E’ quasi Natale, e tradizionalmente in questo periodo si risolvono molti regali con la canonica bottiglia di vino.
E’ anche il momento in cui si comperano più vini spumanti di qualità (di solito metodo classico, magari Champagne) e vini liquorosi: un classico di questi ultimi è il Porto.
Ne consegue che una bottiglia di Porto, il vino liquoroso più famoso del mondo, si trova in tante case italiane, ma non credo siano in molti a conoscere come si produce e quali sono le tipologie di questo vino; proviamo quindi a fare una breve e semplice introduzione.
Anzitutto, la zona di produzione è una delle più antiche aree viticole protette da denominazione: siamo ovviamente in Portogallo, a Nord, lungo la valle del fiume Douro, e come spesso accade in questi casi, la coltivazione se è da un lato aiutata dal microclima, dall’altro è resa difficile a causa delle pareti scoscese sulle quali si coltiva grazie a terrazzamenti.
Le qualità di uva utilizzate sono una cinquantina a bacca bianca o rossa, ma quelle più usate sono Bastardo, Touriga Nacional, Touriga Francesa, Tinta Barroca e Tinta Roriz. La metodologia di produzione è singolare: il mosto viene fatto fermentare fino a 6 – 7% di alcol; a questo punto la fermentazione viene bloccata tramite l’aggiunta di alcol etilico o acquavite o brandy. Ne risulta quindi un vino con un sensibile residuo zuccherino (più o meno il 10% degli zuccheri non sono fermentati) e con circa 20% di grado alcolico, che viene messo a maturare nelle “pipe” da 500 o 600 litri.
Il tipo e il tempo di maturazione scelte dalle varie “quintas” (cantine produttrici) determinano la classificazione del Porto:
Esistono due grandi famiglie, per ciascuna della quale si producono blend e millesimati (vintage, anche se i vintage propriamente detti sono solo quelli affinati in bottiglia):
- Porto riduttivi: sono affinati in ambiente riduttivo (bottiglia), quindi mantengono per quanto possibile colore vivo e freschezza, e devono essere consumati in fretta dopo l’apertura.
- Porto ossidativi: sono affinati in ambiente ossidativo (botte), quindi il colore decade verso il mattone o l’ambra e gli aromi virano, ad esempio verso la frutta secca e le tostature.
- Ruby: il tipo più comune, viene prodotto con un blend di uve non particolarmente pregiate, fa un breve invecchiamento in botte ed è un vino di color rubino, semplice, fresco e fruttato.
- Vintage: si tratta di millesimati prodotti solo in annate eccezionali e da vigne particolarmente pregiate, invecchiati per due anni in botte e poi destinati ad un lungo affinamento in bottiglia (almeno 15 anni).
- LBV (Late Bottled Vintage): in origine erano i vintage che restavano invenduti, oggi sono una categoria vera e propria che ha lo scopo di permettere l’assaggio di una annata senza dover attendere il lungo invecchiamento di un Vintage.
Invecchiano in botte per 4 o 6 anni ed esistono in versione filtrata e non. Quella non filtrata, di maggiori potenzialità di invecchiamento, deve essere decantata prima del consumo.
- Tawny: blend di Porto invecchiati in botte grande. Il blending cerca di riprodurre il profilo gustativo della casa, identico anno per anno. per due o tre anni.
Quando non presenta altre indicazioni è un blend di Porto che hanno trascorso almeno 2 anni in botte.
Quando si indica 20, 30 o 40 anni, si parla di Tawny invecchiati (Aged Tawny), un assemblaggio di vini invecchiati. L’invecchiamento indicato in etichetta rappresenta una media approssimata del blend e fa riferimento a un profilo gustativo, non ad un invecchiamento minimo. - Colheita: è un tipo Tawny millesimato, di una annata dichiarata straordinaria, con almeno 7 anni di invecchiamento in botte.
Il profilo gustativo non è quello della casa, come accade per i normali Tawny, ma della annata riportata in etichetta. La differenza con il vintage è l’ambiente di invecchiamento.
Ciao, sto studiando per il terzo livello del corso per sommelier AIS. Vorrei far notare le discrepanze tra il libro “Il Vino nel Mondo” e “Il Mondo del Sommelier”: nel primo pp. 272-274 vengono menzionate le tipologie White, Ruby, Tawny, Aged Tawny, Colehita (senza comunque dare alcuna indicazione a parte la questione del millesimo), Vintage, LBV, Vintage Character e Crusted Port (questi ultimi proposti in maniera abbastanza confusionaria infatti non si capisce bene la differenza con il Ruby); nel secondo pp. 179-181 invece vengono menzionati: Ruby, fine Old ruby, Vintage, LBV, Tawny, Fine Old Tawny, Vintage Character, Crusted, Single Quinta (senza spiegare le caratteristiche e le differenze) e Porto Bianco. Questo commento vuole semplicemente evidenziare le differenze e la superficialità della parte sul Porto che rientra, comunque, nel programma d’esame. Quindi consiglio a tutti di andare a cercare altrove informazioni riguardanti il porto, per evitare strafalcioni in sede d’esame, magari orale.
Ciao e complimenti per il blog, molto utile nel riassumere e tirare le somme degli argomenti prima dell’esame! Grazie.
Ciao Riccardo,
grazie del commento e della segnalazione.
Hai ragione: anche io ricordo una certa confusione nelle pagine dedicate al Porto (e anche allo Sherry), difatti questi riassunti / integrazioni li avevo messi giù proprio per capire meglio.
“Il mondo del sommelier” è un libro generico e quindi capisco non sia troppo rigoroso nel trattare certi temi, ma “Il vino nel mondo” a mio modestissimo parere è in molte parti tirato via o comunque poco chiaro.
Grazie Marco per il tuo blog! anche io sto studiando per l’esame!
Prego!
Vai tranquillo, divertiti e poi (se ne avrai voglia) scrivi qualche riga sul tuo esame: può essere utile a chi viene dopo.
Ciao Marco davvero complimenti per questo blog… Vorrei difenirlo Esperenziale.. perchè è inconfondibile la tua impronta di come hai vissuto il corso di sommelier e di come porti i resoconti delle diescrizioni dei vari vini etc… Mi unisco al precedente commento in cui ho notato questa difformità di informazioni relative al Porto tra manuale del I e quello del II livello… Inoltre notavo rispetto ai vitigni: nel primo libro viene indicata l’uva ” Bastardo” come quella più usata ( nel 60 %) a bacca nera .. mentre nel testo del II livello se ne citano altre in aggiunta a quelle del primo… ma proprio l’uva Bastardo ahimè non viene per niente citata, addirittura indicandola come varietà minori di porto… ed sottolienando come la Touriga naciona sia l’uva a bacca nera più importante… Come fare? Premetto che ho da sostenere anche io l’esame del 3° livello ma vivendolo con più leggerezza possibile… Ma dove si possono trovare concetti più chiari attendibili? Grazie e complimenti davvero per la scelta di condivisione della tua esperienza
Ciao Pasquale,
intanto grazie per i commento e scusa il mostruoso ritardo in moderazione: come avrai visto negli ultimi 6 mesi ho abbandonato il blog per problemi personali.
Ora conto di ricominciare (con molta calma…).
Io ho avuto gli stessi tuoi problemi e li ho risolti alla vecchia maniera: con qualche altro testo. Prima faccio qualche giro su internet, cercando di limitarmi ai siti “affidabili” (non hai idea di quanta spazzatura si trova scritta) e poi confronto quello che mi pare di aver capito con un paio di altri testi (enciclopedia o libri di settore).
Buongiorno Marco e Buon anno! Grazie di aver risposto e spero le tue difficoltà che ti hanno tenuto lontano dal tuo sito vadano meglio.. Si in effetti sto seguendo un pò il tuo stesso metodo cercando di integrare libri di testo e a volte articoli dell’AiS regionali su le diverse tematiche un pò deboli trattate dai testi. A presto!
Bene!
Se trovi qualcosa di non corretto o non chiaro in quello che ho scritto sentiti ti prego di segnalarlo: ci sono un sacco di persone che vedo consultare questi appunti e vorrei che fossero il più accurati possibile
I libri dell’AIS cmq non mi sembrano fatti benissimo, ho trovato diverse incongruenze anche a poche pagine di distanza.
Come libro di riferimento mi permetto di consigliare The Oxford Companion To Wine (http://amzn.to/1yffeDa). Si trova veramente tutto.
Ciao Alessio.
Secondo me bisogna differenziare: i volumi del primo corso secondo me sono fatti molto bene. Quelli del secondo lasciano a desiderare in particolare nella parte riguardante i vini del non italiani. Quelli del terzo corso sono molto variabili: alcune parti bene, altre insomma…
Sono d’accordo con te che sul mercato ci sono molti volumi più completi, ma anche più specifici. Nel complesso l’offerta formativa dei libri AIS per me non è affatto male, soprattutto comparandola con quello che ho intravisto di altre associazioni.
Complimenti per il blog!!
Vi segnalo che fortunatamente con l’edizione 2015 alcune incongruenza sono state sistemate (l’edizione è stata curata ancora da R. Romani); magari sono passati da queste parti?
Buona notizia Roberto!
Direi che per capire che qualcosa non andava nel testo non serviva certo passare di qui…
Secondo te vale la pena ricomperare il libro o le modifiche non sono così sostanziali?