Zero Infinito Pojer e Sandri

Il faccione baffuto di Mario Pojer l’ho sbirciato molte volte in varie manifestazioni vinicole, dove era presente come espositore ma spesso anche come visitatore: segno che l’uomo ama capire, assaggiare, confrontarsi.
Dal 1975 a Faedo, lui e il socio Fiorentino Sandri, anno dopo anno sono riusciti ad ingrandirsi e ad introdurre innovazioni tecnologiche, fino costruire una ampia e solida gamma di vini tipici del territorio (e in verità anche di distillati e aceti) che tra gli appassionati gode di ottima reputazione.

zeroIl risultato di una di queste ricette che miscelano tecnologia, creatività e ricerca è lo Zero Infinito, un vino bianco biologico, rifermentato in bottiglia, che deve il suo nome al felice slogan: “ZERO impatto chimico: ZERO in campagna e ZERO in cantina”.
Il vino è prodotto da uva Solaris, un incrocio ottenuto in Germania proprio nel 1975 (l’anno di fondazione di Pojer e Sandri) coltivata a circa 800 metri di altitudine. La varietà ha la caratteristica di essere resistente a molte malattie, consentendo quindi l’eliminazione dei trattamenti in vigna.

Denominazione: IGT Vigneti delle Dolomiti
Vino: Zero Infinito
Azienda: Pojer e Sandri
Anno: 2014
Prezzo: 15 euro

Bello e interessante il progetto, ma i risultati?
Il vino è proposto con tappo a corona, in bottiglia trasparente che lascia vedere il deposito di lieviti sul fondo: come sempre in questi casi l’assaggio può dunque essere effettuato in duplice maniera: decantando oppure “mescolando” i residui.

Nel bicchiere troviamo un liquido paglierino torbido,  lattiginoso, e i primi richiami olfattivi sono nettamente aromatici, tanto che alla cieca mi sentirei certo di azzeccare un sauvignon. Quindi ovviamente erbaceo in primo piano, poi mela verde e pera acerba, forse pure anche menta e zenzero.

In bocca c’è coerenza con quanto annusato, quindi è subito evidente l’acidità, decisa, che aggredisce con un sorso sicuramente verticale, persino quasi astringente.
E proprio l’assaggio è un po’ anche il limite del vino: si esaurisce tutto in questa sensazione, oltretutto abbastanza corta, senza riuscire ad integrarsi con altre caratteristiche: aromaticità e acidità così intense e poco bilanciate paradossalmente frenano la bevibilità che risulta lievemente compromessa. Nulla di grave, ma ritengo ci sia ancora da lavorare per “dare ciccia” attorno alle sensazioni che per ora prevalgono.

Il bello: grande freschezza

Il meno bello: mancano complessità e lunghezza

Articoli correlati:

Tenuta Il Falchetto Brut

La scorsa settimana ad Acqui Terme ho gironzolato qualche minuto nella bella Enoteca Regionale per scampare al caldo formidabile del pomeriggio, e mi è stato proposto il Brut della Tenuta Il Falchetto, una azienda di Santo Stefano Belbo che, a giudicare da quanto leggo sul sito, gestisce un bel po’ di ettari e si dedica alla produzione di una vasta gamma di bottiglie, tutte comunque legate a vitigni del territorio, a parte Chardonnay e Pinot Nero.

Denominazione: VSQ
Vino: Brut
Azienda: Tenuta il Falchetto
Anno: –
Prezzo:18 euro

La scheda tecnica dice solo che si tratta di Chardonnay e Pinot Nero con almeno tre anni sui lieviti, nulla di più…
Purtroppo il vino, pur senza difetti e gradevole, non mi ha lasciato grandissime impressioni; sicuramente positiva la parte visiva, con un bel paglierino illuminato da catenelle fitte e sottili, ma già portando il calice al naso emergono note di panificazione troppo predominanti che sotterrano il resto dello spettro, lasciando una impressione un po’ monocorde.

L’assaggio poi conferma le perplessità a causa di una bolla un po’ grossolana e di una acidità che, seppure ben presente, resta relativamente slegata dal resto del sorso, che in definitiva risulta poco dinamico e interessante.
Anche il dosaggio mi ha dato idea di essere leggermente troppo invadente.

Quindi nessun difetto, ma neppure elementi particolari di distinzione, e soprattutto la bevuta è leggermente faticosa.

Il bello: nessun difetto, prezzo corretto per un metodo classico con almeno tre anni sui lieviti

Il meno bello: dosaggio un po’ invadente, bevuta leggermente faticosa

Articoli correlati:

Cascina Garitina reloaded: ritorno in Monferrato

In un Monferrato rovente, dopo il passaggio dello scorso mese, sono tornato con un pochino più di calma a visitare Cascina Garitina, stavolta accolto dal titolare Gianluca Morino.

1Ricapitoliamo: siamo a Castel Boglione, in provincia di Asti, a pochi chilometri da Nizza Monferrato, nel cuore della zona storica per la produzione della Barbera: è proprio grazie agli sforzi di Gianluca (a lungo presidente della associazione dei produttori) che dal 2016 la bottiglie di Barbera DOCG esibiranno la denominazione Nizza, veicolando quindi non più solo un vitigno ma un territorio e una tradizione.

I vigneti di Cascina Garitina, fondata nel 1908, si estendono per circa 26 ettari e sono coltivati non solo con la pur predominante Barbera (della quale sono presenti alcune vigne molto vecchie), ma anche con altre varietà: Brachetto, Dolcetto, Pinot Nero, Merlot e Cabernet Sauvignon.
Gianluca mi ha guidato sulla collina adiacente alla cantina: in una giornata torrida i suoi curatissimi vigneti (si nota la evidente differenza con quelli adiacenti) sono comunque relativamente “vivibili”: siamo a circa 280 metri di altitudine ma soprattutto c’è una costante brezza che arriva dalla direzione del mare a mitigare l’afa.2

Gianluca spiega con semplicità (ma con altrettanta precisione) le varie fasi della conduzione, mostra i diversi terreni, indica le vigne vecchie, racconta del progetto di mettere sul mercato tre diversi cru di Barbera…
Soprattutto colpisce la differenza con tante tipiche visite al produttore: qui si cammina tra i filari, vivaddio non in cantina tra fermentatori e diraspatrici, e soprattutto non si parla in termini roboanti e/o poetici di lieviti autoctoni, di naturalità e solforosa. Semplicemente, Gianluca racconta con entusiasmo e decisione il suo lavoro e le sue idee: ad esempio della predilezione per il tappo a vite, oppure di come nelle sue visite negli USA ha visto crescere il consumo dei vini rosati e allora pronti via ecco una nuova tipologia che si aggiunge alla già nutrita lista di referenze, o ancora del perché sia voluto uscire dal consorzio del Brachetto.

Dopo la vigna si passa alla degustazione: è troppo caldo per stappare i grossi calibri, meglio concentrarsi sui vini che possono essere serviti freschi, quindi il rosato diAmanti, il  Morinaccio (una Barbera rifermentata naturalmente in bottiglia) e lo ‘pseudo-Brachetto’ (pseudo: come scritto sopra Cascina Garitina è uscita dal consorzio e vinifica l’aromatico con alcune particolarità non previste dalla DOCG).

Denominazione: Vino rosato
Vino: diAmanti Rosè
Azienda: Casina Garitina
Anno: –
Prezzo: 5 euro (in azienda)

Del Morinaccio conto di scrivere prossimamente, mi piace invece lasciare subito qualche nota sul rosato, tipologia spesso (ingiustamente) trascurata.
Questa è la prima vinificazione del diAmanti (mi sembrava di ricordare Dolcetto, ma spulciando su internet pare si tratti di Dolcetto, Barbera e Merlot), e già da ora colpisce: è un vino coraggioso a partire dalla bottiglia elegante ed insolita, di fatto senza etichetta, con solo un piccolo bollo trasparente a riportare le indicazioni di base, capace di mettere in grande evidenza il bellissimo colore rosa acceso, quasi porpora, del vino.

Ma è il bicchiere che, a coloro che sono abituati ai rosati anonimi e senza personalità, regala piacevoli sorprese: gli aromi sono semplici e fragranti di frutta fresca (ciliegia in particolare) e di rosa, e l’assaggio è deciso, con l’ingresso rinfrescante per le notevoli acidità e sapidità e poi una piacevole chiusura in cui torna la ciliegia e un richiamo al vino rosso giovanissimo.

Quel che è certo è che la bevibilità è assassina: l’alcol, pur attestato sui canonici 12.5%, neppure si avverte e questo diAmanti, se servito freschissimo, è di un imperdibile compagno di bevute estemporanee, di aperitivi o persino un valido accompagnatore dei crudi di pesce; di sicuro in una giornata afosa è impossibile non finirlo, ed è difficile chiedere di meglio ad un vino che viene venduto a circa 5 euro in cantina.
Facendolo salire un po’ più di temperatura chissà come si comporterebbe con una zuppa di pesce…

Il bello: rinfrescante, bevibilissimo, semplice con personalità

Il meno bello:  niente da segnalare

Articoli correlati:

Saver, Monteversa

Estate e caldo, poca voglia di bere cose impegnative e alcoliche.

Oltretutto è troppo tempo che non torno sulla categoria dei rifermentati in bottiglia, bottiglie spesso semplici ma appaganti, che in qualche modo trovo essere una sorta di anello di congiunzione tra il vino e alcune birre (penso alle fermentazioni spontanee e alle blanche). Soprattutto molto adatti alla stagione.

L’occasione capita durante una degustazione di prodotti di Monteversa, azienda biologica situata in provincia di Padova, nella zona dei colli Euganei: il vino che mi ha convinto di più è quello che potremmo definire un Prosecco Colfondo (mi pare che l’uva sia 100% Glera), ma in realtà si tratta di un prodotto senza denominazione.

Denominazione: Vino bianco
Vino: Saver
Azienda: Monteversa
Anno: –
Prezzo:10 euro

L’aspetto è canonico per la tipologia: paglierino pallido, opalescente, ma quello che impressiona è la straordinaria mineralità, declinata in accenti soprattutto sapidi e pietrosi, accompagnati da un bel aggrumato, limonoso, fresco senza per fortuna arrivare alla acidità bruciante; il quid in più è un guizzo difficilmente definibile, se non forse in qualche lontano richiamo animale (che mi sia lasciato trasportare dalla analogia con il lambic?).

Quanto sopra, unito alla bassa gradazione e magari ad una temperatura di servizio adeguatamente fresca, restituisce una bevuta decisamente irresistible, che non sfigura col passare dei minuti, quando il liquido inevitabilmente si scalda di qualche grado.

Il bello: semplice ma gradevolissimo, adatto all’estate e di buona personalità

Il meno bello: nulla da segnalare

Articoli correlati:

Solleone 2011, Tenuta Grillo

A volte ritornano, e infatti dopo due anni ho nuovamente bussato a casa di Igea e Guido Zampaglione per riprovare qualcuno dei loro vini; nella fattispecie è toccato ad una bottiglia davvero curiosa, almeno per chi come me non crede troppo nelle potenzialità di certi vitigni internazionali nel Monferrato, in particolare per il Sauvignon, che ritengo un oggetto da maneggiare con le pinze.
Mi spiego: la particolare (e robusta) aromaticità del vitigno, soprattutto in climi caldi, rischia di partorire vini estremamente caratterizzati, stucchevoli e faticosi da bere, insomma caricature di quegli esempi di eleganza che provengono da certi produttori della Francia…

Questo Solleone è dunque la particolare interpretazione del Sauvignon da parte di Guido, che aggredisce il frutto con 60 giorni di macerazione(!) e due anni di affinamento sui sedimenti.

tenutagrillo_solleoneDenominazione: Monferrato bianco
Vino: Solleone
Azienda: Tenuta Grillo
Anno: 2011
Prezzo:15 euro (in azienda)

Sessanta giorni di macerazione, dicevamo, e si sentono, ma per fortuna neppure troppo, nel senso che visivamente il liquido è giallo oro antico, compatto, luminoso, solcato da appena un velo di residuo, mentre l’olfatto racconta di erba di campo, fiori di camomilla, frutta matura ma non cotta o surmatura, e di un inusuale accenno a metà tra liquirizia e balsamico.
Il tutto accompagnato da un vago accenno di volatile che, lungi dal mortificare la bevuta, esalta lo spettro aromatico, mentre il sorso pieno e fresco nasconde alla grande i 13.5 gradi e chiude molto lungo, lasciando sul palato un accenno di tannino

Di sicuro l’abbinamento non è semplice, soprattutto se non si vuole ricorrere agli scontati formaggi… magari sarebbe da provare con una brandade di baccalà, e la temperatura di servizio è necessariamente da cantina o anche poco più.

Il vino è piacevole, ma a me resta un dubbio più “filosofico” (vabbè, non esageriamo) che degustativo: chi, alla cieca, direbbe trattarsi di un Sauvignon? Chi ne azzarderebbe la provenienza dal Monferrato?  Secondo me, molto pochi.
Per qualcuno, in tempi in cui si abusa di discorsi su territorialità e rispetto del frutto, questi possono essere limiti non da poco.

Il bello: lunghezza, aromaticità gradevolissima e tenuta a bada

Il meno bello: abbinamento complesso

Articoli correlati:

Terroir Vino: anno uno

Ad un certo punto è stato chiaro che Terroir Vino (TV, d’ora in poi) non sarebbe mai più stato lo stesso, e ne parlavo qui, spiegando le ragioni del mio affetto per una delle manifestazioni meglio organizzate.
Forse solo a Summa, da Lageder, mi è altrettanto piaciuto trascorrere una giornata tra banchetti e produttori, e devo dire che la prima edizione di Mare&Mosto è stata pur essa di alto livello.

Infondo non chiedo mica la luna (cit.): certo, una buona selezione di produttori, ma poi tanto spazio, ché io odio la calca e urlare per farmi sentire, poi tanta acqua a disposizione, il libricino con i partecipanti completo dell’elenco dei vini in modo che sia comodo prendere una nota al volo, a disposizione non solo pane e grissini ma anche altro cibo (magari a pagamento, certo) e tante sputacchiere spesso svuotate. Ah, il guardaroba se è inverno. TV aveva tutto (guardaroba a parte, ma a giugno non serve).

tv1Così alla fine è successo: dopo cinque anni di teutonica organizzazione presso i Magazzini del Cotone, la manifestazione è cambiata, approdando in una (bellissima) villa in centro città, sempre a Genova. L’arrivo è piacevole: certo meno agevole coi mezzi pubblici della precedente location, poiché dalla stazione è meglio prendere l’autobus, ma (incredibile) c’è un ampio parcheggio gratuito all’interno; non solo: un notevole giardino a prima vista garantisce adeguato spazio di “decompressione”.
Però.
Però i produttori sono in numero minore rispetto alle passate edizioni, soprattutto hanno poco spazio e i visitatori anche meno: io sono arrivato verso le 15 ed era quasi impossibile muoversi e parlare.
I cestini del pane erano sempre riforniti ma io e altri abbiamo sentito la mancanza di qualcosa di più da mettere sotto i denti, e non nascondo che tra diversi produttori interessanti ne ho trovati alcuni un po’ così… e due o tre banchetti erano abbandonati dal produttore (perlomeno al momento del mio passaggio).

Soprattutto deludente la “Degustazione dal basso” cui ho partecipato: “Champagne Diligent, unorthodox blends”. Sulla carta era una figata assoluta, visto che il sottotitolo prometteva “… alcuni rarissimi Champagne monocultivar fuori dai comuni schemi …”, ma il laboratorio si è risolto in un bel pasticcio: se la qualità non al top (eufemismo) dei vini proposti poteva non essere un problema (infondo lo scopo era quello di esplorare bollicine da varietà inusuali, non assaggiare selezioni stellari), sicuramente è stato drammatico il fatto che il relatore parlasse solo in inglese: una parte consistente dei partecipanti non capiva la lingua e dopo pochi istanti si è innescato il classico meccanismo del telefono senza fili (“che ha detto?”). Risultato: un casino micidiale di gente che parla riportando informazioni sconclusionate (sentito con le mie orecchie: dopo un paio di passaparola il petit meslier è diventato petit meunier…), così dopo pochi minuti il relatore si è limitato a far sbicchierare i vini, ad elencarne i cépages e a parlottare con i partecipanti più vicini.
Ma la cosa più fastidiosa è che gli stessi vini, distribuiti dallo stesso relatore che elargiva le medesime “spiegazioni”, erano disponibili nel primo banchetto incontrato all’ingresso, annullando di fatto il valore del laboratorio.20150622_175827

Cerchiamo di non fraintendere, TV2015 ha avuto comunque begli spunti (i sorprendenti banchetti affiancati di AIS, ONAV e FISAR, il parcheggio comodissimo, il bel giardino attorno alla villa, il comunque considerevole numero di produttori presenti) e sono consapevole che la manifestazione non si esaurisce nella giornata di degustazione ma comprende anche il Baratto Wine Day, il Garage Contest e le Conferenze; ho però avvertito una cura minore nei dettagli e soprattutto una netta carenza di identità, credo dovuta al fatto che il patron Filippo Ronco è alla ricerca di una formula nuova (non ancora trovata), utile a valorizzare al meglio il suo Grassroots Market e che questa edizione di TV sia stata una sorta di “anno uno”, un tentativo non completamente riuscito che ha comunque potuto poggiare sulle solide basi di tanti anni di organizzazione, lasciando presagire di meglio e di più per le prossime edizioni.

Articoli correlati:

Monferrato random: un assaggio di Cascina Garitina

1Questo non è mica un vero articolo: è solo una scusa per inserire un paio di immagini scattate al volo nel weekend nel Monferrato, zona Nizza-Mombaruzzo-Acqui, non tanto per il valore artistico delle stesse quanto per documentare la stordente e rigogliosa marea verde che annega ogni collina, e per segnalare la cortesia della famiglia Morino di Cascina Garitina, che mi ha accolto in azienda la domenica, nonostante le poche ore di preavviso.

amisE, certo, anche per un veloce elogio al loro Amis 2007, che a leggerne le caratteristiche non avrei mai pensato potesse essere nelle mie corde (un blend di merlot, cabernet sauvignon e barbera) ma quando il cortese papà di Gianluca me ne ha parlato con tanta semplicità e soddisfazione non ho potuto fare a meno di comperarlo.
2E ho fatto bene, ché si è comportato ottimamente accompagnando una sontuosa grigliata di salsicce, bistecche e costine; come ovvio in queste occasioni nessuna degustazione tecnica, nessun appunto: stai mangiando come un lupo, non vorrai mica metterti a roteare il bicchiere e a scrivere? Mi limito a ricordare il gran corpo e la morbidezza a sostenere un alcol ben presente ma non fastidioso, e soprattutto un bel tannino setoso e per nulla amaro. Il prezzo in cantina mi pare si aggiri sui 14 euro.

La prossima volta che sarò in zona spero di poter chiamare l’azienda per tempo e poter fare un giro nei vigneti e fare quattro chiacchiere un più con il titolare, vero deus ex machina della denominazione “Nizza”.

Articoli correlati:

Terroirvino 2015

La nuova edizione di TerroirVino cambia sede e riparte da zero
Lunedì 22 Giugno 2015, preceduta dall’ormai consutea Unconference (21 Giugno) e da una costellazione di eventi satellite, è l’incontro tra vino, persone e web

Articoli correlati:

  • Nessun articolo correlato

Una lunga striscia di sale: 10 anni di Luciano Capellini

Si dice sempre così, con molta enfasi retorica, ma questa volta è stata per davvero una grande emozione poter servire al banco di assaggio della Cantina du Pusu in una verticale storica che ha visto tutti in fila i millesimi prodotti da Luciano Capellini dal 2004 (la sua prima vendemmia) fino alla bottiglia che riporta il 2013 in etichetta.

capellini

Emozionante di sicuro per la presenza di Luciano, che si presenta con semplicità raccontando del suo lavoro nel meraviglioso e difficilissimo ambiente delle Cinque Terre, a Volastra, per il quale, una volta tanto, si può scomodare senza timore di esagerare la definizione di “viticultura eroica”. E’ da questi dirupi di fronte al mare che Luciano strappa il frutto con cui assemblare i suoi vini e trova la volontà di mantenere viva la tradizione di un territorio che ogni anno vede sempre meno ettari vitati.

Ed è emozione anche e soprattutto per i vini: non me ne vogliano i cultori del Pigato, o dei Vermentini dell’una o dell’altra Riviera, o anche magari della meno nota Bianchetta, ma per me il vero grande bianco ligure è il Cinque Terre, e Capellini in questa storica rassegna dimostra di interpretarlo come pochi altri, presentando vini tutti marcati dal coerente filo conduttore delle verticalità e di una netta scia sapida che viaggia a braccetto di un tripudio di erbe aromatiche, di macchia mediterranea: sarà la suggestione, perché no, ma è la nitida fotografia delle terrazze vitate abbarbicate a strapiombo sul mare.

Quasi inutile parlare delle singole bottiglie, ma entrati nella macchina del tempo dei millesimi piace spendere due parole per il 2013, già godibilissimo, dritto, pieno, nettamente gastronomico e che quasi ti ordina di essere accompagnato da un piatto di linguine alle vongole; poi il 2011, che arricchisce lo spettro aromatico con qualche sottofondo morbido di uva.
Il 2010 è l’esperienza più debole: Luciano ha avuto qualche problema con i tappi (a suo tempo ritirò e sostituì le chiusure a 1500 bottiglie) e il vino, pur non marcato dal sughero, è appesantito da una nota mielosa insistente.
Merita l’applauso un sontuoso 2008, l’epitome del Cinque Terre: tutto quello che abbiamo detto (la sapidità, la macchia mediterranea), si amplificano e si allungano a dismisura in un finale quasi infinito.
Dal 2006 al 2004 si cambia ambito: i vini sono in piedi, sapidità e acidità non mancano, e le ossidazioni la fanno da padrone con nette impressioni di noce, nocciola, mandorla, che riportano alla mente il ricordo di certi Sherry secchissimi; tra i tre, il più godibile è proprio il 2004.

Si chiude con un appuntamento al prossimo anniversario, quando gli anni di produzione saranno venti e le bottiglie in fila quelle dal 2014 in poi, e chissà che qualche angolo possa spuntare il bonus di qualcuno di questi millesimi da poter riassaggiare.

Articoli correlati:

L’esame da degustatore ONAF: gli appunti da lezioni e libro

Dunque, ho fatto il corso ONAF, sono diventato assaggiatore di formaggi e posso dirvi che (al netto del solito costo eccessivo per questo genere di hobby) le lezioni sono state tenute da docenti preparati e disponibili, il testo di riferimento è ben fatto e insomma, in generale, tutta la struttura del corso mi ha fatto una bella impressione.

Esattamente l’opposto di quello che mi è successo frequentando ben due livelli di corsi ONAS (assaggiatori di salumi), sui quali stenderei un velo pietoso per disorganizzazione e mancanza di professionalità.

Visto che nel terzo livello AIS si tratta di formaggio abbastanza estesamente (ma, almeno nel mio caso, con un po’ di confusione) ho deciso di inserire qui sul sito anche gli appunti relativi a questo alimento. Sono certo che possano essere una risorsa utile per chi prepara l’esame finale AIS.

Le avvertenze sono sempre le solite: il materiale è tratto dal testo ONAF e integrato da qualche mia ricerca. Pur avendo cercato di applicare la massima cura, non mi assumo responsabilità in caso di errori.

Si tratta appunto di riassunti con integrazioni ed elaborazioni, ma sono ovviamente pronto ad eliminare il materiale se coloro che hanno redatto i testi si sentissero in qualche modo usurpati dei loro diritti di copyright.

Se trovate imprecisioni sarei felice della segnalazione, in modo da poter correggere.

1 – Latte

Liquido bianco uniforme, torbido, secreto dalla ghiandola mammaria delle femmine dei mammiferi.

Il primo liquido prodotto dopo il parto è detto colostro, ricco di elementi utili alla risposta immunitaria. La resistenza batterica è dovuta al lisozima: le gammaglobuline presenti nel colostro inibiscono la coagulazione.

E’ un alimento molto deperibile, che si carica di batteri appena viene a contatto con superfici esterne.

  • La dicitura “latte” senza indicazioni ulteriori indica latte vaccino.
  • La stanchezza e la denutrizione dell’animale vanno a detrimento della qualità del formaggio
  • Un litro di latte = 1 Kg e 700 calorie
  • Diverse razze di mucca producono differenti latti.
  • Mediamente nel latte di vacca la resa nella produzione del formaggio è del 10%

Fattori di qualità del latte:

  • genetici
  • ambientali (razza, età, alimentazione, numero dei parti, allevamento ecc.)

1.1 – Composizione

  • acqua
  • zuccheri, il principale è il lattosio, un disaccaride con poca solubilità ed è la base della fermentazione lattica: i batteri lattici trasformano il glucosio in acido lattico.
    Non si troverà mai nel burro o nel formaggio, ma solo nei residui di lavorazione. La sensazione di acido lattico è più forte in formaggi giovani, poi ci si sposta verso il neutro e basico
  • proteine:
    • caseine (le principali proteine del latte)
    • proteine del siero (non coagulano e hanno funzione anticorpale)
  • sostanze minerali
  • vitamine: il foraggio verde arricchisce le vitamine
  • grassi: detti lipidi, sono sotto forma di globuli. Importanti i trigliceridi che nel processo di maturazione possono liberarsi (lipolisi). Quando si alterano causano irrancidimento.
    Sono di due tipi:
  • saturi (principalmente)
  • insaturi (aumentano con il foraggio verde)
Latte vaccino Latte ovino Latte caprino Latte bufalino
Acqua 86-88 % 80-83 % 85-88 % 80-84 %
Proteine 3-3,7 % 5,5-6,5 % 3,5-4,2 % 4,4-4,8 %
Grassi 3,4-4,4 % 6,5-7,7% 3,7-4,3 % 6-9 %
Zuccheri 4,8-5,2% 4,1-4,6% 4,3-4,7 % 4,7-4,9 %
Sali minerali 1% 1% <1 % <1 %
Vitamine tracce tracce tracce tracce
  • Il latte vaccino:
    • non permette rese in formaggio molto elevate
    • gli acidi grassi sono per la maggior parte a lunga catena, poco volatili, quindi le sensazioni aromatiche intense si sviluppano solo dopo lunga maturazione
    • l’alimentazione delle vacche incide sul colore dei formaggi
    • è debolmente acido (Ph 6,6 – 6,7)
    • ha densità di circa 1029-1033 g/ml. La scrematura toglie grassi, che sono meno densi degli altri componenti disciolti, quindi il latte scremato ha densità di 1035 g/ml
    • l’estratto secco (somma di tutte le sostanze disciolte esclusa l’acqua) è 120 – 140 g/l. L’estratto secco magro  esclude  il grasso.
    • il punto di congelamento permette di conoscere l’annacquamento del latte. Di norma è -0,5
  • Il latte ovino:
    • più concentrato (più del doppio di grasso e proteine rispetto al vaccino),
    • ha un residuo secco del 20%, molto maggiore rispetto a vaccino e caprino.
    • La resa è maggiore del vaccino: 15%.
    • La maggiore sensazione di dolcezza è dovuta ai grassi
    • Alta attitudine casearia dovuta alla quota di caseina
    • Per la coagulazione occorre più caglio, ma avviene più velocemente
    • Particolarmente sensibile ai micororganismi
    • Contiene poco beta-carotene: formaggi bianchi
    • Molti acidi grassi, intensi odori e sapori
    • Ha coagulo resistente
  • Il latte caprino
    • ha aromi molto intensi
    • è meno concentrato e la sensazione salata è data dall’acido glutammico
    • è il più povero di caseina
    • ha rese inferiori
    • ha coagulo di consistenza delicata
    • ha propensione alla coagulazione acida
    • contiene molti acidi grassi, che conferiscono il caratteristico sapore
    • è privo di caroteni, quindi il formaggio è bianco
    • la cagliata non sopporta alti riscaldamenti

1.2 – Trattamenti

Il latte per sua composizione favorisce la contaminazione microbiologiche ed è veicolo di malattie trasmissibili da animale ad uomo (zoonosi)

  • Scrematura: separa la parte grassa (panna) per centrifugazione a circa 55 gradi
  • Cottura: latte fresco o pastorizzato:
    • latte crudo: non è trattato termicamente, quindi presenta la flora batterica dell’allevamento
    • Termizzazione: 15 sec tra 57 e 60 gradi. Riduce la flora nativa del latte
  • Latte fresco pastorizzato: subisce un solo trattamento termico entro 48 ore dalla mungitura (72 gradi per 15 secondi)
    • Pastorizzazione bassa: si applica solo a latte a basso rischio di contaminazione, portandolo a 63 gradi per 30 minuti. Abbatte tutti i germi patogeni
    • Pastorizzazione rapida: temperatura di almeno 72 gradi per almeno 15 secondi. Abbatte tutti i germi patogeni
    • Trattamento UHT: ottiene latte a lunga conservazione portandolo a a 135 gradi per pochi secondi. Aumenta la conservabilità
    • Microfiltrazione: scrematura e microfiltrazione; pastorizzazione del grasso, ricostruzione e nuova pastorizzazione

1.3 – Razze da latte:

  • Frisona
  • Bruna
  • Simmental
  • Valdostana pezzata
  • Reggiana
  • Podolica

2 – Formaggio

Prodotto della coagulazione acida o presamica del latte (intero, parzialmente o totalmente scremato) o della crema di latte, facendo uso anche di fermenti e sale.

Il latte per la produzione  si ottiene da vacca, bufala, pecora, capra

2.1 – Caglio

E’ un composto di vari enzimi (tra cui la chimosina) in grado di sciogliere la k-caseina (proteina del latte) e di provocare la coagulazione delle altre caseine.
Il caglio può avere origine:

  • animale: estratto dallo stomaco di animali.
    Il migliore dal punto di vista qualitativo e l’unico permesso per i formaggi DOP
  • microbico: estratto da una muffa.
    Economico, ha minore attività proteolitica
  • vegetale: es. latte dell’albero del fico, estratto del cardo ecc.

L’attività coagulante o forza del caglio esprime la velocità di coagulazione del latte e deriva dalla concentrazione degli enzimi coagulanti (chimosina e pepsina).
La cagliata o giuncata è una massa gelatinosa e dalle dimensioni dei frammenti derivati dalla sua rottura si ottengono vari tipi di formaggio (molle, semiduro, duro).

2.2 – Produzione

  • movimentazione:
    il latte crudo arriva in caseificio
  • pastorizzazione
    (opzionale, ma opportuna per i formaggi freschi) e termizzazione del latte
  • standardizzazione del latte
    per equilibrare i vari componenti, es la modifica del contenuto di grasso (scrematura per affioramento), visto che il formaggio scremato non irrancidisce. Il grasso eliminato serve per fare il burro. Spesso in Italia si tratta il latte intero
  • sosta o maturazione del latte
    in modo da favorire la flora microbica, con parziale acidificazione e idratazione della caseina
  • lavorazione in caldaia
    riscaldamento alla temperatura ideale per la coagulazione (tra 20 e 40 gradi)
  • aggiunta dell’innesto
    nel caso di pastorizzazione occorre aggiungere batteri o fermenti
  • aggiunta del coagulante
    il caglio, animale, vegetale o microbico
  • coagulazione
    Si forma una rete proteica che ingloba in una massa gelatinosa detta cagliata il siero e gli altri costituenti.
    Le caseine tenderebbero naturalmente a riunirsi in aggregati detti micelle che intrappolano diverse sostanze. Ciò non avviene per due motivi:
  • a Ph naturale la loro carica elettrica è negativa, quindi si respingono
  • la presenza del colloidalprotettore della K-caseina

Quindi la coagulazione può avvenire per via::

    • acida: gli starter microbici fermentano il lattosio producendo acido lattico; ad un determinato livello di acidità, detto punto isoelettrico della caseina (Ph 4,6), si ha la demineralizzazione della caseina, la perdita della repulsione elettrica e  la coagulazione. E’ un coagulo morbido, usato per i formaggi freschi e molli
    • presamica: il caglio aggiunto al latte a temperatura di 30-37 gradi, causa il distacco del colloidalprotettore della k-caseina, conferendo alle micelle la capacità di aggregarsi.

I tipi di coagulazione sono dunque:

    • presamica: si ottiene una cagliata tenace ed elastica che spurga bene il siero e quindi produce formaggi a pasta semidura e dura,
    • acida: la cagliata è poco compatta.
    • acido-presamica
    • presamico-acida: la più comune. Inizia velocemente ed in gran parte per opera del caglio, poi termina grazie ai fermenti
  • taglio della cagliata
    la separazione della parte solida (cagliata) dai liquidi (siero)
  • lavorazione in caldaia
    agitazione e soste per favorire la sineresi (contrazione) o spurgo
  • cottura della cagliata
    processo opzionale, che favorisce l’uscita di siero e può essere svolto a varie temperature per ottenere:
  • formaggi a pasta cruda: non c’è riscaldamento della cagliata. Sono formaggi freschi a pasta molle e anche alcuni formaggi a pasta semidura e dura
  • formaggi a pasta semicotta: cottura a 42-48 gradi, sono in genere formaggi a pasta semidura
  • formaggi a pasta cotta: riscaldamento a 49-55 gradi. Si ottengono formaggi a pasta dura e destinati a lunghe stagionature

  • messa negli stampi
    la cagliata spurgata viene messa in stampi per la forma. Nel formaggi DOP le fascere impongono i marchi del consorzio
  • stufatura
    rivoltamenti e pressatura: tutte fasi opzionali che servono a rassodare la pasta
  • salagione
    può essere a secco (cospargendo il sale sulle superficie) o per immersione (salamoia). Causa la fuoriuscita di liquidi, formado la crosta
  • maturazione, stagionatura, affinatura
    La durata può variare da giorni ad anni, a temperature tra 5 e 20 gradi.
    Microorganisimi ed enzimi trasformano i grassi per lipolisi e le proteine per proteolisi. In questa fase le forme possono essere trattate in superficie con plastiche o resine per proteggere dalle muffe, oppure con olio, oppure affumicate, oppure spugnate con acqua e sale

 

2.3 – Microbiologia

Nella produzione del  formaggio interessano i batteri, i virus e le muffe.

Alcuni microorganismi sono utili, altri dannosi, altri ancora patogeni.

Si riproducono facilmente, date le condizioni ambientali adatte.

2.3.1 – Classificazione dei microorganismi:

  • per temperatura:
    • psicrofili: si sviluppano da 0 a 30
    • mesofili: da 10 a 45
    • termofili: da 40 a 65
    • termodurici: anche oltre 60
  • per presenza di ossigeno
    • aerobi obbligati
    • anaerobi obbligati
    • anaerobi facoltativi

I microorganismi possono essere:

  • caseari: sono gli agenti della trasformazione del latte in formaggio
  • anticaseari: ostacolano il processo di produzione del formaggio
  • patogeni: possono causare malattie nell’uomo
  • Microorganismi caseari:
    • batteri
      • lattici: termofili, mesofili, omolattici, eterolattici
      • propionici: producono acido propionico, acetico e CO2
    • eumiceti
      • lieviti: possono sviluppare gas per effetto della fermentazione alcolica; alcuni hanno elevata attività proteolitica e lipolitica, quindi maturano il formaggio
      • muffe: nella maggior parte dei casi non sono gradite; necessitano di aria, quindi si sviluppano in superficie; nei formaggi a crosta fiorita ed erborinati sono inoculate con colture selezionate. Svolgono attività lipolitica e proteolitica
  • Microorganismi anticaseari:
    • coliformi: fermentano il lattosio con produzione di gas. Provocano gonfiore precoce
    • sporigeni: producono acido butirrico
  • Microorganismi patogeni:
    • listeria
    • salmonella
    • escherichia coli

Fattori importanti:

  • Tempo: esposizioni prolungate a temperature più basse hanno medesimi effetti
  • Acqua: più il formaggio è umido, più proliferano i batteri (il sale conserva togliendo acqua)
  • PH: la trasformazione del latte in formaggio tende ad inibire la flora patogena per effetto della acidità e della stagionatura: i batteri si nutrono principalmente di zuccheri (lattosio), che trasformano in acido lattico (il ph seconde da quasi 7 fin sotto a 5), che acidifica e ferma lo sviluppo di batteri patogeni e anticaseari

2.3.2 – Fenomeni di fermentazione del latte

  • fermentazione omolattica: i batteri trasformano almeno il 90% del lattosio in acido lattico
  • fermentazione eterolattica: i batteri trasformano solo il 50% del lattosio in acido lattico, il restante in altri componenti, es.la produzione di CO2, etanolo ecc.
  • fermentazione alcolica: i lieviti trasformano l’acido piruvico in etanolo. Spesso causa gonfiore precoce
  • fermentazione propionica: è la produzione di acido proprionico, anidiride carbonica e acido acetico a partire da acido lattico e glucosio. E’ una delle cause delle occhiature dell’Emmental (la CO2 prodotta non riesce a sfuggire a causa della resistenza della cagliata)
  • fermentazione butirrica: è causata in genere da contaminazioni del latte o da cattiva acidificazione del formaggio. Causa gonfiore tardivo

2.3.3 – Innesti:

I microorganismi possono essere aggiunti al latte allo scopo di accelerare e favorire le fermentazioni lattiche, determinando condizioni positive per la coagulazione e negative per la flora anticasearia

  • colture naturali
    i batteri nativi del latte
  • colture starter
    • colture naturali
      si lasciano sviluppare i microorganismi presenti nel latte o nel siero, senza selezione
  • lattoinnesti (sviluppo della microfolora del latte, selezionandola tramite modesto trattamento termico)
  • sieroinnesti (incubazione a giusta temperatura una parte del siero ottenuto per coagulazione presamica)
  • scottafermento (incubazione della scotta, prodotto del siero residuo della preparazione della ricotta)

  • selezionate
    composizione microbica standard con poche specie di batteri lattici

 

Caratteristiche da valutare nella scelta dell’innesto selezionato:

  • capacità acidificante; quantità di acido lattico prodotto e velocità
  • Proteolisi: capacità di degradare la caseina, contribuendo all’aroma
  • produzione di aromi:

2.3.4 – La maturazione

Riguarda un insieme di fenomeni fisici, chimici e microbiologici che conferiscono al formaggio aspetto, aroma e sapore. Si sviluppano aromi, la pasta si indurisce, si formano le occhiature

SI manifesta tramite:

  • demolizione del lattosio in acido lattico: favorisce attività di coagulazione, limita lo sviluppo di batteri anticaseari, partecipa agli aromi
  • demolizione della caseina in peptidi e amminoacidi (proteolisi, peptidasi), responsabile di odore, aroma e sapore e rammollimento della pasta
  • demolizione dei grassi (lipolisi): libera sostanze fortemente aromatiche. I formaggi di pecora e capra hanno sapore più intenso a causa del contenuto superiore di acidi grassi a catena medo-corta, mentre gli erborinati e il taleggio hanno elevata attività lipolitica
  • perdita dell’acqua superficiale: per evaporazione, fino al 60%

2.3.5 – Difetti

  • Difetto del gonfiore: si presenta come arrotondamento della forma dovuto alla produzione di gas come CO2 e idrogeno generati da batteri.
    Spesso dovuto alla scarsa igene o del latte o delle strutture di trasformazione, maturazione  e affinamento
  • gonfiori precoci: si presentano nei primi giorni dopo la produzione.
    Si manifesta in formaggi molli, duri e semiduri. La pasta diventa spugnosa, non permette lo spurgo e acquista odori e sapori sgradevoli. Prevenzione: igene del latte, utilizzo di colture di fermenti
  • gonfiori tardivi: si presentano nel corso della stagionatura.
    Si manifestano in formaggi cotti ed a stagionatura prolungata. La forma si gonfia, si creano spaccature e la pasta assume sapore rancido. E’ dovuta a microbi di tipo Clostridium che resistono alla pastorizzazione
  • Difetto della gessosità: causato dalla eccessiva acidità della cagliata
  • Difetto del sapore amaro: causato dallo spurgo incompleto della cagliata
  • Le muffe si sviluppano dove c’è ossigeno, quindi spesso sulla crosta. Si prevengono con migliore spurgo della cagliata e con una giusta salatura

2.4 – L’assaggio

Assaggiare significa gustare con attenzione un prodotto alimentare di cui vogliono apprezzare le qualità, sottoponendolo all’esame dei nostri sensi. Si cerca di conoscerne i pregi, i difetti e le qualità, esprimendone le caratteristiche.

La prima impressione è rapidissima e si manifesta a livello della corteccia cerebrale, poi interviene l’identificazione logica.

Le fasi della analisi sensoriale prevedono:

  • osservazione per mezzo dei sensi
  • descrizione delle percezioni
  • confronto con norme codificate, altri prodotti, altri assaggiatori ecc.
  • giudizio motivato

Gli odori sono percepiti per via diretta dal naso, attraverso l’inspirazione dell’aria

Gli aromi per via retronasale, durante e dopo la masticazione

Le sensazioni olfattive non sono durevoli: c’è un aumento progressivo della sensazione fino ad una fase ottimale poi seguita da una diminuzione e scomparsa

I sapori vengono percepiti diversamente nel tempo:

  • all’inizio (0-3 sec) c’è prevalenza dei gusti dolci
  • 5-12 sec. aumento dei gusti acidi e poi amari
  • nel finale prevalgono i gusti acidi e amari

Dal nervo trigemino vengono percepite sensazioni piccanti, astringenti, metalliche, rinfrescanti, riscaldanti.

L’analisi è condotta da panel.

I panel sono composti da:

  • giudici addestrati, che adottano comportamenti comuni durante ogni seduta: mira a giungere ad un prodotto finito che dia garanzie di qualità sensoriale
  • consumatori: mira a misurare l’accettazione del prodotto da parte dei cittadini

I prodotti sono preparati tutti allo stesso modo e resi non riconoscibili.
L’analisi per ottenere il profilo sensoriale del prodotto passa per varie fasi:

  • analisi quantitativa: la scelta dei descrittori sensoriali del prodotto
  • analisi qualitativa: la messa a punto di standard di riferimento per ogni descrittore (valori massimo e minimo)
  • elaborazione statistica ed interpretazione dei risultati

2.4.1 – La scheda

Operazioni preliminari all’assaggio

  • Denominazione
  • Categoria: si elencano le principali classificazioni (consistenza, grasso, tecnologia, coagulazione, stagionatura, tipo di latte ecc)
  • Note di presentazione: provenienza, tipo di campione ecc.

Esame visivo aspetto esterno:

  • Forma (indicare se regolare o irregolare; può essere indefinita)
  • Facce (indicare se regolare o irregolare)
  • Scalzo (indicare se regolare o irregolare)
  • Superfice
    • Tipologia (pelle=mozzarella, buccia=robiola, crosta=consistente, dura)
    • Aspetto (tra le altre: fiorita=sottile feltro di muffa, lavata=a causa di spungnature di acqua e sale si forma una patina dal giallo al rossiccio)
    • Colore ( uniforme, non uniforme / carico, scarico)

Esame visivo aspetto interno:

  • Colore della pasta (uniforme, non uniforme)
  • Sottocrosta (presente, assente)
  • Occhiatura (presente/assente; indicare regolarità di forma, dimensione e distribuzione; altro)
  • Erborinatura (presente/assente, regolare o localizzata)
  • Struttura della pasta (vista e tatto)
  • Elementi di discontinuità (sfogliature, distacco ecc.)

Esame olfattivo, gustativo e tattile

  • Odori (descrittori e intensità)
  • Sapori (dolce, acido, amaro, salato e intensità)
  • Aromi (descrittori e intensità)
  • Sensazioni trigeminali (descrittori e intensità)
  • Struttura (intensità)
  • Persistenza gustativa (debole <3 sec.; media 10-15 sec; elevata > 30 sec)

2.5 – Formaggi a pasta molle

  • si può partire da latte crudo o pastorizzato
  • aggiunta di innesti o starter (in prevalenza lattoinnesto)
  • coagulazione presamica o acida: la struttura molle, adesiva, elastica è dovuta al tipo di coagulazione: spesso infatti si usa quella acida, e in alcuni casi il caglio vegetale, che ha funzione lipolitica e proteica elevate, facendo maturare il formaggio in minor tempo; si avranno formaggi più dolci, senza sensazioni trigeminali, spesso di dimensioni più piccole
  • rottura grossolana della cagliata (percentuale di acqua superiore al 45% rimane inglobata.)
  • non vengono effettuati trattamenti termici
  • stampi di piccole o medie dimensioni
  • in alcuni casi aggiunta di penicillum in caldaia per favorire lo sviluppo di muffe
  • la pasta molle e l’alta acidità non permettono una lunga maturazione: 30-40 giorni al massimo
  • la crosta è assente nei formaggi freschi; in quelli a breve stagionatura si presenta con un feltro fungino (crosta fiorita) o con una patina rossastra (crosta lavata, data di microorganismi favoriti dallavaggio con sale)

2.5.1 – Formaggi caprini

  • I globuli di grasso del latte caprino hanno dimensioni minori rispetto al latte di vacca, questo favorisce la lipolisi rendendolo più digeribile, ma comporta anche la minore resa in caseificazione e facilità di irrancidimento (quindi necessita di maturazioni più brevi).
  • La presenza superiore di acidi grassi a corta e media catena comporta odori e sapori più intensi.
  • coagulazione acido-lattica, con coagulo soffice e friabile. Nel caso in cui si voglia una cagliata più soda si aggiunge caglio liquido.
  • minore contenuto di sodio, quindi più adatto a chi soffre di ipertensione
  • la maturazione è assente per i caprini freschi, altrimenti maturazione di 5-10 giorni con rivoltamento delle forme e salatura in crosta
  • caprini italiani: uniche doc Robiola di Roccaverano e Formaggella del Luinense

2.6 – Formaggi a pasta dura e semidura

In generale:

  • si usano innesti batterici
  • sono formaggi che si prestano a stagionature medie e lunghe (3 mesi – 3 anni)
  • spesso si cosparge la crosta di olio o paraffina o si riveste di resine plastiche
  • durante la stagionatura si possono avere pratiche di concia

2.6.1 – Pasta semidura

  • struttura semidura e dura, mediamente elastica o rigida, a volte granulosa, con presenza di occhiature
  • umidità dal 38 al 44% nei semiduri e inferiore al 30% in quelli duri
  • maturazione media, medio-lunga o lunga
  • latte crudo o termizzato intero
  • coagulazione prevalentemente presamica
  • rottura della cagliata in dimensioni di nocciola
  • pasta crudo o semicotta a 45 gradi
  • stampi di medie dimensioni con frequenti rivoltamenti, in alcuni casi anche pressatura
  • salatura a secco o in salamoia

2.6.2 – Pasta dura

  • solitamente usato latte crudo e scremato
  • la coagulazione è prevalentemente presamica
  • si ottiene una cagliata consistente, rotta a chicco di riso
  • in alcuni casi si effettua cottura a 52 gradi (alta temperatura)
  • la salatura solitamente è a secco per le paste crude, mentre è in salamoia per le paste cotte, in modo da favorire una crosta spessa che aiuti nelle lunghe maturazioni

2.6.3 – Formaggi pecorini

  • il latte è di colore bianco per la minor presenza di beta carotene
  • ha maggiore consistenza di quello vaccino per la maggior presenza di grassi e proteine
  • ha maggiore resa in formaggio rispetto al latte vaccino e caprino
  • il latte non viene scremato
  • la coagulazione è spesso presamica (caglio di vitello o agnello o capretto)
  • nei formaggi a pasta cotta la rottura della cagliata è delle dimensioni di un chicco di riso, nei formaggi molli a quelle di nocciola

Pecorini italiani:

  • a pasta molle: Casciotta di Urbino, Murazzano
  • a pasta semidura e dura: Pecorino romano, Pecorino toscano, Piacentunu ennese, Canestrato pugliese

2.7 – Formaggi a pasta filata

La cagliata fusa (dopo la sua maturazione e demineralizzazione) viene lavorata con acqua bollente, che riduce la caseina in fili sottili e lunghi e diventa plastica.
L’operazione causa la perdita di molto grasso e siero, e il liquido di filatura diventa poi base del liquido di governo.
I formaggi freschi subiscono il solo trattamento termico della filatura, mentre i semiduri (es. scamorze) e duri (es. caciocavallo) subiscono cottura prima della filatura per ottenere un prodotto più  asciutto e conservabile

La classificazione è in funzione di:

  • origine del latte (vacca, bufala, pecora, misto)
  • contenuto di umidità (molli, semiduri, duri)
  • stagionatura (freschi, a breve stagionatura, stagionati)

Procedura di produzione:

  • acidificazione del latte
    ottenuta tramite l’aggiunta di colture, provoca la parziale demineralizzazione delle caseine favorendo la filatura
  • coagulazione (presamica)
  • rottura della cagliata
    grossolana per i formaggi freschi, più spinta per i prodotti da stagionatura
  • maturazione della cagliata
    vengono sottratti ioni di calcio alla cagliata, causando la demineralizzazione della pasta, che diventa più plasmabile
  • filatura
    la pasta viene sminuzzata e fusa con acqua ad alta temperatura.
    Se la cagliata è troppo matura si ottengono prodotti a bassa consistenza, se è poco matura prodotti duri e gommosi
  • modellatura e raffreddamento
    per mantenere la forma è necessario un rapido raffreddamento
  • salatura
    per formaggi stagionati, si procede in salamoia, per i formaggi freschi si aggiunge acqua salata alla cagliata
  • stagionatura

Paste filate italiane: Mozzarella di bufala campana, Caciocavallo silano, Provolone della Val Padana

2.9 – Cultura e normativa casearia

2.9.1 – Classificazione dei formaggi

  • In base al tipo di latte, formaggi di latte:
  • vaccino
  • pecorino
  • caprino
  • bufalino
  • misti
  • In base al trattamento termico del latte, formaggi a latte:
  • crudo:
    il latte non è stato pastorizzato, la microflora batterica è mantenuta inalterata. Solitamente subisce la cottura della pasta. Esempio: Parmigiano reggiano, grana padano
  • pastorizzato:
    il latte è portato a 72 gradi per 15 secondi. E’ necessaria l’addizione di innesti o starter. Trattamento solito nei formaggi freschi o molli. Es. il Gorgonzola
  • In base al contenuto di grassi, formaggi
  • grassi:
    il contenuto di grassi è superiore al 42%, sono prodotti con latte intero. Es. Dolomiti, Casolet, Gorgonzola
  • semigrassi:
    grassi tra 20% e 42%, ottenuti da latte parzialmente scremato. Es. Asiago
  • magri:
    grassi inferiori al 20%. Vengono sottoposti a ulteriore scrematura durante la lavorazione. Spesso sono latticini e non formaggi es. ricotta
  • In base alla consistenza della pasta, formaggi a pasta:
  • molle:
    la rottura è delle dimensioni di una noce, il contenuto di acqua è tra 45% e 70%. La cagliata non è stata sottoposta a pressione o riscaldamento.
    Di norma hanno brevissima stagionatura. Es. Gorgonzola
  • semidura:
    i frammenti sono delle dimensioni di una oliva, il contenuto di acqua è tra 35% e 45%. Es. Pecorino toscano, Bra
  • dura:
    i frammenti sono della dimensione di un chicco di riso, il contenuto di acqua è tra 30% e 40%, in genere hanno stagionatura lenta. Es. Grana
  • In base alla temperatura di lavorazione della pasta, formaggi a pasta
  • cruda:
    la cagliata non è stata sottoposta a cottura o riscaldamento. Es. Robiola, Taleggio
  • semicotta:
    la cagliata è stata riscaldata a circa 48 gradi. Es fontina
  • cotta:
    la cagliata è stata riscaldata tra 48 e 56  gradi. Es. Montasio, Piave, Bitto
  • In base al processo di lavorazione della pasta, formaggi a pasta
  • erborinata
  • filata:
    Possono essere molli, semiduri (scamorza) o duri (caciocavallo, provolone)
  • pressata
  • fusa
  • In base al tipo di crosta, formaggi a crosta:
  • fiorita
  • lavata
  • affumicati
  • Il primo intervento legislativo è del 1925, che definisce cosa è il formaggio: “prodotto che si ricava dal latte intero, parzialmente o totalmente scremato, oppure dalla crema, in seguito a coagulazione presamica o acida, anche facendo uso di fermenti e sale da cucina”; (la definizione è ancora valida)
  • Nel 1954 viene redatta la legge di Tutela delle denominazioni di origine e tipiche dei formaggi
  • Nel 1955  viene pubblicata la legge che riporta i metodi di lavorazione, le caratteristiche merceologiche e le zone di produzione dei formaggi
  • Nel 1992 viene emanato il regolamento CEE riguardanti DOP e IGP: i prodotti devono sottostare ad un disciplinare
  • Nel 2006 la CE aggiorna i regolamenti su:
    • Indicazioni Geografiche (IGP):la produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata
    • Denominazione di Origine (DOP): produzione, trasformazione ed elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata
    • Per beneficiare della DOP o IGP il prodotto deve essere conforme ad un disciplinare, del quale deve essere verificato il rispetto da parte di un organismo di controllo riconosciuto dal ministero, approvato dalla Commissione Europea
    • Il Consorzio di tutela è un ente di produttori, allevatori, affinatori, trasformatori ed altri interessati allo sviluppo della DOP/IGT/STG, che svolge attività di consulenza, elaborazione del disciplinare, programmazione quali-quantitativa, collaborazione sulla vigilanza e promozione della denominazione.
      Il consorzio tutela il prodotto (difendendolo, migliorandolo e promuovendolo), il consumatore (controllando la conformità al disciplinare, vigilando sul corretto uso dei marchi e informando) ed è titolare del marchio
  • legge vigente: 1151/ 2012: DOP (marchio rosso) – IGP (marchio blu) – STG

2.9.2 – DOP e IGP

Le singole denominazioni hanno tutela nazionale

Il marchio può essere:

  • privato / aziendale
  • collettivo (concesso al consorzio con rispetto di un disciplinare)
    • di origine: contraddistingue il prodotto conforme al disciplinare e può designare delle tipologie (es. duro – tenero)
    • di selezione: indica una particolarità (es. stagionatura)
  • DOP
    Concesso a prodotti agroalimentari le cui caratteristiche dipendono in tutto o in parte dall’ambiente geografico in cui sono prodotti. Tutte le fasi di produzione devono avvenire in quell’area
  • IGP
    Concesso a prodotti agroalimentari che posseggono qualità o caratteristiche determinate dall’origine geografica. Almeno una delle fasi produttive deve avvenire nell’area geografica
  • STG
    Specialità tradizionale garantita: specificità legata al metodo di produzione o alla composizione di una zona, ma possono non essere prodotti in tale zona. Il prodotto deve essere sul mercato comunitario da almeno 30 anni (es. pizza e mozzarella)

Le denominazioni divenute generiche non possono essere registrate, es. alcuni nomi di prodotto collegati al luogo di produzione divenuti nome comune di prodotto agricolo o alimentare della comunità

2.9.3 – Formaggi DOP Italia

  • Vaccini:
    Asiago
    Caciocavallo silano
    Castelmagno
    Casciotta di Urbino
    Grana Padano
    Gorgonzola
    Montasio
    Fontina
    Parmigiano reggiano
    Piave
    Raschera
    Taleggio
  • Caprini
    Bitto (vacca, capra)
    Bra (vacca, capra, pecora)
  • Ovini
    Pecorino toscano
    Pecorino sardo
    Pecorino romano
    Bra (vacca, capra, pecora)

2.10 – Utilizzazione e abbinamenti

Normalmente si servono al massimo sei porzioni da 30 grammi ciascuna (190 gr)

Si identificano:

  • vassoi in base al latte: 2 caprini, 2 vaccini-pecorini, un erborinato
  • vassoi in base alla pasta: 2 formaggi a pasta cruda, 2 cotta, 2 filata; oppure molle, semidura e dura
  • vassoi a tema specifico: tutti i formaggi dello stesso latte, oppure della stessa stagionatura o tipologia
  • vassoi in verticale: diverse stagionature dello stesso formaggio
  • vassoi dei formaggi freschi: alcuni formaggi molto freschi e delicati sono adatti ad inizio pasto

2.10.1 – Presentazione

si parte sempre dal più fresco, terminando con gli erborinati. Al centro un frutto o una composta

Taglio:

  • prodotti molto freschi, con pasta molle e cremosa vanno prelevati con un cucchiaio
  • prodotti a pasta molle e delicata: si usa il filo metallico
  • formaggi a pasta morbida e asciutta: coltelli lunghi, sottili e stretti, magari a lama ribassata
  • formaggi a pasta dura e asciutta: lame larghe e spesse
  • formaggi con forme molto grandi: coltelli a lama lunga e con doppio manico
  • parmigiano reggiano, grana, pecorini stagionati: coltellini che non tagliano ma spaccano

Porzionatura:

  • caciottella di piccole dimensioni (es. robiola): taglio a spicchi
  • forma cilindrica (Es. fontina): prima divisa a metà lungo il diametro e poi a fette, ogni fetta poi ridotta in porzioni
  • forme parallelepipede a faccia quadrata o rettangolare (Es. taleggio): fette parallelepipede poi porzionate con alla base la crosta
  • formaggio molle a forma di torta bassa e larga (es. brie): prima diviso in quattro e poi da ciascun quarto si porziona una serie esterna con lo scalzo e una interna
  • forme alte e cilindrche: prima divise longitudinalmente in due cilindri e poi a spicchi
  • forme a pera: a spicchi

2.10.2 – Conservazione

  • Latticini e formaggi freschi: in frigo, nella zona a 6-8 gradi, avvolti da carta alimentare ed eventualmente posti in contenitore plastico. Le mozzarelle e il fior di latte vanno conservati nel liquido di governo
  • Formaggi molli: nella carta alimentare, in contenitori in plastica e in frigo
  • Formaggi a crosta lavata ed erborinati: nella carta alimentare, chiusi in contenitore ermetico e poi in frigo
  • Formaggi a crosta fiorita: non sopportano di essere avvolti nella carta, vanno conservati in legno o cartone e messi in frigo per pochi giorni
  • Formaggi semiduri e duri: temono il freddo che indurisce la pasta. Vanno conservati a 12-14 gradi, in luogo umido e avvolti nella canapa

2.10.3 – Abbinamento con il vino

L’intensità gustativa è alla base dell’abbinamento: l’intensità del formaggio ci suggerisce la struttura del vino. Visto che spesso il plateau di formaggi arriva a fine pasto, quando a tavola è presente il vino più importante, è meglio proporre formaggi di impatto gustativo notevole (es. pecorini e caprini stagionati, paste dure invecchiate, erborinati).

  • Un vino bianco leggero e delicato si abbina ad un formaggio giovane e giovane
  • un vino rosso giovane e fruttato con un formaggio di media stagionatura.
  • Un vino rosso importante e complesso richiede formaggi di lunga maturazione.
  • Gli erborinati, che presentano elevate succulenza indotta, sapidità e persistenza gustativa, magari una leggera tendenza amarognola e piccantezza, non sono bilanciati dalla sola morbidezza, quindi richiedono vini passiti o da uve surmature

Metodo Mercadini:

Caratteristiche del cibo Caratteristiche del vino
Succulenza (liquidi in bocca)

Untuosità (olio grassi fusi)Alcolicità

TannicitàGrassezza (pastosità e patisosità in bocca)

Tendenza dolce (sfumata dolcezza: ortaggi, pasta, formaggi…)Sapidità

Acidità

EffervescenzaSapidità (presenza di sale)

Tendenza amarognola (alcuni formaggi, grigliature)

Tendenza acida (freschezza, es caprini giovani)MorbidezzaPersistenza gusto-olfattiva

Speziatura (uso delle spezie)

Aromaticità (formaggi stagionati)Intensità gusto-olfattiva

PAI (persistenza aromatica intensa)

Articoli correlati: