Sestri Les Vins

VinNatur in collaborazione con il Consorzio “Sestri Levante In” presentano la seconda edizione di “Sestri Les Vins” l’evento dedicato interamente al vino naturale.

VinNatur, come lo scorso anno, raddoppia gli appuntamenti con il vino naturale in Italia. Oltre alla consueta rassegna “Villa Favorita” , quest’anno giunta alla undicesima edizione, Sestri Levante ospiterà l’anteprima di questa affermata manifestazione internazionale.

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Pignoletto frizzante sui lieviti, Orsi Vigneto San Vito

Prosegue la mia sperimentazione di prodotti rifermentati in bottiglia: è la volta del Pignoletto (con leggero saldo di riesling) di Vigneto San Vito.

Due note sulla azienda (i cui vigneti sembrano davvero belli, vedendo le foto sul sito): Vigneto San Vito è situato sulle colline bolognesi, a circa 200 metri sul livello del mare, opera in conduzione biodinamica, con fermentazioni spontanee e senza l’uso di chiarifiche e filtrazioni.

orsi-vigneto-san-vito-pignolettoDenominazione: Emilia IGT
Vino: Pignoletto frizzante sui lieviti
Azienda: Vigneto San Vito
Anno: 2012
Prezzo: 10 euro

Visivamente rustico: tappo a corona (e va benissimo), aspetto paglierino-verdolino opalescente (io l’ho bevuto con tutti i suoi lieviti in sospensione, scuotendolo leggermente prima di stappare) che introduce a note olfattive leggerissime, esili, floreali e lievemente aggrumate.

Il sorso ha ingresso delicato, con carbonica ai minimi (forse troppo spenta anche per la tipologia?) e poi non c’è molto se non sapidità più che freschezza, appunto una certa rusticheria e soprattutto una sensazione calorica un po’ fuori posto per un prodotto di questo tipo.
Chiusura amara, non fastidiosa e rinfrescante, ma monocorde.
Lo vedo meglio in accompagnamento a fritture che sui primi o come aperitivo.

Certo, è un vino semplice che vuole mantenere questa caratteristica, ma anche cercando di giudicarlo come tale non è del tutto convincente: troppo esile al naso, un po’ vuoto in bocca, alcolicità eccessiva.
Ma giudizio non del tutto positivo deriva particolarmente in ragione del prezzo: se vino semplice e quotidiano deve essere, vorrei che anche il prezzo rimanesse tale…

Il bello: tradizionalmente semplice
Il meno bello: eccessivamente semplice, prezzo

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Franciacorta Dosaggio Zero, Faccoli

La famiglia Faccoli di Coccaglio è un produttore molto noto e celebrato tra le realtà di Franciacorta, che, come sempre più spesso capita in questi ultimi nella denominazione, ha deciso di mettere in commercio accanto al tradizionale Brut  anche un Dosaggio Zero.

Una piccola introduzione al Dosaggio Zero: fate riferimento a questo post per qualche dato un po’ più tecnico sulla categorizzazione in base al residuo zuccherino, ma parlando più in generale possiamo raccontare di una tipologia relativamente poco praticata, considerata (a torto o a ragione) esclusivamente gradita agli esperti a causa del suo profilo gustativo senza compromessi, affilato, perfino spigoloso a volte. Per amanti delle acidità estreme, insomma…
Ciò nonostante, sempre più aziende franciacortine mettono a catalogo una referenza di questo tipo, e normalmente si tratta del prodotto di punta della gamma: è solo il riflesso commerciale che accondiscende all’ennesima nicchia modaiola degli eno-fanatici o c’è altro?
Da amante delle bolle, con gusti decisamente orientati verso le durezze piuttosto estreme, ritengo il dosaggio zero un prodotto molto complicato: è facile farsi prendere la mano e sfornare l’ennesimo metodo classico sbilanciatissimo, che magari farà gridare al miracolo il piccolo manipolo degli hardcore fan, ma che poi sarà ben difficile da bere in scioltezza, e farà  altrettanta fatica a livello commerciale.

Credo esista anche un motivo più tecnico che spinge l’adozione della tipologia: l’ambiente pedoclimatico della Franciacorta nel suo complesso non è perfettamente ideale per il metodo classico, e non è un mistero che spesso si facciano vendemmie anticipate per preservare il giusto grado di acidità e per contenere la gradazione (ricordo che in Champagne la rifermentazione in bottiglia è necessaria, oltre che per la presa di spuma, anche per dare un piccolo spunto alcolico ad un vino base davvero povero di gradi).
In questo contesto, credo che portare le uve ad una maturazione più “normale”, procedendo con una lavorazione che preveda un dosaggio nettamente minore (in quanto non c’è necessità di mitigare un profilo gustativo tremendamente tagliente), possa essere una scelta oculata.
Certo, si tratta di un procedimento “senza rete”: il dosaggio zero lascia poco appello alle imperfezioni, che di sicuro possono essere mascherate da qualche goccia di liqueur d’expedition un po’ ruffiano…

dosaggio-zeroFaccoliDenominazione: Franciacorta DOCG
Vino: Dosaggio Zero
Azienda: Faccoli
Anno: –
Prezzo: 30 euro

I dati tecnici riportati sul sito parlano di una composizione di 70% chardonnay, 25% pinot bianco e 5% pinot nero e di 48 mesi sui lieviti. Non è specificato, ma non ho alcuna evidenza di passaggio in legno.

Lo dico subito: la bottiglia non mi ha convinto fino in fondo, anche in ragione del prezzo non propriamente abbordabile… (edit: vedo online prezzi di 2-4 euro inferiori a quanto ho sborsato io, sappiatevi regolare).

Il visivo è da manuale per un metodo classico: giallo paglierino con accenni verdolini, bolle fini, regolari, copiose.
Poi un olfattivo di buona intensità, ricco, piuttosto orientato verso le opulenze. Il frutto è maturo e lo sfondo è molto ricco di lieviti, forse anche troppo: i 48 mesi di affinamento sui lieviti mi pare lo marchino in maniera eccessiva, facendo perdere eleganza.

L’ingresso è robusto, netto, di grande intensità e calore. Le durezze ci sono, sapidità in particolare, ma sono fin troppo equilibrate dal senso generale di opulenza e di alcolicità. Alla cieca avrei battezzato una percentuale ben superiore di pinot nero.

Il dosaggio è effettivamente inavvertibile, e la lunghezza è buona.
Berrei ora senza attendere oltre: non ho l’impressione di future grandi evoluzioni in meglio…  Vino sicuramente da pasto, troppo robusto per aperitivi, ben fatto, ma non facile da bere, trovo che manchi della agilità che caratterizza elegantemente un metodo classico.

La sboccatura indicata è quella del secondo semestre 2013.

p.s.: Dopo alcune ore si è piuttosto ingentilito, mitigando la botta dei lieviti e avanzando qualche accento floreale assieme a richiami varietali del pinot bianco.
A questo punto ho azzardato lasciandone un po’ per il giorno seguente, ma il risultato non è stato esaltante, con una netta una nota vegetale ad appiattire la complessità aromatica

Il bello: dosaggio inavvertibile, buona lunghezza
Il meno bello: opulenza e pseudocalore avvertibili in modo robusto

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Brut Blanc de Blancs, Cavalleri

Abito in provincia e ho praticamente sottocasa un’enoteca ottimamente fornita, che scandaglio periodicamente alla scoperta di nuove bolle a prezzi umani (il mio concetto di “umano” è il non superamento della soglia dei 30-35 euro).

Potrei farla breve: sicuramente dopo l’assaggio di questa bottiglia proverò ad annoiare il titolare del suddetto esercizio affinché si doti del Blanc de Blancs di Cavalleri…

Cavalleri

Denominazione: Franciacorta DOCG
Vino: Brut Blanc de Blancs
Azienda: Cavalleri
Anno: –
Prezzo: 25 euro

I dati tecnici (riportati esaustivamente in maniera esemplare sul sito): ovviamente chardonnay 100%, assemblato principalmente da uve vendemmiate nel 2010 e in piccola parte nel 2009.

La fermentazione avviene quasi totalmente in acciaio, con un 10% in botte grande e un minimo saldo in barrique, poi 2 anni sui lieviti.
Tecnicamente siamo in zona dosaggio zero, anche se la dicitura è brut.

Paglierino estremamente intenso; olfattivo finissimo e ricco, dalla netta fragranza e con sfumature tostate, passando per agrumi e classici fiori bianchi. Molto elegante.
Ingresso in bocca deciso, vivace, bolla suadente; freschezza netta che riempie il palato e lo sollecita vigorosamente senza eccessive affilature.
Piacevolissimo, ricco, pieno, polposo; si beve facilmente senza stancare, riproponendo la medesima eleganza trovata al naso.
Prima di leggere i dati tecnici sul sito, avrei immaginato un uso un po’ più deciso del legno.

Nessuna stucchevolezza, nessun amaro finale, bella lunghezza che ripropone tutta la gamma aromatica.
Ottimo vino universale, per uso da aperitivo o a tutto pasto.

Il bello: grandi eleganza ed equilibrio. Ricchezza aromatica
Il meno bello: difficile reperibilità (perlomeno dalle mie parti)

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Guarini Syrah 2012, Vini Viola

Dopo neppure un mese torniamo a parlare di Syrah, ancora una volta proveniente non dalla zona di elezione (il Rodano).
Stavolta la provenienza è italiana, siciliana: il vino è prodotto da Viniviola di Aldo Viola: 16 ettari condotti a regime biologico per sole 10.000 bottiglie l’anno.

Denominazione: IGT Sicilia
Vino: Guarini Syrah
Azienda: Vini Viola
Anno: 2012
Prezzo: ? (era un regalo)

Nello specifico parliamo dunque del Syrah, le cui uve provengono da una collina di Feudo Guarini, a 300 metri sul livello del mare.

Come immaginabile, l’aspetto è rubino vivissimo, spendente e guizzante, con netti riflessi porpora.
L’olfattivo ha buona intensità, ma non particolare complessità: frutta fresca, ciliegia e prugna, e soprattutto vinoso, sentore di mosto in fermentazione.
Quasi inavvertibile il varietale del syrah: mancano quasi totalmente le note piccanti, speziate; lo stesso accade all’assaggio.

Al palato è completamente secco, di decisa alcolicità e piacevolmente fresco, leggermente tannico (mi aspettavo una astringenza più robusta e verde, invece il tannino è molto gentile e garbato).
Buona struttura e finale di media lunghezza.

Vino di buon potenziale, si intuisce la stoffa, comunque piacevole già oggi, ma in questo momento decisamente troppo giovane: mi domando perché non si attenda almeno ancora un anno di affinamento prima di metterlo in commercio.
Arrivederci volentieri tra un paio di anni.

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Tridentvum Riserva Extra Brut 2005, Cesarini Sforza

Le premesse per un bel metodo classico ci sono tutte quando parli di un Trento DOC di un produttore illustre, fatto con uva chardonnay al 100% ottenuta da vigneti tra i 500 e i 700 metri e affinato a lungo sui lieviti (4-5 anni).

Invece al di là di un colore invitante e particolare (giallo paglierino-dorato intenso ma che mantiene curiosamente qualche riflesso verdolino), non c’è molto altro da ricordare.

Tridentvm-RiservaDenominazione: Trento DOC
Vino: Tridentvum Riserva Extra Brut
Azienda: Cesarini Sforza
Anno: 2005
Prezzo: 19 euro

La bolla è fine, certo, ma invece di accarezzare il palato risulta un po’ debole; l’olfattivo è abbastanza intenso: si riconoscono i canonici floreale e frutta matura, mentre stranamente, nonostante il lungo riposo sui lieviti, c’è poca traccia di fragranza. In compenso si avverte qualcosa di fuori posto, appena accennata ma leggermente fastidiosa e difficile da identificare, sembrerebbe una terziarizzazione poco riuscita che rimanda alla plastica.
Insomma, mancano la finezza e anche il guizzo.

L’assaggio è secco, ma alla cieca non lo direi un extra brut. La freschezza c’è, ma il vino risulta mollo: d’accordo non aggredire il palato come a volte capita con certe bolle beniamine dei passaparola tra enofanatici del non dosaggio, della mineralità spinta e delle acidità selvagge, ma l’immagine è quella di un prodotto seduto, senza slancio.
La chiusura ha un finale leggermente amarognolo e non risulta una gran lunghezza.

Insomma è tutto corretto (a parte la sbavatura olfattiva), ma non c’è neppure uno spunto, qualcosa per farsi ricordare. Lascia del tutto indifferente e non è un gran pregio per un metodo classico da zona vocata, che ha certe ambizioni e viene via e 19 euro.

Come si dice in questi casi: bottiglia sfortunata?

Il bello: prodotto molto classico, senza spunti strani
Il meno bello: olfattivo poco fine, una certa mollezza generale

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Birre della Merla

A partire dalle 19 fino all’aperitivo della domenica.

Protagonisti delle spine i birrifici Bi-dù, Troll, Orso Verde, Montegioco e il Birrificio Lambrate

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La biodiversità del Domaine de Vassal

Nei giorni scorsi mi era sfuggita una notizia pubblicata da AmicidiVini, riguardante l’esistenza e le difficoltà di sopravvivenza del Conservatorio Ampelografico dell’Institut National de la Recherche Agronomique.

Mi fa piacere rilanciarla sperando che possa raggiungere l’attenzione di qualche altro lettore: non credo nell’efficacia delle petizioni online come quella linkata, ma magari il passaparola e il relativo interesse generato possono contribuire a smuovere qualcosa.

A margine, annoto che di sicuro mi piacerebbe visitare la struttura, ma vedo sul sito che non è aperta al pubblico. Peccato.

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Vitovska 2011, Zidarich

Certo, l’invecchiamento, l’affinamento, le terziarizzazioni eccetera.
Ma ogni tanto ti viene voglia di dire chissenefrega e di bere, e pazienza se magari aspettando qualche decade e svariati allineamenti astrali potremmo (forse, magari) godere di qualche bottiglia arrivata al mitologicamente perfetto stadio di maturazione.

E’ quello che è successo in questi giorni, in cui ho messo mano alla Vitovska 2011 di Zidarich, comperata durante il mio piccolo tour Friulano (parte 1, 2, 3, 4), e ne ho tratto gran soddisfazione, alla faccia della perfezione dello stato evolutivo…

vitovskaDenominazione: Carso DOC
Vino: Vitovska
Azienda: Zidarich
Anno: 2011
Prezzo: 22 euro

Aspetto tipico da vino non filtrato, giallo dorato con netta tendenza ambrata e lieve opalescenza; olfattivo intenso, ricchissimo di frutta cotta, fiori di campo (camomilla), albicocca disidratata, salmastro.
Il piccolo miracolo è che la traccia identitaria di vino friulano (la sapidità minerale) riesce a declinarsi con grande eleganza accanto al ricco impianto della macerazione,  mantenendo sia freschezza che impatto.

Il sorso è brioso, invade la bocca prendendone possesso in modo deciso: è una conquista senza spargimenti di sangue e senza duri assedi: freschissimo e sapidissimo, scende intenso ma senza alcuna difficoltà.
Il corpo è presente ma agile, di bella lunghezza, con un delicato accenno di tannino finale.

Per dirlo in due righe, è devastante nella sua intensità finissima, perfettamente in equilibrio tra forza, espressività, complessità  e semplicità di bevuta: uno dei vini più interessanti e assieme piacevoli degli ultimi mesi

Come si diceva in apertura: di certo siamo di fronte ad un prodotto dall’ottimo potenziale evolutivo, capace col tempo di tramutarsi in qualcosa di più importante, ma già oggi parliamo di una bevuta facile, fresca, piacevolissima e allo stesso tempo assai soddisfacente e ricca di complessità.

Il bello: tutto: fresco, ricco, complesso e allo stesso tempo dalla bevuta disinvolta
Il meno bello: reperibilità non facilissima

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Bin 128 2006, Penfold’s

Capita mai di voler provare qualcosa di davvero diverso, di aver voglia di un viaggio (intellettuale) esotico, di un safari delle sensazioni?
Più semplicemente, di voler provare qualcosa di davvero diverso, da cui non sai cosa aspettarti?
Ecco, a me è successo questo fine settimana, e me la sono cavata con 23 euro e una bottiglia di vino…

Non millanto: non conosco granché di Penfold’s, se non che si tratta di una azienda storica del panorama Australiano, risalente a fine ‘800, con una produzione notevole per numero di bottiglie e varietà di vini.
Il resto, dalla storia aziendale a tutti i dettagli relativi ai vini, mi erano ignoti e sono comunque ben spiegati nell’esaustivo sito.

bin 128Denominazione: Shiraz
Vino: Bin 128
Azienda: Penfold’s
Anno: 2006
Prezzo: 23 euro

La bottiglia che ho scelto è un Shiraz in purezza, la declinazione Australiana del Syrah, vitigno che vive i massimi fasti nella Francia del Rodano e che nella terra dei canguri trova uno dei territori di elezione, per quantità e qualità.
In questo caso la coltivazione è stata effettuata nella regione di Coonawarra, nota per un clima relativamente fresco: per questo motivo il vino dovrebbe mantenere un profilo aromatico e gustativo relativamente nervoso, non troppo seduto come a volte accade con certi vini internazionali. Affinamento in botti di rovere francese, di vario passaggio.

Colore rubino acceso, vivissimo, non impenetrabile. Al naso, una giostra di frutta matura prugna, lampone… ma soprattutto spezie (pepe bianco) e molte erbe aromatiche. Intensissimo e variegato, magari un po’ cafone, ma divertente.
Appena aperto una lieve nota ferrosa ed ematica, svanita dopo qualche ora.

L’assaggio è potente e assai intenso, ben secco e morbidissimo a causa dell’evidente tenore alcolico (scoprirò dopo che i gradi dichiarati sono ben 14,5) e immagino anche per il passaggio in legno; la struttura non è lieve ma neppure un mattone come si potrebbe temere.
Buona la acidità, il tannino è presente ma resta in sottofondo, delicato, composto.
Nel complesso il vino mostra una doppia faccia, con una entrata dolce che poi termina in un vago amarognolo da tannino.

Discreta la lunghezza, forse leggermente penalizzata dalla botta alcolica, che rende un po’ monocorde il finale.
Non vedo grande potenziale evolutivo: mi sembra un vino all’apice della sua carriera, temo che ulteriori attese possano rinforzare ancora le morbidezze che già ora sono rilevanti.

Un vino magari non particolarmente fine, forse anche dalla bevuta un po’ stancante, ma comunque di impatto e tutto sommato divertente, se preso nelle giuste dosi e soprattutto se abbinato a preparazioni strutturate, ben aromatiche e magari in umido, ad esempio carni con sughi importanti.

Il bello: olfattivo intenso e variegato, sorso potente
Il meno bello: prezzo non popolare. Un po’ troppo piacione

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