sodo: il programma d’esame è apparentemente limitato (e quindi più semplice rispetto al classico esame di terzo livello):  i contenuti sono quelli del libro “Il mondo del Sommelier” fino al capitolo dei passiti incluso, e tutto il libro “La degustazione”.
In realtà le cose non sono così facili come sembrano, anzitutto perché occorre conoscere A MENADITO entrambi i testi e aver CAPITO PERFETTAMENTE la relazione tra ogni dettaglio e la sua influenza sulla degustazione, ma soprattutto perché l’esame è particolarmente insidioso.
La valutazione si svolge in due fasi, una scritta e una orale.
Lo scritto è articolato in 90 domande, di cui 30 a risposta aperta e 60 a risposta chiusa multipla vero/falso, da svolgere in un’ora.
Si, avete letto bene: dovete rispondere a 90 domande in 60 minuti (e sono 60 minuti veri, cronometrati)! In pratica dovete conoscere il programma veramente bene, in modo da poter rispondere di getto, senza riflettere neppure un istante.
Il consiglio è sempre lo stesso dell’esame di terzo livello: buttatevi subito sulle domande a risposta aperta, quelle che “fanno più punteggio” ma richiedono ovviamente più tempo, tenendo un orologio davanti al naso.
Il mio obiettivo era aver risposto a 15 domande in meno di 25 minuti, in questo modo avrei potuto terminare le domande aperte in circa 50 minuti e avere ancora 5 minuti per quelle a risposta chiusa e ulteriori 5 per qualche correzione e affinamento. Direi che lo schema ha funzionato.
Da quanto sopra dovrebbe essere evidente che è inutile portarsi libri, foglietti, appunti e furberie varie: non c’è letteralmente il tempo per consultare nulla; piuttosto, allenatevi a casa: se, come spero, non studiate da soli, chiedete al vostro compagno di preparare 30 domande non banali e provate a rispondere in modo scritto e con il vincolo dei 50 minuti…

L’orale è meno frenetico, ma può essere altrettanto stressante per chi come me è un hobbista e non ha pratica di degustazioni pubbliche.
Non ci sono storie, dovete conoscere a perfezione la famigerata scheda e recitarla nell’ordine corretto con sicurezza; non mostratevi titubanti e ricordate il linguaggio del corpo, oltre che quello verbale, memorizzando la gestualità richiesta.
Mi raccomando: limitatevi strettamente al vocabolario AIS, non aggiungete alcuna descrizione poetica o volo di fantasia: vi si chiede una degustazione TECNICA, perfettamente aderente allo standard AIS.
Ancora una volta allenatevi a casa con il vostro compagno di studi: lo so che può sembrare ridicolo, ma senza per forza avere il bicchiere pieno potete simulare numerose degustazioni immaginando ad esempio un bianco giovane o un rosso evoluto e svolgere una cerimonia con tutti i crismi, l’importante è acquisire destrezza con vocabolario e gestualità.

Un punto spinoso è quello del punteggio: fate molta attenzione alle degustazioni proposte durante la giornata di lezione e taratevi su quello standard; personalmente mi sono accorto di essere costantemente sbilanciato di 4-6 punti verso il basso rispetto alle valutazioni dei relatori, e ne ho tenuto conto in fase di esame.

Poco altro da dire: la giornata di lezione è impegnativa (otto ore reali) ma interessante e soprattutto utile per cogliere qualche concetto meno battuto che sicuramente verrà riproposto il giorno seguente in fase di esame. Faccio un  esempio personale: a me ha permesso di essere veloce nell’elencare le differenze tra metodo classico e Charmat (attenzione: non banalmente le diverse metodologie produttive, ma le differenze sul piano degustativo).
Quando studiate, ricordate che l’esame è appunto per Degustatori: non ammazzatevi a memorizzare i milligrammi di acido citrico per litro, ma cercate di capire bene l’influenza di qualsiasi concetto sui piani visivo, olfattivo e gusto-olfattivo, ricordate che sul bando si specifica testualmente che le domande sono “relative a viticoltura/enologia in funzione, in particolare, della tecnica, dei principi e della terminologia della degustazione”.
Nel mio caso ad esempio è stato battutissimo l’argomento della qualità data dall’ambiente pedoclimatico e sono stato piuttosto sorpreso (e messo in difficoltà) dalla richiesta di fornire esempi di uve e vini per specificare certi argomenti; ripensandoci, gli esempi ci sono eccome sul libro “La degustazione”, ma pensavo (sbagliando) che non fossero così importanti e li avevo tirati un po’ via, così ho dovuto perdere qualche istante prezioso per riordinare le idee.

Peccato che la lezione sia così serrata: se si trattasse di due giornate da quattro ore, da vivere senza l’assillo dell’esame il giorno seguente, ci si godrebbe meglio spiegazioni e degustazioni, ma mi rendo conto che la faccenda diventerebbe logisticamente improponibile per chi viene da fuori.
Soprattutto peccato per il costo, ma questa è l’AIS e lo sappiamo…
In conclusione, consiglio l’esame a tutti i diplomati sommelier: a me è servito, costringendomi a chiarire meglio molti argomenti che pensavo di padroneggiare (e così non era) e ad approfondirne notevolmente altri. Credo sia abbastanza importante non far passare troppo tempo dall’esame di terzo livello: se decidete di affrontare la prova, fatelo appena possibile, quando avete ancora buona memoria di quanto studiato.

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La degustazione secondo la didattica AIS, parte seconda: l’esame olfattivo

L’esame olfattivo è forse (purtroppo) quello più noto al grande pubblico, quello dei non hardcore fans del vino, che restano spesso giustamente basiti di fronte alle sequele di riconoscimenti mitragliati dall’espertone di turno, che declama di afori di ginestre, anice stellato e selle di cavallo…

In realtà l’esame olfattivo è uno dei momenti più interessanti e piacevoli della pratica di degustazione: iniziamo a verificare la coerenza delle impressioni che abbiamo ricevuto con la fase visiva, otteniamo indicazioni ulteriori sul vitigno e sulle lavorazioni e soprattutto iniziamo a formulare un primo giudizio.

TastevinL’esame si articola in una prima inspirazione, che serve a determinare l’intensità dei profumi (cioè non si valuta quanti o quali siano i profumi, ma quanto forte sia il loro impatto complessivo), e da successive roteazioni del bicchiere, seguite da rapide olfazioni, alternando la narice, in modo da evitare effetti di assuefazione.
La roteazione serve ad areare il liquido ed agevolare il trasporto delle sostanze aromatiche verso il naso.

I profumi del vino sono di tre tipi:
– primari (sono quelli tipici e propri dell’uva. I più facilmente riconoscibili sono quelli delle uve aromatiche: brachetto, malvasie, moscati, gewurztraminer)
– secondari (che si sviluppano nelle fasi prefermentative, fermentative e postfermentative. Tipicamente si tratta di sensazioni floreali, fruttate e vegetali)
– terziari (che si sviluppano durante la maturazione e l’affinamento, grazie a fenomeni ossidoriduttivi e a reazioni di acetalizzazione, esterificazione ed eterificazione)

Oltre a valutare intensità e complessità dei profumi e ad aver trovato qualche famiglia di descrittori in grado di raccontare per immagini quello che si è sentito, l’esame olfattivo prevede un giudizio qualitativo. Per la prima volta il degustatore si trova ad esprimere un giudizio e non semplicemente a cercare di descrivere quanto più  oggettivamente possibile.
Il giudizio sulla qualità olfattiva è la sintesi di intensità, complessità, piacevolezza, tipicità ed eleganza.

Intensità Complessità Qualità Descrizione
Carente
Poco intenso
Abbastanza intenso
Intenso
Molto intenso
Carente
Poco complesso
Abbastanza complesso
Complesso
Ampio
Comune
Poco fine
Abbastanza fine
Fine
Eccellente
Floreale
Fruttato
Erbaceo
Speziato
Tostato
Aromatico
Fragrante
Minerale
Vinoso
Etereo

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Entropia sovrana: breve addendum

Evviva: non siamo soli!
Talvolta pare di essere dei marziani buzzurri e si rischia di far la figura dei fessi, quando si critica l’oggettività delle degustazioni seriali imbocca-e-sputa, così come quando si vuole mettere un freno alla ridda dei descrittori psichedelici sparati a mitraglia durante le esibizioni pubbliche di qualche super-sommelier…
Poi, invece, capita che leggi le parole di qualcuno che della materia ha fatto una professione e che cita, condividendolo, il pensiero di un grande tecnico del vino che riconosce i limiti dell’approccio in batteria:

“Imboccare una piccola frazione di vino, emettendo il solito repertorio di gorgoglii, risucchi, suoni di scarico, sciacquettando il liquido tra una guancia e l’altra, infine espellendolo fino all’ultima goccia, “è un’operazione artificiale”, secondo le parole di Dubourdieu, “e non offre la possibilità di capirne fino in fondo la reale qualità”.

Poi, è chiaro: se vuoi editare una Guida non hai altra scelta, e persone di grande esperienza di sicuro traggono comunque valide indicazioni da un simile approccio, ma da qui a teorizzarne uno strumento di misura oggettivo, beh, ne corre.

Un grazie alla sincerità di Fabio Rizzari.

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Entropia sovrana, o di degustazioni oggettive e bottiglie identiche ma diverse.

Alert: questo non è il vero articolo. E’ una anteprima, uno spot, un trailer, una sinossi, o, come dicono quelli  fighi, un teaser, infatti su questa storia delle degustazioni oggettive, delle sfide all’ultimo descrittore psichedelico, dei punteggi centesimali spaccati con il cesello e delle guide con relativi premi, frizzi, lazzi e cotillon ho in previsione di scrivere da tempo, ma ogni volta che mi approccio alla materia mi ritraggo sconfortato.

Peraltro mi preme lasciar traccia di quanto accaduto la settimana scorsa e che, incidentalmente, rafforza le mie convinzioni.
Primo episodio: consueta bella degustazione presso la Cantina du Pusu di Rapallo; stavolta il tema sono i famigerati Supertuscans, una sparata di otto referenze che hanno visto la luce nel periodo dal 95 al 99.

Tra gli assaggi, due Merlot: Sant’Adele ’99 Villa Pillo e Merlot ’97 La Braccesca.
Più o meno tutti concordi: La Braccesca è più fresco, più vivo, più ricco. Verso fine serata si stappa una seconda bottiglia del Sant’Adele, e, più o meno tutti concordi, è un altro vino, più ricco, espressivo, pieno ed elegante, infinitamente migliore del precedente omonimo e del suo “concorrente”.
Ovviamente stessa annata, stessa conservazione, stessa partita e, credo, persino stesso cartone originale.

Secondo episodio: casa mia, apro una bottiglia (ne parleremo in un prossimo articolo) davvero poco convincente, sia al naso che al palato. Ne lascio tre quarti, aperta, e aspetto un giorno, e poi un secondo. Senza arrivare all’eccellenza, il prodotto da quasi sgradevole si è trasformato in discreto.

Alla luce di questo banale esempio, la domanda è scontata: di cosa parliamo quando facciamo le nostre affilate recensioni basate su 10cc di un vino elemosinato al banchetto di una manifestazione nel corso della quale il produttore avrà stappato dieci diverse bottiglie dello stesso prodotto?
Di cosa parlano i vari recensori delle blasonate guide, che si scofanano fino ad oltre cento (100!) vini in una stessa giornata, investendo in ciascuno un sorso, un gargarismo, uno sputo e 20 secondi?

Dai, siamo seri: sono indicazioni di massima, stop!
Poi, possiamo parlarne, ci divertiamo e nessuno lo nega, ma credo sarebbe bene ricordare che stiamo facendo al più una mappa in scala uno a diecimila della realtà di un vino, altro che “questo 84 punti, quello 85”, altro che dotte dissertazioni sul sentore di tabacco del Kentuky piuttosto che della Virginia…

A latere: parlavamo di Supertuscan, bene, io non c’ero ma mi pare di capire (e mi sono documentato, ho le prove scritte del reato e le conservo con cura, in vista di un auspicabile Norimberga enoica), che vitigno internazionale, barrique, enologo di grido e similari, sono stati per anni il grido di battaglia di tanti fenomeni degustatori e dei loro relativi premi, e ovviamente hanno formato una stirpe di consumatori schiavi del trend del momento, incapaci di decidere con la loro testa e che si sono a lungo beati di “sentori vanigliati”, “grande frutto maturo” e altra paccottiglia varia.
Ora il vento degli “esperti” è cambiato e ne consegue che se avessi in tasca un euro per ogni invasato che, roteando un bicchiere, straparla solo di “mineralità” e “acidità” e declama icastico “Si sente il legno piccolo!”, potrei quasi bere Romanée-Conti una volta la settimana. Sono passati dieci anni, non diecimila.

Mondo curioso, quello del vino: “frutto” e “minerale” saranno mica come i “vita alta” e “vita bassa” del fashion? Nel caso, mettete via una cassa di syrah siciliano bello concentrato e rotomacerato: sia mai che il prossimo autunno-inverno tornino in voga i borselli per uomo e l’osmosi inversa?

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