Villa Favorita

Villa Favorita offre un articolato percorso di degustazione per approfondire o iniziare a conoscere i vini naturali. Riunisce viticoltori europei che hanno il comune obiettivo di condividere le tecniche e le esperienze per produrre vino in maniera naturale, sia in vigna che in cantina, e di divulgare la cultura del “terroir”

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ViniVeri 2015 – Vini Secondo Natura XIIma edizione

Protagonisti della tre giorni di ViniVeri 2015, insieme ai produttori del Consorzio Viniveri (Cappellano, Giuseppe Rinaldi, Ezio Cerruti, Ezio Giacomo Trinchero, Eugenio Rosi, Castello di Lispida, Casa Coste Piane, La Castellada, Dario Princic, Zidarich, Vodopivec, Mlečnik, Massa Vecchia, Oasi degli Angeli, Paolo Bea, Salvatore Ferrandes, Walter Mattoni, PaneVino, Praesidium, Podere Luisa, Serafino Rivella, Ronco Severo, Carla Simonetti, Slavček), un centinaio di “artigiani del vino” indipendenti italiani ed esteri: un assaggio di cultura del territorio che va dall’isola di Pantelleria, al centro del Mediterraneo, risale lo stivale, attraversa Slovenia, Austria, Germania, Francia, Spagna. Non solo, dopo un anno di assenza tornano a ViniVeri, con uno spazio a loro dedicato, i produttori della Georgia

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Grandi Langhe Docg

Un’occasione unica ed esclusiva per degustare l’eccellenza della produzione vitivinicola nel cuore del suo territorio.

Manifestazione a cadenza biennale organizzata dal Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani aperta esclusivamente ad operatori professionali nazionali ed internazionali.

Tre giorni di degustazioni svolte nei diversi comuni di origine, che permetteranno di conoscere i vini direttamente dai produttori e stringere nuovi accordi commerciali.

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Vecchio Samperi Ventennale, De Bartoli

Il classico adagio recita che non ci può essere un due senza il tre, e allora dopo i Grappoli del Grillo e il Terzavia, come esimersi dal metter mano (pardon, labbra e lingua e palato) ad uno dei pezzi forti della azienda De Bartoli, il Vecchio Samperi Ventennale, che ancora una volta onora alla grandissima l’uva Grillo.

Dopo una magnifica interpretazione in bianco e una altrettanto valida spumantizzazione, è la volta quindi di un vino ossidativo secco: il Marsala di tipologia Vergine (ma non si può dire, visto che non rientra nella DOC a causa della mancata addizione alcolica, e difatti raggiunge in splendida autonomia i suoi 17,5 gradi alcolici).

Il nome è mutuato dalla zona di coltivazione dell’uva, appunto la contrada Samperi nell’entroterra di Marsala, e i dati tecnici parlano di Grillo al 100%, con resa di 20hl per ettaro, di selezione e raccolta manuale e poi di fermentazione in fusti di rovere e castagno a temperatura non controllata.
Il lungo affinamento (una media di venti anni, da qui parte del nome in etichetta) viene poi svolto sempre in legno, in maniera analoga al Soleras utilizzato ad esempio per lo Sherry: dalle botti si preleva una piccola quantità di vino poi sostituita con altrettanto più giovane. L’operazione viene svolta periodicamente, in modo da creare un amalgama tra millesimi e invecchiamenti differenti.

samperi ventennaleDenominazione: Vino liquoroso secco
Vino: Vecchio Samperi Ventennale
Azienda: De Bartoli
Anno: –
Prezzo: 35 euro

Premesso che non amo i vini ossidativi, non posso comunque non ammirare il risultato: bel colore ambrato, carico e lucente che introduce richiami olfattivi legati al salmastro, allo iodato, alla terra e al fungo, con una punta di vernice in lontananza.

L’ingresso in bocca è sorprendentemente scorrevole nonostante gradazione e intensità, e la bevibilità si giova della netta impressione di secchezza.
Il corpo presente ma agile accompagna un finale decisamente molto persistente: un vino che nella mia immaginazione vedevo bene servito piuttosto fresco e abbinato a formaggi robusti, magari erborinati, ma che sorprendentemente si è trovato più a suo agio in abbinamento a pasticceria secca e ad una temperatura quasi ambiente.

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Zibaldone minimo dei lemmi enogastronomici, parte prima: la degustazione

Sarà che è la moda del momento, forse.

Il punto è che il mondo dell’enogastronomia, da parte dei protagonisti come pure da quella dei semplici appassionati, rigurgita spesso un tale entusiasmo dal rasentare l’imbarazzo, e se da un lato (quello di chi deve vendere) lo si può capire, meno giustificabili risultano quelle povere vittime della sindrome di Stoccolma che si sentono in dovere di spalancare la porta del loro personale patheon a osti e contadini.

Ma fin qui pazienza.
Quel che davvero resta indigesto (del resto, di alimentazione stiamo parlando) è il grado di formalismo, la necessità di giocarsi un linguaggio forzatamente aulico, intriso di alate metafore, per discettare di un piatto di pastasciutta e un bicchiere di rosso.

Per questo, e per evitare di ricascarci pure io con tutte le scarpe e con tanto di calice e forchetta, ho deciso di vergare a imperitura memoria il mio personalissimo dizionario dei termini innominabili in ambito enogastonomico.

Iniziamo.


Degustazióne s. f. [dal lat. tardo degustatio -onis]

Parrà strano, detto da uno che ha sostenuto con profitto l’esame per poter vantare il pomposo titolo di Degustatore Ufficiale AIS (e per farlo ha pure pagato, pensa che roba); ma io ‘sto termine non lo sopporto; cioè, fatemi capire: voi degustate?

Non ci credo: semmai gustate, o mangiate e bevete, o al limite divorate, assaggiate, assaporate, pasteggiate, spiluccate, ingurgitate, brindate, sorseggiate, tracannate. Eccetera.

A me il termine “degustare” fa sempre venire in mente quei personaggi insopportabili, che, in compagnia di amici, fidanzate e semplici conoscenti, si sentono in dovere di roteare bicchieri come fossero dei lazos ed annusare piatti come un cane lasciato senza guinzaglio durante la festa del tartufo ad Alba, per poi tranciare con la massima serietà un giudizio inappellabile (e soprattutto non richiesto) su pietanze e liquidi testé ingeriti.

Degustazione

Non solo: appena leggo la sequenza di lettere d-e-g-u-s-t-a-r-e, mi parte un film nel cervello che ha per protagonisti attempati nobili parrucconi dell’ancien regime riuniti a mensa in qualche affrescato e stuccatissimo salone degli specchi di Versaillesiana memoria. Sorseggiano azzimati la zuppa e alternano al silenzio brevi discussioni su esecuzioni di sovversivi, caccia e tauromachia; quando esce la portata principale non applaudono ma, piuttosto, in segno di gioia fanno tintinnare i loro gioielli (cit.).

“Degustare” implica un tale grado di barocchismo da mandare fuori scala l’indice del mio noiosometro; dunque, dall’alto dell’autorità da me stesso conferitami, ne decreto l’immediata abolizione.
Così è stabilito, la seduta è tolta.

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SoloUva: approfondimenti

Giusto due righe per segnalare che su Intravino è comparsa una interessante discussione sul Metodo SoloUva, di cui avevo scritto qualche tempo fa.

Consiglio di impiegare qualche minuto, oltre che per leggere l’articolo, anche per approfondire i commenti, che riportano interessanti interventi sia tecnici che organolettici e anche gli importanti interventi di Giovanni Arcari.

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Grillo 2013, Barraco

Non è passato molto tempo da che ho tracannato il meraviglioso Grillo di De Bartoli, ed ecco che mi capita a portata di cavatappi una bottiglia con cui posso approfondire la mia conoscenza del vitigno.

L’etichetta stavolta porta il nome di Barraco, piccola azienda vicino a Marsala che produce circa 15000 bottiglie l’anno, tutte ottenute dalla vinificazione di uve autoctone: Grillo appunto, poi Zibibbo, Pignatello e Nero d’Avola.

Il sito è molto chiaro sulle modalità di produzione: per i bianchi ci sono quattro giorni di macerazione sulle bucce, poi fermentazione con lieviti non selezionati a temperatura non controllata. Malolattica spontanea, minima solfitazione, affinamento in acciaio e imbottigliamento senza filtrazione e chiarifica.

barraco_grilloDenominazione: Terre Siciliane IGT
Vino: Grillo
Azienda: Barraco
Anno: 2013
Prezzo: 13 euro

Nel bicchiere trovo un bell’oro luminoso e pulito: non sembra affatto un vino non filtrato.
Al naso arriva un bel respiro di aromi primari (uve, frutta fresca), con alcuni accenni di agrume e un graffio iodato.

L’assaggio è pieno, robusto, caldo ma maschera bene i suoi 13,5 con buona acidità e perfetta sapidità; tutto bene, a parte una lievissima scia amara nel finale che sporca appena un sorso di ottima compattezza.
Sicuramente da servire a temperatura non troppo fredda e da abbinare a cibi non troppo “light”: nel mio caso ha lavorato egregiamente con verdure fritte.

Inevitabile il  confronto con de Bartoli: questo Grillo è meno esuberante, più composto, forse più classico. Sono due vini che parlano la stessa lingua ma con accento diverso: personalmente preferisco “I Grappoli” di De Bartoli, ma è solo una questione di gusti personali, ed è anche vero che la bottiglia ha un prezzo diverso.

Il bello: sapidità e calore per un sorso mediterraneo

Il meno bello: nulla da segnalare

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Champagne Gremillet Zéro Dosage

Come sempre, ci si diverte quando si assaggia un vino di cui non si conosce nulla: zero aspettative, zero pregiudizi…  In questo caso poi si tratta di un regalo, quindi non conosco neppure il prezzo: la situazione ideale!

champagne_gemillet_zero_dosage_brut_natureDenominazione: Champagne
Vino: Zéro Dosage
Azienda: Gremillet
Anno: –
Prezzo: ? (è un regalo)

Stappo e verso un vino color oro pallido, con bolla finissima ma stranamente poco numerosa e un po’ scomposta (ma migliorerà col passare dei minuti).
Gli aromi sono molto interessanti, con richiami floreali, vegetali e di agrume, in un assieme estremamente fragrante e fresco.

Il sorso è ambiguo, nel senso che trovo buone durezze (l’acidità vibrante e la sapidità notevole), corroborate da un corpo adeguato, ma l’assaggio è un po’ mortificato dalla bolla palliduccia.
Gli aromi di bocca appartengono alla famiglia della frutta secca (mandorla) e accennano al balsamico, con un buon finale di adeguata lunghezza, senza punte di amaro.
Alla cieca azzardo un pinot nero, perlomeno in prevalenza.

Terminata la bottiglia, è tempo di una rapida occhiata al sito aziendale per carpire qualche informazione: l’azienda si dice familiare ma di certo non è una piccola impresa, visto che si estende per 40 ettari vicino a Troyes, in quella zona che è considerata un po’ la cenerentola sfigata dello champagne, la Côte des Bars.
Il vino assaggiato, lo Zero Dosage, è descritto come vinificato in acciaio a temperatura controllata, ed è un blend di varie vendemmie, con malolattica svolta, residuo zuccherino di circa 2 grammi per litro e almeno 28 mesi di invecchiamento.

Il bello: la freschezza e l’olfattivo di ottimo livello

Il meno bello: bolla un po’ risicata

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Roederer Brut Premier

Tra le grandi maison di Champagne, Roederer può vantare un particolare che la rende estremamente moderna: se storicamente era uso comperare l’uva per poi occuparsi solo della fase di vinificazione e affinamento, già a metà del diciannovesimo secolo Louis Roederer decide di acquistare i vigneti che ritiene migliori, in modo da controllare in prima persona tutto il processo produttivo.

Crescendo di generazione in generazione, la maison è arrivata oggi a possedere circa 240 ettari nel cuore della Champagne, tra Montagne de Reims, Vallée de la Marne e Côte des Blancs, tutti classificati Grands o Premiers Cru e ad avere a catalogo una vasta gamma di prodotti, dal demi sec Carte Blanche al Brut Nature millesimato, dal Vintage al Rosé, passando per un Blanc de Blancs, fino a quello che è ormai (suo malgrado) un simbolo del lusso ostentato e un po’ cafone, il Cristal.

Non sono purtroppo vini per tutti i portafogli, tantomeno il mio, quindi è giocoforza parlare del più accessibile del listino: il Brut Premier, classico assemblaggio di 40% di Pinot Nero, 40% di Chardonnay e 20% di Pinot Meunier, con uve provenienti da vari appezzamenti vinificate in legno, e poi affinato da tre anni di permanenza sui lieviti.
Al corpo del vino ricavato da un millesimo principale viene aggiunto il 10% di vini di riserva di altre annate, in modo da assicurare carattere e corpo predefiniti.

L’apertura non è piacevole, ennesimo caso di questi mesi di un tappo non perfetto: lungi dall’essere un bel fungo allargato alla base, il cilindro resta di diametro troppo uniforme. Un po’ di esperienza mi dice che spesso i vini spumanti che presentano una chiusura di questo tipo non sono al top, ed infatti troverò una bottiglia certamente non difettosa ma meno piacevole di una analoga provata nei mesi scorsi.

roedererDenominazione: Champagne
Vino: Brut Premier
Azienda: Roederer
Anno: –
Prezzo: 40 euro

L’aspetto manco a dirlo è da manuale, oro pallido con bolle sottilissime e numerose. Il naso tradisce un’anima morbida e dagli aromi sono banditi il fruttato aggrumato o il minerale; trovo qualche cenno floreale ma poi arriva prepotente la speziatura. E’ scongiurato il rischio “vaniglione”, perché il complesso è comunque assai delicato. Dopo un’ora si apre e si arricchisce ulteriormente, in particolare con note di glicine.

In bocca è molto classico e conferma quello che l’olfatto aveva evidenziato: la bolla delicatissima (forse anche troppo), qualche agrume sottotraccia e poi una decisa morbidezza che denota un certo dosaggio (non ho dati ufficiali, ma ad occhio siamo sui 10 g/l) e l’evidente passaggio in legno; per fortuna arrivano a bilanciare il sorso l’acidità di buon livello, il corpo prepotente e una lunghezza rimarchevole.

Si nota la maestria della costruzione: il bicchiere si ferma un millimetro prima della esagerazione e riesce a non essere stucchevole, dando vita ad un vino sicuramente da abbinamento, troppo opulento per il semplice aperitivo.

Il codice riportato in etichetta e inserito sul sito parla di una cuvée 2009, imbottigliata nel 2010 e sboccata nel 2012, quindi forse un po’ troppo “avanti” per un brut base?
Certo, lo ricordavo migliore, mi resta il dubbio di una bottiglia non al meglio magari a causa del tappo, ma a questi livelli di prezzo francamente mi aspetto sempre l’eccellenza.

Piccola nota: capirei se il sito riportasse note più esaustive, ma qualcuno mi spieghi il senso del dover andare su internet e inserire il codice per vedere due-dati-due… bastava aggiungerli in etichetta e si evitava la scocciatura… Boh.

Il bello: corpo, stuttura, classcità del sorso

Il meno bello: un po’ troppo opulento. dosaggio avvertibile

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