La relatività dei giudizi

Solo un accenno, poiché ho intenzione di parlare dell’argomento in maniera più estesa e razionale in qualche altro post: in questi mesi estivi ho avuto ulteriore conferma della mia teoria sulla bassissima affidabilità relativa a qualsiasi giudizio sui vini basato sulla semplice bevuta di una bottiglia.

lenza_doquetIn sostanza, ho assaggiato due bottiglie e poi le ho ri-bevute nel giro di tre settimane o un mese circa. Stessi lotti di produzione, stessi rivenditori (quindi eguali condizioni di conservazione).

Il risultato è sorprendente: in entrambi i casi al primo giro ho trovato vini notevolissimi, eleganti, pieni, complessi, di buona lunghezza, mentre al secondo test ho invece rilevato alcune disarmonie e finali amari.

Che dovrei fare? Acquistare un terzo campione? Francamente per chi, come me, non assaggia per professione, i due passaggi (perdipiù trattandosi di prodotti non proprio economici) sono abbondantemente sufficienti.
Certo, mi piacerebbe capire se sono stato fortunato nel primo caso o sfortunato nel secondo.

Per la cronaca, i vini erano:

Denominazione: Champagne
Vino: Premier Cru Blanc de Blancs
Azienda: Pascal Doquet
Anno: –
Prezzo: 38 euro
Denominazione: Franciacorta
Vino: Cremant
Azienda: Lenza
Anno: –
Prezzo: 25 euro

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Tecnica di abbinamento cibo – vino: il Metodo Mercadini

Era un tassello che mancava dalla serie degli appunti di preparazione all’esame: in realtà avevo i miei pizzini in disordinata forma di magma scoordinato e non ho mai trovato la voglia di metterci mano per plasmarli  in maniera umanamente presentabile.
Però, visto che le pagine relative all’esame sono costantemente le più visitate, ho capito che era il momento di farsi sotto.

Per quanto abbia dubbi sulla presunta scientificità del metodo Mercadini sull’abbinamento cibo-vino, se si vuole superare l’esame AIS di terzo livello non ci sono discussioni: occorre studiare questa tecnica che è un po’ la summa di tutto quanto appreso nel corso.
Proprio perché il metodo Mercadini è il punto di arrivo di tutto il piano di studi, è perfettamente inutile approcciarlo senza avere ben digerita la tecnica di degustazione del vino (e mandate a memoria le relative scalette…): senza questo prerequisito non se ne viene a capo.

Dunque iniziamo, ma non senza aver ribadito le avvertenze del caso:
“il materiale è tratto dai testi AIS e integrato da qualche mia ricerca. Pur avendo cercato di applicare la massima cura, non mi assumo responsabilità in caso di errori.

Si tratta appunto di riassunti con integrazioni ed elaborazioni, ma sono ovviamente pronto ad eliminare il materiale se coloro che hanno redatto i testi si sentissero in qualche modo usurpati dei loro diritti di copyright.

Se trovate imprecisioni sarei felice della segnalazione, in modo da poter correggere.”

Ulteriore avvertenza: i miei riassunti precedenti coprivano tutto il contenuto dei testi AIS, integrato da altre fonti.
In questo caso non ho trovato fonti di livello adeguato se non il classico testo AIS “Il cibo e il vino”.
Di questo libro ho totalmente omesso la seconda parte del libro, quella che tratta in dettaglio esclusivamente le caratteristiche degli alimenti; il motivo è semplice: le informazioni sono moltissime ed espresse in modo sintetico e spesso caotico, e un riassunto non potrebbe che peggiorarne la comprensibilità.


Il primo passo è quello di ricapitolare alcuni concetti di base riguardanti l’assaggio del vino.

Ricordiamo l’effetto della temperatura sulla percezione dei vini:

  • l’aumento della temperatura intensifica la dolcezza e la morbidezza, e diminuisce l’amaro e il salato. L’anidiride carbonica diventa più fastidiosa.
  • l’abbassamento della temperatura diminuisce la percezione dei profumi e intensifica amaro, sapidità e tannicità (e quindi l’astringenza), diminuisce la dolcezza e la morbidezza (e la sensazione di alcolicità). La sensazione di acidità resta invariata, ma diventa più gradevole.

Quindi è il momento di tornare sull’effetto della anidiride carbonica, che esalta i profumi, determina la pungenza, rafforza acidità e astringenza, e attenua dolcezza e morbidezza.

Ai fini della tecnica di abbinamento, le sensazioni saporifere del vino che prenderemo in considerazione sono una parte di quelle studiate durante le lezioni sulla degustazione del vino, e vengono espresse con una scala di punteggio da 0 a 10:

  • Dolcezza: da 0 a 2 (Secco), da 2 a 4 (Abboccato), da 4 a 6 (Amabile), da 6 a 8 (Dolce), da 8 a 10 (Stucchevole)
  • Alcolicità: da 0 a 2 (Leggero),  da 2 a 4 (Poco caldo), da 4 a 6 (Abbastanza caldo), da 6 a 8 (Caldo), da 8 a 10 (Alcolico)
  • Morbidezza: da 0 a 2 (Spigoloso),  da 2 a 4 (Poco morbido), da 4 a 6 (Abbastanza morbido), da 6 a 8 (Morbido), da 8 a 10 (Pastoso)
  • Acidità: da 0 a 2 (Piatto),  da 2 a 4 (Poco fresco), da 4 a 6 (Abbastanza fresco), da 6 a 8 (Fresco), da 8 a 10 (Acidulo)
  • Tannicità: da 0 a 2 (Molle),  da 2 a 4 (Poco tannico), da 4 a 6 (Abbastanza tannico), da 6 a 8 (Tannico), da 8 a 10 (Astringente)
  • Sapidità: da 0 a 2 (Scipito),  da 2 a 4 (Poco sapido), da 4 a 6 (Abbastanza sapido), da 6 a 8 (Sapido), da 8 a 10 (Salato)
  • Effervescenza:
  • Intensità
  • PAI
  • Corpo: la scala di valutazione non considera i giudizi Magro e Pesante, e assegna alle i punteggi da 1 a 4 (Debole), da 4 a 7 (Di corpo) e da 7 a 10 (Robusto)

Iniziamo ora ad affrontare alcuni concetti nuovi, parlando finalmente di cibo.

Occorre precisare che l’effetto sensoriale della degustazione di un cibo non può essere definito a priori, ma cambia in funzione della preparazione: bisogna assaggiare!

Ricapitoliamo i ben noti sapori fondamentali, che sono percepiti da tutte le papille gustative (la famigerata “mappa dei sapori” è stata abbondantemente smentita, semplicemente alcune zone della lingua e della bocca hanno lievi differenze nella soglia di percezione): dolce, salato, acido, amaro.

Analogamente a quanto accade con il vino, analizzeremo il cibo in tre fasi: esame visivo, olfattivo, gusto-olfattivo.

  • Esame visivo

    La valutazione avviene su di una scala da 1 a 10, dove il punteggio da 1 a 4 corrisponde al giudizio Insufficiente, quello da 4 a 7 al giudizio Accettabile, e quello da 7 a 10 al giudizio Invitante.
    Gli elementi presi in considerazione dall’esame sono:

    • Aspetto
    • Presentazione

 

Aspetto FASCE DI VALUTAZIONE Livelli di percezione
Insufficiente 1-2-3-4
Presentazione Accettabile 4-5-6-7
Invitante 7-8-9-10

 

  • Esame olfattivo

    La scala di valutazione è la medesima dell’esame visivo.
    Gli elementi presi in considerazione dall’esame sono:

    • Franchezza
    • Armonia
    • Intensità
    • Qualità

 

Franchezza FASCE DI VALUTAZIONE Livelli di percezione
Armonia Insufficiente 1-2-3-4
Intensità Accettabile 4-5-6-7
Qualità Invitante 7-8-9-10

 

  • Esame gusto-olfattivo

    Individua le sensazioni saporifere, tattili e gusto-olfattive. La scala di valutazione prevede un punteggio da 0 a 10, dove i valori da 0 a 2 corrispondono al giudizio Impercettibile, da 2 a 4 a Poco percettibile, da 4 a 6 Abbastanza percettibile, da 6 a 8 a Percettibile, da 8 a 10 a Molto percettibile.
    Gli elementi presi in considerazione sono suddivisi in sensazioni morbide e sensazioni dure.

    • Sensazioni morbide:

      • Dolcezza: intesa come aggiunta di zucchero alla preparazione. E’ tipica dei dessert
      • Tendenza dolce: da non confondere con la dolcezza. Assomiglia alla dolcezza ma è più vicina all’insipido. E’ tipica di alimenti con amidi e carboidrati, ad esempio pane, carne, patate, pasta, latte, carote, zucchine, gamberi, legumi, polenta
      • Grassezza: è una sensazione tattile e si riferisce a grassi solidi. Porta a pastosità in bocca e ad una patina sulla lingua. I grassi solidi si stemperano in bocca diventando soffici e cremosi. Ad esempio l’uovo sodo, formaggi, zampone e cotechino, burro, lardo, cioccolato. Il burro prima della fusione lascia sensazione di grassezza, ma dopo la fusione ha netta sensazione di untuosità.
      • Untuosità: è una sensazione tattile percepita come scivolosità in tutta la bocca (lungua, palato, mucosa) che avvolge e rende la lingua velata. Si riferisce ad oli o grassi fusi.
      • Succulenza: è una sensazione tattile percepita in tutta la bocca, e si riferisce alla presenza di liquidi. Può essere:
        • Intrinseca: quindi provocata da liquidi presenti nell’alimento, ad esempio filetto o mozzarella
        • Indotta: cibi poveri di acqua o succhi causano salivazione durante la masticazione o dopo la deglutizione, ad esempio grissini, formaggi stagionati
        • Causata da addizione di liquidi: come zuppe, brasati
    • Sensazioni dure

      • Sapidità: è la sensazione di sale aggiunto prima o dopo la cottura o durante la stagionatura, e aumenta con il glutammato. Esempi: formaggi e salumi, baccalà.
      • Tendenza amarognola: può essere causata da alimenti che la possiedono intrinsecamente, come il radicchio, i carciofi o il fegato, oppure essere indotta dalla metodologia di preparazione, ad esempio la cottura alla griglia o alla brace. Può esistere anche in alcuni dolci al caffè o al cioccolato fondente. Può essere causata anche dalla abbondante speziatura.
      • Tendenza acida: è causata dalla presenza di sostanze acide, come la aggiunta di aceto, limone, marinature, salsa di pomodoro. E’ presente nei derivati del latte.

 

SENSAZIONE FASCE DI VALUTAZIONE Livelli di percezione
Sapidità Impercettibile 0-1-2
Tendenza amarognola
Tendenza acide Poco percettibile 2-3-4
Dolcezza
Tendenza dolce Abbastanza percettibile 4-5-6
Grassezza
Untuosità Percettibile 6-7-8
Succulenza
Speziatura Molto percettibile 8-9-10
Aromaticità

 

  • Speziatura: è una sensazione gusto-olfattiva pungente o dolce causata dalla aggiunta di spezie ed erbe aromatiche. Può anche causare tendenza amarognola o piccantezza. Esempi: speck, mortadella, riso allo zafferano, panforte, strudel con cannella, salumi.
  • Aromaticità: è una sensazione gusto-olfattiva che caratterizza il profilo sensoriale di un cibo.  Tutti i cibi hanno un sapore particolare, più o meno intenso, indipendente dai quattro sapori fondamentali. Può essere naturale o influenzata dall’olio o da erbe aromatiche
  • Persistenza: alcuni cibi, dopo la deglutizione, lasciano a lungo una serie di sensazioni saporifere, tattili, gusto-olfattive. Esempi di cibi con lunga persistenza sono il gorgonzola e la carne di cervo, esempi con breve persistenza il salmone al forno e la torta paradiso.
  •  Struttura: riassume la complessità delle sensazioni, più un alimento e una preparazione sono ricchi di sensazioni intense, più il piatto è strutturato.
    Può essere propria di singoli alimenti (ad esempio un salume speziato e/o affumicato ha una struttura notevole) o di preparazioni. Un esempio di cibo poco strutturato [ il riso in bianco.
  • Equilibrio gusto-olfattivo: le sensazioni indotte dal cibo devono creare un amalgama piacevole, senza che nessuna di esse sia eccessiva o scarsa, ad esempio un piatto troppo salato o insipido.
  • Armonia: sintesi finale su quanto valutato con gli esami visivo, olfattivo, gusto-olfattivo. Può essere propria di piatti semplici o complessi

 

Fasce di valutazione Livelli di percezione
Struttura Poco strutturato 1-2-3-4
Abbastanza strutturato 4-5-6-7
Strutturato 7-8-9-10
Equilibrio Poco equilibrato 1-2-3-4
Abbastanza equilibrato 4-5-6-7
Equilibrato 7-8-9-10
Armonia Poco Armonico 1-2-3-4
Abbastanza armonico 4-5-6-7
Armonico 7-8-9-10

E’ arrivato il momento di mettere assieme le percezioni che abbiamo ricevuto dall’assaggio del vino e dal cibo per valutare un abbinamento.
Il concetto fondamentale del metodo Mercadini è che, per avere armonia di abbinamento, ogni caratteristica del vino deve contrapporsi o concordare con una specifica caratteristica del cibo con una intensità confrontabile.

La maggior parte delle sensazioni percepite in un cibo richiedono nel vino la sensazione opposta; solo in alcuni casi (limitati alla dolcezza, struttura, intensità e persistenza gusto-olfattiva del vino), l’abbinamento si basa sul principio della concordanza.

  • Abbinamento per contrapposizione:
    • sapidità, tendenza amarognola, tendenza acida del cibo causano in bocca una certa aggressività, da smorzare con la morbidezza del vino. La morbidezza del vino attenua anche la piccantezza del cibo
    • tendenza dolce, grassezza, untuosità e succulenza del cibo devono essere bilanciate dalle durezze del vino.
      La tendenza dolce deve essere ravvivata dalla freschezza di un vino dotato di buona acidità.
      La grassezza si percepisce come patinosità in bocca e viene contrastata da sapidità del vino.
      (In una certa misura acidità, sapidità ed effervescenza sono intercambiabili)
      L’untuosità causa scivolosità in bocca ed è contrastata dalla ruvidità del tannino.
      La succulenza (legata a liquidi o succhi in bocca) è contrastata dalla alcolicità del vino, che disidrata.
      (In una certa misura, alcolicità e tannicità sono intercambiabili)
  • Abbinamento per concordanza:
    • la dolcezza del cibo richiede dolcezza del vino, altrimenti prevalgono note sapide e amarognole in modo sgraziato
    • la struttura di cibo (varietà, complessità e intensità) richiede vini di buon corpo
    • cibi di grande aromaticità e/o speziatura creano un forte impatto gustativo e il vino per non essere schiacciato deve possedere adeguata intensità gusto-olfattiva
    • cibi con persistenza che sfuma molto lentamente richiedono vini con PAI altrettanto importante

 

Descriviamo la scheda di abbinamento:

  • mercadiniè formata da 10 circonferenze concentriche, corrispondenti ai diversi livelli di percezione. Il centro corrisponde ad impercettibiltà (0) e la circonferenza più esterna al massimo di percettibilità (10)
  • dal centro partono delle rette
  • I termini del vino sono MAIUSCOLI e le rette corrispondenti sono parallele
  • I termini del cibo sono minuscoli,  le rette sono divergenti e riportano i numeri corrispondenti alla percettibilità
  • in alto sul lato sinistro e destro troviamo le morbidezze del cibo (Tendenza dolce e Grassezza a sinistra, Succulenza e Untuosità a destra)
  • In basso, sul lato sinistro e destro le sensazioni contrapposte del vino, quindi le sue durezze (ALCOLICITA’ e TANNICITA’ a sinistra, ACIDITA’, EFFERVESCENZA e SAPIDITA’ a destra)
  • In basso a sinistra troviamo le durezze del cibo (Sapidità, Tendenza amarognola, Tendenza acida)
  • In alto a sinistra la sensazione contrapposta del vino (Morbidezza)
  • Sempre in basso a sinistra troviamo la dolcezza del cibo (Dolcezza)
  • In alto a sinistra la sensazione concordante del vino (Dolcezza)
  • In basso a destra troviamo Persistenza, Speziatura, Aromaticità del cibo
  • In alto a destra, per concordanza, PAI e intensità del vino
  • A margine, sotto: Struttura del cibo e Corpo del vino e Armonia dell’abbinamento
  • Le sensazioni poste a sinistra e a destra godono di una certa intercambiabilità:
    • Acidità, Sapidità ed Effervescenza del vino nei confronti di Tendenza dolce
    • Grassezza del cibo, Alcolicità e Tannicità del vino nei confronti di Succulenza e Untuosità del cibo.
  • Le sensazioni verticali hanno corrispondenza assoluta:
    • le durezze del cibo (Sapidità, Tendenza amarognola, Tendenza acida) si contrappongono solo alla Morbidezza del vino
    • la Dolcezza del cibo si abbina solo alla Dolcezza del vino
    • Aromaticità e Speziatura del cibo si abbinano solo alla Intensità del vino
    • la Persistenza del cibo si abbina solo alla PAI del vino

 

La compilazione della scheda

Il primo passo è il riconoscimento delle sensazioni percepite nel cibo e nel vino, poi la valutazione dell’intevallo di percettibilità di ogni sensazione. Se sono percettibili più sensazioni poste in corrispondenza di una stessa retta, si deve indicare la sensazione prevalente.
I valori vanno riportati sulle rispettive rette nei punti di intersezione con la circonferenza corrispondente al livello di percettibilità.
I segmenti che uniscono portano alla costruzione di due poligoni, uno per il vino e uno per il cibo, corrispondenti ai rispettivi profili sensoriali.

Per poter ottenere una figura significativa è importante valutare almeno tre sensazioni del vino e tre del cibo
Successivamente si indicano i livelli di percezione della struttura di cibo e corpo del vino.
Compilata la scheda si esprime un giudizio sulla armonia dell’abbinamento.

L’osservazione del grafico parte dalla valutazione della ampiezza dei poligoni: se quello del cibo ha superficie ridotta e pochi vertici (o perlomeno non troppo pronunciati) si tratta di un cibo poco strutturato; se al contrario ha superficie ampia, con molti vertici pronunciati, il cibo è strutturato.
Se i poligoni sono abbastanza simili tra loro l’abbinamento è armonico

 

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Le stelle sono tante…

Non portando Onassis come cognome (e neppure Sacco, se per questo) non è purtroppo mio costume quotidiano mettere le gambe sotto al tavolo di ristoranti stellati; d’altro canto mi sono reso conto (soprattutto il mio allarmato portafogli lo ha fatto) di non riuscire più a tollerare le cene in pizzerie che propongono a poco meno di 10 euro dischi di pasta mal lievitata e condita da improponibili surrogati di mozzarella, o trattorie “che mi ha detto un amico che con 25 euro è tutto genuino e ti danno certi piattoni…”.

Ecco, senza voler per forza essere snob, ho detto basta.
Da qualche tempo ho deciso che se baratto euro per roba edibile lo faccio solo per entrare in locali che mi promettono una certa qualità e soprattutto per vivere un esperienza non replicabile neppure sommariamente tra i fornelli di casa mia. Magari ne posso restare deluso ma perlomeno ho avuto una aspettativa di qualcosa di “alto” e di diverso.

Dunque dicevo: non discendendo da stirpe di armatori o petrolieri e non avendo antenati parlamentari, questa mia perversione gastronomica devo centellinarla, ma i casi della vita mi hanno portato in questi ultimi sei mesi circa a varcare l’ingresso, tra gli altri, di un tristellato, un bistellato e due monostellati, ricevendone impressioni radicalmente differenti.

Non voglio fare recensioni, non ne sarei in grado causa desuetudine a deschi così importanti e deficienza di un lessico appropriato alla descrizione di sapori e impiattamenti; soprattutto, per mio convinto imbarazzo, non ho provveduto alla ormai obbligatoria documentazione fotografica professionale delle portate. Mi limito quindi a qualche schizzo di impressione, a cercare di capire cosa mi è rimasto dopo queste visite.

Piazza Duomo
Ristorante Piazza Duomo: foto dal sito

Prima tappa per un menu che mai mi sarei potuto permettere se non non grazie ad un regalo: Piazza Duomo ad Alba.
Che avesse ragione il buon (ex-)Cavaliere? Ma quale crisi: prenotare in un ristorante che propone degustazioni da circa 200 euro a cranio, vini esclusi, richiede circa un mese di preavviso, e la prima cosa si nota dopo l’ingresso è che molta della clientela è palesemente composta da abituè…
Curioso che in una cittadina così distinta e caratteristica, un locale di questo livello, posizionato proprio nel centro del centro storico, abbia accesso da un portoncino anonimo in un vicoletto, e che la sala sia certo elegante ma tutto sommato neppure troppo.
Nei piatti ho trovato una cucina che definirei postmoderna per come decisamente abbandona i crismi della tradizione cui siamo assuefatti: il minimalismo impera, e ad esempio l’uso costante delle verdure di stagione, proposte in mille maniere e mille famiglie a me sconosciute, denota certo una ricerca quasi maniacale, esasperante, ma talvolta anche la mancanza di goduriosità al palato. E’ una cucina concettuale, che richiede concentrazione per registrare sapori minuti, sfumature, tocchi leggerissimi.
Perfetta la gestione dei tempi, giustamente formale ma non eccessivamente ingessato il servizio: non ci si sente a disagio.
Non la definirei una cena, piuttosto una esperienza interessante ma non appagante nel senso più sensuale del termine: temo sarebbe forse necessario ripeterla più volte per ambientarsi nel mondo sensoriale ideato da Enrico Crippa, peccato non poterlo fare.

Ristorante San Marco: foto da TripAdvisor

Seconda tappa poco distante: ristorante San Marco.
Solo trenta chilometri separano Alba da Canelli, ma sembra di aver attraversato continenti nello spazio e qualche era nel tempo: qui la sala con i quadri, il caminetto, gli infissi in legno e gli scaffali delle bottiglie racconta un approccio ben diverso alla tradizione, e lo stesso accade con un rassicurante menu dai piedi saldamente poggiati nella ritualità piemontese.
Che dire: la cantina è ben fornita a ricarichi umani, la signora Mariuccia (persino il nome della chef racconta un Italia semplice e concreta) passa in sala con grande amichevolezza a proporre un bis di quel che si è preferito e i prezzi sono abbordabili. In sostanza si mangiano bene piatti appunto della tradizione (ad esempio degli straordinari tajarin 40 tuorli) ingentiliti ed elegantizzati quel tanto che basta per rendere onore alla stella.
Un appunto: la mia seconda visita è casualmente coincisa con la festività cittadina dell’assedio di Canelli, e l’ovvio affollamento nel locale ha causato qualche sbavatura nei piatti che non avevo riscontrato la prima volta. Tenetene conto.

Ristorante L’Imbuto: foto da Luccamuseum.com

Per la terza tappa scendiamo lungo lo stivale fino a Lucca, destinazione l’Imbuto di Cristiano Tomei, chef noto per varie apparizioni televisive dalle quali trasudano innata simpatia e verve comunicativa.
Se a Canelli avevamo fatto ritorno nella tradizione, qui viriamo decisamente nella modernità spinta a cominciare dalla formula: il ristorante è ospite nelle sale di un museo di Arte Contemporanea e non ha neppure un insegna all’esterno; si mangia dunque nelle salette del museo, con una mise en place e un servizio piacevolmente informali.
Ma soprattutto il ristorante non ha un menu: ci sono quattro proposte “al buio” con un diverso numero di portate che lasciano carta bianca alla fantasia totale dell’autodidatta Tomei.
Ne risulta una sarabanda di portate in cui si sovverte ogni schema classico, che alterna picchi altissimi (la bistecca primitiva e uno strampalato creme caramel di fegatini di pollo e salsa di soia) e discese rovinose (uno spaghetto con salsa di albicocca) e che assomiglia ad un cuoco un po’ cazzaro che gioca, sporcandosi le mani modificando, pasticciando, inventando, distruggendo, che talvolta esagera persino prendendoci un po’ in giro ma talvolta (forse suo malgrado) ci regala sensazioni sorprendentemente intensissime e parimenti piacevoli. Di sicuro non ci si annoia, anzi ci si diverte, aiutati anche da un prezzo non improponibile; certo, resta la curiosità di capire cosa potrebbe accadere se Tomei rallentasse per cercare di mettere a punto un menu consolidato e (più o meno) “stabile”.
Carta dei vini a prezzi corretti ma un po’ risicata.

Ristorante Uliassi: foto da TripAdvisor

Ultima fermata a Senigallia, dove, come credo tutti, sono attanagliato dall’imbarazzo della scelta: Uliassi o Cedroni?
Decido non con la monetina ma con la pancia: leggo i menu, ricordo le apparizioni tv, clicco i blog e i siti di settore ma resto sempre in bilico. Il colpo di grazia me lo regala una serie di video sponsorizzati su YouTube nei quali Cedroni presenta qualche ricetta e si piega a raccomandare un certo gas come ingrediente fondamentale a chilometro zero: credo ci sia un limite alle panzane che posso digerire e la decisione è presa.
Seriamente: se potrò, sarò felice di provare una cena alla Madonnina del Pescatore, ma mai sono stato più contento di un scelta: l’esperienza da Uliassi è stata connotata da una sequenza spettacolare di portate, un meccanismo perfetto che ha alternato alla naturale preponderanza dei piatti di mare un paio di incursioni nella carne (e mi resta l’acquolina in bocca, pensando a cosa debba essere il menu di cacciagione).
Soprattutto, Uliassi è riuscito a porgermi il sacro Graal che avevo mancato da Crippa: il bilanciamento tra innovazione e ricerca e  l’immediata e massima comprensibilità e piacevolezza del piatto.
Ricordo distintamente i fusilloni ai ricci di mare o la ricciola alla puttanesca o ancora delle cannocchie stellari, ma tutta la cena è stata un unico zenith, di certo la migliore della mia vita, una esperienza resa ancora più piacevole dalla ambientazione in una struttura in riva al mare semplice ma elegante e da un servizio cordialissimo, orchestrato con bella leggerezza dalla sorella di Mauro, Katia.
Bella carta dei vini, con ricarichi per nulla eccessivi.

Esco da questa serie di cene con alcune certezze: la prima è che mangiare bene costa tanto. Troppo. E il dramma è che dopo essersi seduti in ristoranti di questo calibro diventa arduo godere in locali di pretese inferiori.
La seconda, è che in tutti i casi ho assistito ad organizzazioni di gran livello, con una regia che mai mi ha fatto attendere per ore un piatto o ha dimenticato una portata o ha lasciato spazio a disguidi.
La terza è che i vari menu degustazione sono ben calibrati e anzi, talvolta persino troppo abbondanti, e da queste mense mai si esce con la fame come paventato dalle recensioni di legioni di mangioni inveterati: cari amici di TripAdvisor, ma che ve magnate a casa???

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Ri-tentar non nuoce: torna un festival birrario a Genova

Francamente non avrei mai pensato che qualcuno avrebbe mai avuto il coraggio di ritentare: dopo il flop storico del IBF Genova (e il mezzo flop di Birre al Parco) torna un festival di birra in città.

Non contando le varie manifestazioni organizzate (male) da distributori e locali, ormai da anni la scena birraria genovese ha subito varie fasi di trasformazioni; si partiva da basi pionieristiche magari piccole ma solide: la presenza in città di un comunicatore di eccezione come Kuaska, l’apporto fondamentale della Compagnia della Birra, che con Massimo Versaci (poi creatore di Maltus Faber) organizzava i primi viaggi in Belgio, i contributi di storici homebrewer (Max Faraggi, Mauro Queirolo), tre locali che in tempi non sospetti investivano in qualità (Irish pub, O’Connor, Pub del Duca)…

Ad un certo punto qualcosa si è arenato: Kuaska ha iniziato a gravitare sempre meno su Genova, i locali storici hanno cambiato in parte gestione e ad organizzare meno serate a tema, la birra “artigianale” (termine che non vuol dire nulla e che odio di cuore) è diventata mainstream e si è insinuata in qualche ristorante, bar ed enoteca insospettabile.
Insomma, da provinciale che non ha mai frequentato granché “il giro giusto” ho notato comunque un raffreddamento dello spirito “di frontiera” che aveva animato i primi tempi.

Da qualche tempo, una nuova fiammata: hanno aperto alcuni nuovi locali dedicati al mondo della birra, sta per iniziare un corso sulle birre acide e mi pare di capire che questi tizi di Papille Clandestine si siano appassionati al tema.

Stiamo a vedere che succede: intanto i nomi annunciati al Genova Beer Festival sono di buon livello e la formula del gettone ad un euro per 10cc è quella che preferisco (in realtà speravo anche in un carnet da 10 assaggi con un po’ di sconto ma non si può aver tutto…).

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Monferrato random: un assaggio di Cascina Garitina

1Questo non è mica un vero articolo: è solo una scusa per inserire un paio di immagini scattate al volo nel weekend nel Monferrato, zona Nizza-Mombaruzzo-Acqui, non tanto per il valore artistico delle stesse quanto per documentare la stordente e rigogliosa marea verde che annega ogni collina, e per segnalare la cortesia della famiglia Morino di Cascina Garitina, che mi ha accolto in azienda la domenica, nonostante le poche ore di preavviso.

amisE, certo, anche per un veloce elogio al loro Amis 2007, che a leggerne le caratteristiche non avrei mai pensato potesse essere nelle mie corde (un blend di merlot, cabernet sauvignon e barbera) ma quando il cortese papà di Gianluca me ne ha parlato con tanta semplicità e soddisfazione non ho potuto fare a meno di comperarlo.
2E ho fatto bene, ché si è comportato ottimamente accompagnando una sontuosa grigliata di salsicce, bistecche e costine; come ovvio in queste occasioni nessuna degustazione tecnica, nessun appunto: stai mangiando come un lupo, non vorrai mica metterti a roteare il bicchiere e a scrivere? Mi limito a ricordare il gran corpo e la morbidezza a sostenere un alcol ben presente ma non fastidioso, e soprattutto un bel tannino setoso e per nulla amaro. Il prezzo in cantina mi pare si aggiri sui 14 euro.

La prossima volta che sarò in zona spero di poter chiamare l’azienda per tempo e poter fare un giro nei vigneti e fare quattro chiacchiere un più con il titolare, vero deus ex machina della denominazione “Nizza”.

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L’esame da degustatore ONAF: gli appunti da lezioni e libro

Dunque, ho fatto il corso ONAF, sono diventato assaggiatore di formaggi e posso dirvi che (al netto del solito costo eccessivo per questo genere di hobby) le lezioni sono state tenute da docenti preparati e disponibili, il testo di riferimento è ben fatto e insomma, in generale, tutta la struttura del corso mi ha fatto una bella impressione.

Esattamente l’opposto di quello che mi è successo frequentando ben due livelli di corsi ONAS (assaggiatori di salumi), sui quali stenderei un velo pietoso per disorganizzazione e mancanza di professionalità.

Visto che nel terzo livello AIS si tratta di formaggio abbastanza estesamente (ma, almeno nel mio caso, con un po’ di confusione) ho deciso di inserire qui sul sito anche gli appunti relativi a questo alimento. Sono certo che possano essere una risorsa utile per chi prepara l’esame finale AIS.

Le avvertenze sono sempre le solite: il materiale è tratto dal testo ONAF e integrato da qualche mia ricerca. Pur avendo cercato di applicare la massima cura, non mi assumo responsabilità in caso di errori.

Si tratta appunto di riassunti con integrazioni ed elaborazioni, ma sono ovviamente pronto ad eliminare il materiale se coloro che hanno redatto i testi si sentissero in qualche modo usurpati dei loro diritti di copyright.

Se trovate imprecisioni sarei felice della segnalazione, in modo da poter correggere.

1 – Latte

Liquido bianco uniforme, torbido, secreto dalla ghiandola mammaria delle femmine dei mammiferi.

Il primo liquido prodotto dopo il parto è detto colostro, ricco di elementi utili alla risposta immunitaria. La resistenza batterica è dovuta al lisozima: le gammaglobuline presenti nel colostro inibiscono la coagulazione.

E’ un alimento molto deperibile, che si carica di batteri appena viene a contatto con superfici esterne.

  • La dicitura “latte” senza indicazioni ulteriori indica latte vaccino.
  • La stanchezza e la denutrizione dell’animale vanno a detrimento della qualità del formaggio
  • Un litro di latte = 1 Kg e 700 calorie
  • Diverse razze di mucca producono differenti latti.
  • Mediamente nel latte di vacca la resa nella produzione del formaggio è del 10%

Fattori di qualità del latte:

  • genetici
  • ambientali (razza, età, alimentazione, numero dei parti, allevamento ecc.)

1.1 – Composizione

  • acqua
  • zuccheri, il principale è il lattosio, un disaccaride con poca solubilità ed è la base della fermentazione lattica: i batteri lattici trasformano il glucosio in acido lattico.
    Non si troverà mai nel burro o nel formaggio, ma solo nei residui di lavorazione. La sensazione di acido lattico è più forte in formaggi giovani, poi ci si sposta verso il neutro e basico
  • proteine:
    • caseine (le principali proteine del latte)
    • proteine del siero (non coagulano e hanno funzione anticorpale)
  • sostanze minerali
  • vitamine: il foraggio verde arricchisce le vitamine
  • grassi: detti lipidi, sono sotto forma di globuli. Importanti i trigliceridi che nel processo di maturazione possono liberarsi (lipolisi). Quando si alterano causano irrancidimento.
    Sono di due tipi:
  • saturi (principalmente)
  • insaturi (aumentano con il foraggio verde)
Latte vaccino Latte ovino Latte caprino Latte bufalino
Acqua 86-88 % 80-83 % 85-88 % 80-84 %
Proteine 3-3,7 % 5,5-6,5 % 3,5-4,2 % 4,4-4,8 %
Grassi 3,4-4,4 % 6,5-7,7% 3,7-4,3 % 6-9 %
Zuccheri 4,8-5,2% 4,1-4,6% 4,3-4,7 % 4,7-4,9 %
Sali minerali 1% 1% <1 % <1 %
Vitamine tracce tracce tracce tracce
  • Il latte vaccino:
    • non permette rese in formaggio molto elevate
    • gli acidi grassi sono per la maggior parte a lunga catena, poco volatili, quindi le sensazioni aromatiche intense si sviluppano solo dopo lunga maturazione
    • l’alimentazione delle vacche incide sul colore dei formaggi
    • è debolmente acido (Ph 6,6 – 6,7)
    • ha densità di circa 1029-1033 g/ml. La scrematura toglie grassi, che sono meno densi degli altri componenti disciolti, quindi il latte scremato ha densità di 1035 g/ml
    • l’estratto secco (somma di tutte le sostanze disciolte esclusa l’acqua) è 120 – 140 g/l. L’estratto secco magro  esclude  il grasso.
    • il punto di congelamento permette di conoscere l’annacquamento del latte. Di norma è -0,5
  • Il latte ovino:
    • più concentrato (più del doppio di grasso e proteine rispetto al vaccino),
    • ha un residuo secco del 20%, molto maggiore rispetto a vaccino e caprino.
    • La resa è maggiore del vaccino: 15%.
    • La maggiore sensazione di dolcezza è dovuta ai grassi
    • Alta attitudine casearia dovuta alla quota di caseina
    • Per la coagulazione occorre più caglio, ma avviene più velocemente
    • Particolarmente sensibile ai micororganismi
    • Contiene poco beta-carotene: formaggi bianchi
    • Molti acidi grassi, intensi odori e sapori
    • Ha coagulo resistente
  • Il latte caprino
    • ha aromi molto intensi
    • è meno concentrato e la sensazione salata è data dall’acido glutammico
    • è il più povero di caseina
    • ha rese inferiori
    • ha coagulo di consistenza delicata
    • ha propensione alla coagulazione acida
    • contiene molti acidi grassi, che conferiscono il caratteristico sapore
    • è privo di caroteni, quindi il formaggio è bianco
    • la cagliata non sopporta alti riscaldamenti

1.2 – Trattamenti

Il latte per sua composizione favorisce la contaminazione microbiologiche ed è veicolo di malattie trasmissibili da animale ad uomo (zoonosi)

  • Scrematura: separa la parte grassa (panna) per centrifugazione a circa 55 gradi
  • Cottura: latte fresco o pastorizzato:
    • latte crudo: non è trattato termicamente, quindi presenta la flora batterica dell’allevamento
    • Termizzazione: 15 sec tra 57 e 60 gradi. Riduce la flora nativa del latte
  • Latte fresco pastorizzato: subisce un solo trattamento termico entro 48 ore dalla mungitura (72 gradi per 15 secondi)
    • Pastorizzazione bassa: si applica solo a latte a basso rischio di contaminazione, portandolo a 63 gradi per 30 minuti. Abbatte tutti i germi patogeni
    • Pastorizzazione rapida: temperatura di almeno 72 gradi per almeno 15 secondi. Abbatte tutti i germi patogeni
    • Trattamento UHT: ottiene latte a lunga conservazione portandolo a a 135 gradi per pochi secondi. Aumenta la conservabilità
    • Microfiltrazione: scrematura e microfiltrazione; pastorizzazione del grasso, ricostruzione e nuova pastorizzazione

1.3 – Razze da latte:

  • Frisona
  • Bruna
  • Simmental
  • Valdostana pezzata
  • Reggiana
  • Podolica

2 – Formaggio

Prodotto della coagulazione acida o presamica del latte (intero, parzialmente o totalmente scremato) o della crema di latte, facendo uso anche di fermenti e sale.

Il latte per la produzione  si ottiene da vacca, bufala, pecora, capra

2.1 – Caglio

E’ un composto di vari enzimi (tra cui la chimosina) in grado di sciogliere la k-caseina (proteina del latte) e di provocare la coagulazione delle altre caseine.
Il caglio può avere origine:

  • animale: estratto dallo stomaco di animali.
    Il migliore dal punto di vista qualitativo e l’unico permesso per i formaggi DOP
  • microbico: estratto da una muffa.
    Economico, ha minore attività proteolitica
  • vegetale: es. latte dell’albero del fico, estratto del cardo ecc.

L’attività coagulante o forza del caglio esprime la velocità di coagulazione del latte e deriva dalla concentrazione degli enzimi coagulanti (chimosina e pepsina).
La cagliata o giuncata è una massa gelatinosa e dalle dimensioni dei frammenti derivati dalla sua rottura si ottengono vari tipi di formaggio (molle, semiduro, duro).

2.2 – Produzione

  • movimentazione:
    il latte crudo arriva in caseificio
  • pastorizzazione
    (opzionale, ma opportuna per i formaggi freschi) e termizzazione del latte
  • standardizzazione del latte
    per equilibrare i vari componenti, es la modifica del contenuto di grasso (scrematura per affioramento), visto che il formaggio scremato non irrancidisce. Il grasso eliminato serve per fare il burro. Spesso in Italia si tratta il latte intero
  • sosta o maturazione del latte
    in modo da favorire la flora microbica, con parziale acidificazione e idratazione della caseina
  • lavorazione in caldaia
    riscaldamento alla temperatura ideale per la coagulazione (tra 20 e 40 gradi)
  • aggiunta dell’innesto
    nel caso di pastorizzazione occorre aggiungere batteri o fermenti
  • aggiunta del coagulante
    il caglio, animale, vegetale o microbico
  • coagulazione
    Si forma una rete proteica che ingloba in una massa gelatinosa detta cagliata il siero e gli altri costituenti.
    Le caseine tenderebbero naturalmente a riunirsi in aggregati detti micelle che intrappolano diverse sostanze. Ciò non avviene per due motivi:
  • a Ph naturale la loro carica elettrica è negativa, quindi si respingono
  • la presenza del colloidalprotettore della K-caseina

Quindi la coagulazione può avvenire per via::

    • acida: gli starter microbici fermentano il lattosio producendo acido lattico; ad un determinato livello di acidità, detto punto isoelettrico della caseina (Ph 4,6), si ha la demineralizzazione della caseina, la perdita della repulsione elettrica e  la coagulazione. E’ un coagulo morbido, usato per i formaggi freschi e molli
    • presamica: il caglio aggiunto al latte a temperatura di 30-37 gradi, causa il distacco del colloidalprotettore della k-caseina, conferendo alle micelle la capacità di aggregarsi.

I tipi di coagulazione sono dunque:

    • presamica: si ottiene una cagliata tenace ed elastica che spurga bene il siero e quindi produce formaggi a pasta semidura e dura,
    • acida: la cagliata è poco compatta.
    • acido-presamica
    • presamico-acida: la più comune. Inizia velocemente ed in gran parte per opera del caglio, poi termina grazie ai fermenti
  • taglio della cagliata
    la separazione della parte solida (cagliata) dai liquidi (siero)
  • lavorazione in caldaia
    agitazione e soste per favorire la sineresi (contrazione) o spurgo
  • cottura della cagliata
    processo opzionale, che favorisce l’uscita di siero e può essere svolto a varie temperature per ottenere:
  • formaggi a pasta cruda: non c’è riscaldamento della cagliata. Sono formaggi freschi a pasta molle e anche alcuni formaggi a pasta semidura e dura
  • formaggi a pasta semicotta: cottura a 42-48 gradi, sono in genere formaggi a pasta semidura
  • formaggi a pasta cotta: riscaldamento a 49-55 gradi. Si ottengono formaggi a pasta dura e destinati a lunghe stagionature

  • messa negli stampi
    la cagliata spurgata viene messa in stampi per la forma. Nel formaggi DOP le fascere impongono i marchi del consorzio
  • stufatura
    rivoltamenti e pressatura: tutte fasi opzionali che servono a rassodare la pasta
  • salagione
    può essere a secco (cospargendo il sale sulle superficie) o per immersione (salamoia). Causa la fuoriuscita di liquidi, formado la crosta
  • maturazione, stagionatura, affinatura
    La durata può variare da giorni ad anni, a temperature tra 5 e 20 gradi.
    Microorganisimi ed enzimi trasformano i grassi per lipolisi e le proteine per proteolisi. In questa fase le forme possono essere trattate in superficie con plastiche o resine per proteggere dalle muffe, oppure con olio, oppure affumicate, oppure spugnate con acqua e sale

 

2.3 – Microbiologia

Nella produzione del  formaggio interessano i batteri, i virus e le muffe.

Alcuni microorganismi sono utili, altri dannosi, altri ancora patogeni.

Si riproducono facilmente, date le condizioni ambientali adatte.

2.3.1 – Classificazione dei microorganismi:

  • per temperatura:
    • psicrofili: si sviluppano da 0 a 30
    • mesofili: da 10 a 45
    • termofili: da 40 a 65
    • termodurici: anche oltre 60
  • per presenza di ossigeno
    • aerobi obbligati
    • anaerobi obbligati
    • anaerobi facoltativi

I microorganismi possono essere:

  • caseari: sono gli agenti della trasformazione del latte in formaggio
  • anticaseari: ostacolano il processo di produzione del formaggio
  • patogeni: possono causare malattie nell’uomo
  • Microorganismi caseari:
    • batteri
      • lattici: termofili, mesofili, omolattici, eterolattici
      • propionici: producono acido propionico, acetico e CO2
    • eumiceti
      • lieviti: possono sviluppare gas per effetto della fermentazione alcolica; alcuni hanno elevata attività proteolitica e lipolitica, quindi maturano il formaggio
      • muffe: nella maggior parte dei casi non sono gradite; necessitano di aria, quindi si sviluppano in superficie; nei formaggi a crosta fiorita ed erborinati sono inoculate con colture selezionate. Svolgono attività lipolitica e proteolitica
  • Microorganismi anticaseari:
    • coliformi: fermentano il lattosio con produzione di gas. Provocano gonfiore precoce
    • sporigeni: producono acido butirrico
  • Microorganismi patogeni:
    • listeria
    • salmonella
    • escherichia coli

Fattori importanti:

  • Tempo: esposizioni prolungate a temperature più basse hanno medesimi effetti
  • Acqua: più il formaggio è umido, più proliferano i batteri (il sale conserva togliendo acqua)
  • PH: la trasformazione del latte in formaggio tende ad inibire la flora patogena per effetto della acidità e della stagionatura: i batteri si nutrono principalmente di zuccheri (lattosio), che trasformano in acido lattico (il ph seconde da quasi 7 fin sotto a 5), che acidifica e ferma lo sviluppo di batteri patogeni e anticaseari

2.3.2 – Fenomeni di fermentazione del latte

  • fermentazione omolattica: i batteri trasformano almeno il 90% del lattosio in acido lattico
  • fermentazione eterolattica: i batteri trasformano solo il 50% del lattosio in acido lattico, il restante in altri componenti, es.la produzione di CO2, etanolo ecc.
  • fermentazione alcolica: i lieviti trasformano l’acido piruvico in etanolo. Spesso causa gonfiore precoce
  • fermentazione propionica: è la produzione di acido proprionico, anidiride carbonica e acido acetico a partire da acido lattico e glucosio. E’ una delle cause delle occhiature dell’Emmental (la CO2 prodotta non riesce a sfuggire a causa della resistenza della cagliata)
  • fermentazione butirrica: è causata in genere da contaminazioni del latte o da cattiva acidificazione del formaggio. Causa gonfiore tardivo

2.3.3 – Innesti:

I microorganismi possono essere aggiunti al latte allo scopo di accelerare e favorire le fermentazioni lattiche, determinando condizioni positive per la coagulazione e negative per la flora anticasearia

  • colture naturali
    i batteri nativi del latte
  • colture starter
    • colture naturali
      si lasciano sviluppare i microorganismi presenti nel latte o nel siero, senza selezione
  • lattoinnesti (sviluppo della microfolora del latte, selezionandola tramite modesto trattamento termico)
  • sieroinnesti (incubazione a giusta temperatura una parte del siero ottenuto per coagulazione presamica)
  • scottafermento (incubazione della scotta, prodotto del siero residuo della preparazione della ricotta)

  • selezionate
    composizione microbica standard con poche specie di batteri lattici

 

Caratteristiche da valutare nella scelta dell’innesto selezionato:

  • capacità acidificante; quantità di acido lattico prodotto e velocità
  • Proteolisi: capacità di degradare la caseina, contribuendo all’aroma
  • produzione di aromi:

2.3.4 – La maturazione

Riguarda un insieme di fenomeni fisici, chimici e microbiologici che conferiscono al formaggio aspetto, aroma e sapore. Si sviluppano aromi, la pasta si indurisce, si formano le occhiature

SI manifesta tramite:

  • demolizione del lattosio in acido lattico: favorisce attività di coagulazione, limita lo sviluppo di batteri anticaseari, partecipa agli aromi
  • demolizione della caseina in peptidi e amminoacidi (proteolisi, peptidasi), responsabile di odore, aroma e sapore e rammollimento della pasta
  • demolizione dei grassi (lipolisi): libera sostanze fortemente aromatiche. I formaggi di pecora e capra hanno sapore più intenso a causa del contenuto superiore di acidi grassi a catena medo-corta, mentre gli erborinati e il taleggio hanno elevata attività lipolitica
  • perdita dell’acqua superficiale: per evaporazione, fino al 60%

2.3.5 – Difetti

  • Difetto del gonfiore: si presenta come arrotondamento della forma dovuto alla produzione di gas come CO2 e idrogeno generati da batteri.
    Spesso dovuto alla scarsa igene o del latte o delle strutture di trasformazione, maturazione  e affinamento
  • gonfiori precoci: si presentano nei primi giorni dopo la produzione.
    Si manifesta in formaggi molli, duri e semiduri. La pasta diventa spugnosa, non permette lo spurgo e acquista odori e sapori sgradevoli. Prevenzione: igene del latte, utilizzo di colture di fermenti
  • gonfiori tardivi: si presentano nel corso della stagionatura.
    Si manifestano in formaggi cotti ed a stagionatura prolungata. La forma si gonfia, si creano spaccature e la pasta assume sapore rancido. E’ dovuta a microbi di tipo Clostridium che resistono alla pastorizzazione
  • Difetto della gessosità: causato dalla eccessiva acidità della cagliata
  • Difetto del sapore amaro: causato dallo spurgo incompleto della cagliata
  • Le muffe si sviluppano dove c’è ossigeno, quindi spesso sulla crosta. Si prevengono con migliore spurgo della cagliata e con una giusta salatura

2.4 – L’assaggio

Assaggiare significa gustare con attenzione un prodotto alimentare di cui vogliono apprezzare le qualità, sottoponendolo all’esame dei nostri sensi. Si cerca di conoscerne i pregi, i difetti e le qualità, esprimendone le caratteristiche.

La prima impressione è rapidissima e si manifesta a livello della corteccia cerebrale, poi interviene l’identificazione logica.

Le fasi della analisi sensoriale prevedono:

  • osservazione per mezzo dei sensi
  • descrizione delle percezioni
  • confronto con norme codificate, altri prodotti, altri assaggiatori ecc.
  • giudizio motivato

Gli odori sono percepiti per via diretta dal naso, attraverso l’inspirazione dell’aria

Gli aromi per via retronasale, durante e dopo la masticazione

Le sensazioni olfattive non sono durevoli: c’è un aumento progressivo della sensazione fino ad una fase ottimale poi seguita da una diminuzione e scomparsa

I sapori vengono percepiti diversamente nel tempo:

  • all’inizio (0-3 sec) c’è prevalenza dei gusti dolci
  • 5-12 sec. aumento dei gusti acidi e poi amari
  • nel finale prevalgono i gusti acidi e amari

Dal nervo trigemino vengono percepite sensazioni piccanti, astringenti, metalliche, rinfrescanti, riscaldanti.

L’analisi è condotta da panel.

I panel sono composti da:

  • giudici addestrati, che adottano comportamenti comuni durante ogni seduta: mira a giungere ad un prodotto finito che dia garanzie di qualità sensoriale
  • consumatori: mira a misurare l’accettazione del prodotto da parte dei cittadini

I prodotti sono preparati tutti allo stesso modo e resi non riconoscibili.
L’analisi per ottenere il profilo sensoriale del prodotto passa per varie fasi:

  • analisi quantitativa: la scelta dei descrittori sensoriali del prodotto
  • analisi qualitativa: la messa a punto di standard di riferimento per ogni descrittore (valori massimo e minimo)
  • elaborazione statistica ed interpretazione dei risultati

2.4.1 – La scheda

Operazioni preliminari all’assaggio

  • Denominazione
  • Categoria: si elencano le principali classificazioni (consistenza, grasso, tecnologia, coagulazione, stagionatura, tipo di latte ecc)
  • Note di presentazione: provenienza, tipo di campione ecc.

Esame visivo aspetto esterno:

  • Forma (indicare se regolare o irregolare; può essere indefinita)
  • Facce (indicare se regolare o irregolare)
  • Scalzo (indicare se regolare o irregolare)
  • Superfice
    • Tipologia (pelle=mozzarella, buccia=robiola, crosta=consistente, dura)
    • Aspetto (tra le altre: fiorita=sottile feltro di muffa, lavata=a causa di spungnature di acqua e sale si forma una patina dal giallo al rossiccio)
    • Colore ( uniforme, non uniforme / carico, scarico)

Esame visivo aspetto interno:

  • Colore della pasta (uniforme, non uniforme)
  • Sottocrosta (presente, assente)
  • Occhiatura (presente/assente; indicare regolarità di forma, dimensione e distribuzione; altro)
  • Erborinatura (presente/assente, regolare o localizzata)
  • Struttura della pasta (vista e tatto)
  • Elementi di discontinuità (sfogliature, distacco ecc.)

Esame olfattivo, gustativo e tattile

  • Odori (descrittori e intensità)
  • Sapori (dolce, acido, amaro, salato e intensità)
  • Aromi (descrittori e intensità)
  • Sensazioni trigeminali (descrittori e intensità)
  • Struttura (intensità)
  • Persistenza gustativa (debole <3 sec.; media 10-15 sec; elevata > 30 sec)

2.5 – Formaggi a pasta molle

  • si può partire da latte crudo o pastorizzato
  • aggiunta di innesti o starter (in prevalenza lattoinnesto)
  • coagulazione presamica o acida: la struttura molle, adesiva, elastica è dovuta al tipo di coagulazione: spesso infatti si usa quella acida, e in alcuni casi il caglio vegetale, che ha funzione lipolitica e proteica elevate, facendo maturare il formaggio in minor tempo; si avranno formaggi più dolci, senza sensazioni trigeminali, spesso di dimensioni più piccole
  • rottura grossolana della cagliata (percentuale di acqua superiore al 45% rimane inglobata.)
  • non vengono effettuati trattamenti termici
  • stampi di piccole o medie dimensioni
  • in alcuni casi aggiunta di penicillum in caldaia per favorire lo sviluppo di muffe
  • la pasta molle e l’alta acidità non permettono una lunga maturazione: 30-40 giorni al massimo
  • la crosta è assente nei formaggi freschi; in quelli a breve stagionatura si presenta con un feltro fungino (crosta fiorita) o con una patina rossastra (crosta lavata, data di microorganismi favoriti dallavaggio con sale)

2.5.1 – Formaggi caprini

  • I globuli di grasso del latte caprino hanno dimensioni minori rispetto al latte di vacca, questo favorisce la lipolisi rendendolo più digeribile, ma comporta anche la minore resa in caseificazione e facilità di irrancidimento (quindi necessita di maturazioni più brevi).
  • La presenza superiore di acidi grassi a corta e media catena comporta odori e sapori più intensi.
  • coagulazione acido-lattica, con coagulo soffice e friabile. Nel caso in cui si voglia una cagliata più soda si aggiunge caglio liquido.
  • minore contenuto di sodio, quindi più adatto a chi soffre di ipertensione
  • la maturazione è assente per i caprini freschi, altrimenti maturazione di 5-10 giorni con rivoltamento delle forme e salatura in crosta
  • caprini italiani: uniche doc Robiola di Roccaverano e Formaggella del Luinense

2.6 – Formaggi a pasta dura e semidura

In generale:

  • si usano innesti batterici
  • sono formaggi che si prestano a stagionature medie e lunghe (3 mesi – 3 anni)
  • spesso si cosparge la crosta di olio o paraffina o si riveste di resine plastiche
  • durante la stagionatura si possono avere pratiche di concia

2.6.1 – Pasta semidura

  • struttura semidura e dura, mediamente elastica o rigida, a volte granulosa, con presenza di occhiature
  • umidità dal 38 al 44% nei semiduri e inferiore al 30% in quelli duri
  • maturazione media, medio-lunga o lunga
  • latte crudo o termizzato intero
  • coagulazione prevalentemente presamica
  • rottura della cagliata in dimensioni di nocciola
  • pasta crudo o semicotta a 45 gradi
  • stampi di medie dimensioni con frequenti rivoltamenti, in alcuni casi anche pressatura
  • salatura a secco o in salamoia

2.6.2 – Pasta dura

  • solitamente usato latte crudo e scremato
  • la coagulazione è prevalentemente presamica
  • si ottiene una cagliata consistente, rotta a chicco di riso
  • in alcuni casi si effettua cottura a 52 gradi (alta temperatura)
  • la salatura solitamente è a secco per le paste crude, mentre è in salamoia per le paste cotte, in modo da favorire una crosta spessa che aiuti nelle lunghe maturazioni

2.6.3 – Formaggi pecorini

  • il latte è di colore bianco per la minor presenza di beta carotene
  • ha maggiore consistenza di quello vaccino per la maggior presenza di grassi e proteine
  • ha maggiore resa in formaggio rispetto al latte vaccino e caprino
  • il latte non viene scremato
  • la coagulazione è spesso presamica (caglio di vitello o agnello o capretto)
  • nei formaggi a pasta cotta la rottura della cagliata è delle dimensioni di un chicco di riso, nei formaggi molli a quelle di nocciola

Pecorini italiani:

  • a pasta molle: Casciotta di Urbino, Murazzano
  • a pasta semidura e dura: Pecorino romano, Pecorino toscano, Piacentunu ennese, Canestrato pugliese

2.7 – Formaggi a pasta filata

La cagliata fusa (dopo la sua maturazione e demineralizzazione) viene lavorata con acqua bollente, che riduce la caseina in fili sottili e lunghi e diventa plastica.
L’operazione causa la perdita di molto grasso e siero, e il liquido di filatura diventa poi base del liquido di governo.
I formaggi freschi subiscono il solo trattamento termico della filatura, mentre i semiduri (es. scamorze) e duri (es. caciocavallo) subiscono cottura prima della filatura per ottenere un prodotto più  asciutto e conservabile

La classificazione è in funzione di:

  • origine del latte (vacca, bufala, pecora, misto)
  • contenuto di umidità (molli, semiduri, duri)
  • stagionatura (freschi, a breve stagionatura, stagionati)

Procedura di produzione:

  • acidificazione del latte
    ottenuta tramite l’aggiunta di colture, provoca la parziale demineralizzazione delle caseine favorendo la filatura
  • coagulazione (presamica)
  • rottura della cagliata
    grossolana per i formaggi freschi, più spinta per i prodotti da stagionatura
  • maturazione della cagliata
    vengono sottratti ioni di calcio alla cagliata, causando la demineralizzazione della pasta, che diventa più plasmabile
  • filatura
    la pasta viene sminuzzata e fusa con acqua ad alta temperatura.
    Se la cagliata è troppo matura si ottengono prodotti a bassa consistenza, se è poco matura prodotti duri e gommosi
  • modellatura e raffreddamento
    per mantenere la forma è necessario un rapido raffreddamento
  • salatura
    per formaggi stagionati, si procede in salamoia, per i formaggi freschi si aggiunge acqua salata alla cagliata
  • stagionatura

Paste filate italiane: Mozzarella di bufala campana, Caciocavallo silano, Provolone della Val Padana

2.9 – Cultura e normativa casearia

2.9.1 – Classificazione dei formaggi

  • In base al tipo di latte, formaggi di latte:
  • vaccino
  • pecorino
  • caprino
  • bufalino
  • misti
  • In base al trattamento termico del latte, formaggi a latte:
  • crudo:
    il latte non è stato pastorizzato, la microflora batterica è mantenuta inalterata. Solitamente subisce la cottura della pasta. Esempio: Parmigiano reggiano, grana padano
  • pastorizzato:
    il latte è portato a 72 gradi per 15 secondi. E’ necessaria l’addizione di innesti o starter. Trattamento solito nei formaggi freschi o molli. Es. il Gorgonzola
  • In base al contenuto di grassi, formaggi
  • grassi:
    il contenuto di grassi è superiore al 42%, sono prodotti con latte intero. Es. Dolomiti, Casolet, Gorgonzola
  • semigrassi:
    grassi tra 20% e 42%, ottenuti da latte parzialmente scremato. Es. Asiago
  • magri:
    grassi inferiori al 20%. Vengono sottoposti a ulteriore scrematura durante la lavorazione. Spesso sono latticini e non formaggi es. ricotta
  • In base alla consistenza della pasta, formaggi a pasta:
  • molle:
    la rottura è delle dimensioni di una noce, il contenuto di acqua è tra 45% e 70%. La cagliata non è stata sottoposta a pressione o riscaldamento.
    Di norma hanno brevissima stagionatura. Es. Gorgonzola
  • semidura:
    i frammenti sono delle dimensioni di una oliva, il contenuto di acqua è tra 35% e 45%. Es. Pecorino toscano, Bra
  • dura:
    i frammenti sono della dimensione di un chicco di riso, il contenuto di acqua è tra 30% e 40%, in genere hanno stagionatura lenta. Es. Grana
  • In base alla temperatura di lavorazione della pasta, formaggi a pasta
  • cruda:
    la cagliata non è stata sottoposta a cottura o riscaldamento. Es. Robiola, Taleggio
  • semicotta:
    la cagliata è stata riscaldata a circa 48 gradi. Es fontina
  • cotta:
    la cagliata è stata riscaldata tra 48 e 56  gradi. Es. Montasio, Piave, Bitto
  • In base al processo di lavorazione della pasta, formaggi a pasta
  • erborinata
  • filata:
    Possono essere molli, semiduri (scamorza) o duri (caciocavallo, provolone)
  • pressata
  • fusa
  • In base al tipo di crosta, formaggi a crosta:
  • fiorita
  • lavata
  • affumicati
  • Il primo intervento legislativo è del 1925, che definisce cosa è il formaggio: “prodotto che si ricava dal latte intero, parzialmente o totalmente scremato, oppure dalla crema, in seguito a coagulazione presamica o acida, anche facendo uso di fermenti e sale da cucina”; (la definizione è ancora valida)
  • Nel 1954 viene redatta la legge di Tutela delle denominazioni di origine e tipiche dei formaggi
  • Nel 1955  viene pubblicata la legge che riporta i metodi di lavorazione, le caratteristiche merceologiche e le zone di produzione dei formaggi
  • Nel 1992 viene emanato il regolamento CEE riguardanti DOP e IGP: i prodotti devono sottostare ad un disciplinare
  • Nel 2006 la CE aggiorna i regolamenti su:
    • Indicazioni Geografiche (IGP):la produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata
    • Denominazione di Origine (DOP): produzione, trasformazione ed elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata
    • Per beneficiare della DOP o IGP il prodotto deve essere conforme ad un disciplinare, del quale deve essere verificato il rispetto da parte di un organismo di controllo riconosciuto dal ministero, approvato dalla Commissione Europea
    • Il Consorzio di tutela è un ente di produttori, allevatori, affinatori, trasformatori ed altri interessati allo sviluppo della DOP/IGT/STG, che svolge attività di consulenza, elaborazione del disciplinare, programmazione quali-quantitativa, collaborazione sulla vigilanza e promozione della denominazione.
      Il consorzio tutela il prodotto (difendendolo, migliorandolo e promuovendolo), il consumatore (controllando la conformità al disciplinare, vigilando sul corretto uso dei marchi e informando) ed è titolare del marchio
  • legge vigente: 1151/ 2012: DOP (marchio rosso) – IGP (marchio blu) – STG

2.9.2 – DOP e IGP

Le singole denominazioni hanno tutela nazionale

Il marchio può essere:

  • privato / aziendale
  • collettivo (concesso al consorzio con rispetto di un disciplinare)
    • di origine: contraddistingue il prodotto conforme al disciplinare e può designare delle tipologie (es. duro – tenero)
    • di selezione: indica una particolarità (es. stagionatura)
  • DOP
    Concesso a prodotti agroalimentari le cui caratteristiche dipendono in tutto o in parte dall’ambiente geografico in cui sono prodotti. Tutte le fasi di produzione devono avvenire in quell’area
  • IGP
    Concesso a prodotti agroalimentari che posseggono qualità o caratteristiche determinate dall’origine geografica. Almeno una delle fasi produttive deve avvenire nell’area geografica
  • STG
    Specialità tradizionale garantita: specificità legata al metodo di produzione o alla composizione di una zona, ma possono non essere prodotti in tale zona. Il prodotto deve essere sul mercato comunitario da almeno 30 anni (es. pizza e mozzarella)

Le denominazioni divenute generiche non possono essere registrate, es. alcuni nomi di prodotto collegati al luogo di produzione divenuti nome comune di prodotto agricolo o alimentare della comunità

2.9.3 – Formaggi DOP Italia

  • Vaccini:
    Asiago
    Caciocavallo silano
    Castelmagno
    Casciotta di Urbino
    Grana Padano
    Gorgonzola
    Montasio
    Fontina
    Parmigiano reggiano
    Piave
    Raschera
    Taleggio
  • Caprini
    Bitto (vacca, capra)
    Bra (vacca, capra, pecora)
  • Ovini
    Pecorino toscano
    Pecorino sardo
    Pecorino romano
    Bra (vacca, capra, pecora)

2.10 – Utilizzazione e abbinamenti

Normalmente si servono al massimo sei porzioni da 30 grammi ciascuna (190 gr)

Si identificano:

  • vassoi in base al latte: 2 caprini, 2 vaccini-pecorini, un erborinato
  • vassoi in base alla pasta: 2 formaggi a pasta cruda, 2 cotta, 2 filata; oppure molle, semidura e dura
  • vassoi a tema specifico: tutti i formaggi dello stesso latte, oppure della stessa stagionatura o tipologia
  • vassoi in verticale: diverse stagionature dello stesso formaggio
  • vassoi dei formaggi freschi: alcuni formaggi molto freschi e delicati sono adatti ad inizio pasto

2.10.1 – Presentazione

si parte sempre dal più fresco, terminando con gli erborinati. Al centro un frutto o una composta

Taglio:

  • prodotti molto freschi, con pasta molle e cremosa vanno prelevati con un cucchiaio
  • prodotti a pasta molle e delicata: si usa il filo metallico
  • formaggi a pasta morbida e asciutta: coltelli lunghi, sottili e stretti, magari a lama ribassata
  • formaggi a pasta dura e asciutta: lame larghe e spesse
  • formaggi con forme molto grandi: coltelli a lama lunga e con doppio manico
  • parmigiano reggiano, grana, pecorini stagionati: coltellini che non tagliano ma spaccano

Porzionatura:

  • caciottella di piccole dimensioni (es. robiola): taglio a spicchi
  • forma cilindrica (Es. fontina): prima divisa a metà lungo il diametro e poi a fette, ogni fetta poi ridotta in porzioni
  • forme parallelepipede a faccia quadrata o rettangolare (Es. taleggio): fette parallelepipede poi porzionate con alla base la crosta
  • formaggio molle a forma di torta bassa e larga (es. brie): prima diviso in quattro e poi da ciascun quarto si porziona una serie esterna con lo scalzo e una interna
  • forme alte e cilindrche: prima divise longitudinalmente in due cilindri e poi a spicchi
  • forme a pera: a spicchi

2.10.2 – Conservazione

  • Latticini e formaggi freschi: in frigo, nella zona a 6-8 gradi, avvolti da carta alimentare ed eventualmente posti in contenitore plastico. Le mozzarelle e il fior di latte vanno conservati nel liquido di governo
  • Formaggi molli: nella carta alimentare, in contenitori in plastica e in frigo
  • Formaggi a crosta lavata ed erborinati: nella carta alimentare, chiusi in contenitore ermetico e poi in frigo
  • Formaggi a crosta fiorita: non sopportano di essere avvolti nella carta, vanno conservati in legno o cartone e messi in frigo per pochi giorni
  • Formaggi semiduri e duri: temono il freddo che indurisce la pasta. Vanno conservati a 12-14 gradi, in luogo umido e avvolti nella canapa

2.10.3 – Abbinamento con il vino

L’intensità gustativa è alla base dell’abbinamento: l’intensità del formaggio ci suggerisce la struttura del vino. Visto che spesso il plateau di formaggi arriva a fine pasto, quando a tavola è presente il vino più importante, è meglio proporre formaggi di impatto gustativo notevole (es. pecorini e caprini stagionati, paste dure invecchiate, erborinati).

  • Un vino bianco leggero e delicato si abbina ad un formaggio giovane e giovane
  • un vino rosso giovane e fruttato con un formaggio di media stagionatura.
  • Un vino rosso importante e complesso richiede formaggi di lunga maturazione.
  • Gli erborinati, che presentano elevate succulenza indotta, sapidità e persistenza gustativa, magari una leggera tendenza amarognola e piccantezza, non sono bilanciati dalla sola morbidezza, quindi richiedono vini passiti o da uve surmature

Metodo Mercadini:

Caratteristiche del cibo Caratteristiche del vino
Succulenza (liquidi in bocca)

Untuosità (olio grassi fusi)Alcolicità

TannicitàGrassezza (pastosità e patisosità in bocca)

Tendenza dolce (sfumata dolcezza: ortaggi, pasta, formaggi…)Sapidità

Acidità

EffervescenzaSapidità (presenza di sale)

Tendenza amarognola (alcuni formaggi, grigliature)

Tendenza acida (freschezza, es caprini giovani)MorbidezzaPersistenza gusto-olfattiva

Speziatura (uso delle spezie)

Aromaticità (formaggi stagionati)Intensità gusto-olfattiva

PAI (persistenza aromatica intensa)

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Non è l’agriturismo dell’enologo

La DistesaIl cartello che indica la deviazione per la La Distesa (“comunità rurale e vini di pregio”) è girato nella direzione sbagliata: Corrado Dottori, il vignaiolo e titolare dell’omonimo agriturismo a Cupramontana, dice che a volte i furgoni lo spostano urtandolo. Resterò quattro notti a dormire nella sua ospitalità e al momento di andare via il cartello sarà ancora direzionato in maniera erronea.

Spiace voler trarre conclusioni generali da eventi particolari, ma i rimanenti giorni di permanenza confermeranno lo (scarso) livello di attenzione che Dottori riserva ai suoi clienti. Quel che più rammarica è la sorpresa: pur non avendo mai avuto modo di interagire con Corrado, la sua presenza in rete, il suo libro e, certo, i suoi vini, prospettavano un personaggio interessante e con molto da raccontare, e la scelta di sistemarmi nel suo agriturismo durante la mia prima visita nelle Marche era dovuta principalmente alla voglia di approfondire la sua conoscenza.

Così non è stato: Dottori si è rivelato sbrigativo fin dal primo scambio di mail, e così ha proseguito in “real life”, e se a dirlo sono io, ligure ben avvezzo a certi atteggiamenti ostili…
Più fastidioso ancora il fatto che all’atto della prenotazione, avvenuta circa un mese prima, la richiesta della possibilità di una visita in cantina fosse stata accordata, anche senza evidente entusiasmo, ma poi, giorni dopo il mio arrivo, avendo sollecitato timidamente la visita, scopro che ci sono problemi, il bambino ha una recita ma soprattutto (ubi maior minor cessat) la “comunità rurale” ha un altro ospite più importante del sottoscritto che assorbe tutta l’attenzione: è arrivato Jonathan Nossiter e visto che io non ho girato un film con Dottori tra i protagonisti, per me in due giorni non si riesce a recuperare un’ora.

La DistesaLa visita si riduce quindi a Corrado che mi precede con la sua auto fino alla cantina, scende, mi indica i vigneti e dopo meno di 10 minuti di orologio scappa lasciandomi in compagnia del (gentilissimo e disponibilissimo) aiutante, un giovane enologo milanese.
Prima di vederlo fuggire, gli estorco un accenno di discussione nel quale si mostra vittima di una sorta di sindrome da accerchiamento: sostiene che la critica sia prevenuta nei confronti dei cosiddetti vini naturali, mentre a me pare evidente che semmai la guerra la abbiano stravinta i vignaioli come lui, visto che di fatto qualsiasi azienda cool ha “bio” e “terroir” come parole d’ordine.La Distesa

Che dire ancora, se non che la logistica dell’ospitalità risulterà alla fine consona alla personalità del titolare: un pizzico di malcelata presunzione appesantita da trascuratezza: la sala, ornata di alcuni cimeli a sfondo vinicolo (le guide enoiche aperte alla pagina de La Distesa e i vasi trasparenti con campioni del terreno) ormai abbondantemente impolverati, l’angolo cottura della camera con le pentole sporche e il bagno che esala cattivo odore dagli scarichi, nel cortile il cane che corre a rotolarsi sul tuo letto ogni singola volta che apri la porta della camera (e, se come nel mio caso fuori piove, la faccenda è fastidiosa)…
Le condizioni della cantina non fanno testo, ché mi è stata detta essere in ristrutturazione.

Certo Dottori ha tutto il diritto di non aver tempo per i visitatori, di essere scocciato dalle visite in cantina, di lisciare la sua vanità presenziando alle proiezioni dei film di Nossiter, di affittare camere in una struttura non perfettamente lustra. Però tutto ciò stona con l’immagine di chi ho letto sostenere che le degustazioni alla cieca sono una cretinata, perché non è vero che interessa solo quello che c’è nel bicchiere. Se è veramente così, se lui ha ragione, se non basta la piacevolezza del vino e ci vuole qualcosa dietro, beh, qualcosa non quadra.

Delle vigne (molto belle) e degli assaggi ho poca voglia di parlare, se non per dire che il Terre Silvate 2014 è buono ma un po’ troppo rustico, forse troppo giovane, ha un filo di puzzetta, che i campioni da botte che mi sono stati porti erano molto promettenti e che mi ha incuriosito in particolare la Vernaccia rossa.
Il prezzo dell’agriturismo risulta abbastanza corretto in rapporto all’offerta.

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Slow Fish, Big Cash

Cinque Euro per un calice di Berlucchi, non ho altro da aggiungere Vostro Onore!

Certo, come dice il sito “per partecipare a Slow Fish non occorre acquistare un biglietto, l’ingresso è gratuito!”, e ci mancherebbe: hai diritto di aggirarti gratuitamente fra i food-truck che friggono le acciughe e i tendoni che propongono birra (ovviamente entrambi a pagamento), hai facoltà di bighellonare tra stand che ad esempio offrono due-pezzetti-di-pane-due con sopra un pezzetto di palamita a soli due euro. Eccetera.

sf1Va bene, ci sono i dibbbbattiti e le lezioni e gli slogan roboanti su “Cambiamo rotta per salvare il mare e nutrire il pianeta”, ma se a questi accosti i 5 euro (più due sf2per il prestigioso micro-calice e relativa elegantissima tasca portabicchiere) per sorseggiare un Franciacorta in piedi, senza lo straccio di un grissino, permetti che mi sento un po’  preso per il culo?

Ma mica è finita: per degustare il sushi letterario dello chef ospite Moreno Cedroni venno via 120 Euro, quando  invece lo stesso (o perlomeno analogo) menu, nel suo ristorante di Portonovo lo paghi 85 carte (ah, certo, a Genova ci sono in accompagnamento i vini di Guido Berlucchi…).

Dirai che la qualità si paga, tanto più se te la portano sotto casa, ma si dà il caso che a me la sorte degli stand abbia riservato un arancino inspido, una linguna salatissima e una tiella ustionante fuori però ancora congelata dentro. Tutto a pagamento, s’intende, e tutto a seguito di doverosa coda chilometrica. D’altronde siamo “slow” o no?

Chiuderei parlando della partecipazione: una la folla debordante ed ignara dei buoni propositi relativi al risanamento degli oceani, che che si avventa per un granello di formaggio o una crosta di pane e olio in assaggio, per poi, rigorosamente dotata di portafoglio in mano, dilettarsi in attese e spintoni al fine di accaparrarsi il diritto ad uno spiedino da rosicchiare appoggiati ad un palo della luce, con i piedi pestati dai tizi in coda per la birra.

Agli amici di Slow Food vien da chiedere se forse una manifestazione con un (modesto) biglietto di ingresso per selezionare il pubblico realmente interessato, qualche espositore francamente inutile in meno e un minimo di controllo su prezzi e qualità dei prodotti in vendita, non potrebbe essere più rispettosa delle sbandierate intenzioni rispetto a questa sorta di sagra della salsiccia (o meglio, del gambero)…

Temo mi si possa rispondere che espositori e organizzatori sono, giustamente, felici così: Slow Fish, Big Cash.

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Vinidamare 2015

Vinidamare: si ricomincia da zero o poco più, direi. Ma andiamo per ordine.

Non ho idea di chi sia la colpa, o meglio qualche idea la ho ma suffragata solo da voci di corridoio, quindi la tengo per me, fattostà che qui nel deserto tartarico enologico abbiamo un programma di eventi che, nel giro di un mese circa, elenca nell’ordine: Vinidamare a Camogli, Vino Naturalmente Vino a Chiavari, Mare e Mosto a Sestri Levante e Terroir Vino a Genova.
Nel mezzo, per buon peso, Slow Fish a Genova…
Certo, Slow Fish c’entra solo marginalmente e si svolge solo ogni due anni (ma mica lo si scopre adesso), ma auspicare una telefonata tra i vari organizzatori per gestire meglio il calendario è talmente banale che è inutile scriverlo.

Comunque è inutile girarci intorno, il vero casino è stato quello di Vinidamare, la rassegna dei vini liguri, da sempre organizzata da AIS assieme al comune di Camogli: è successo qualcosa tra i due partner e AIS ha deciso di spostare la manifestazione a Sestri utilizzando un nuovo nome (perché il marchio Vinidamare è registrato dal comune).
Camogli, non volendo rinunciare, ha messo in piedi comunque l’evento chiedendo l’aiuto di FISAR. Risultato: due vetrine con lo stesso tema (i vini liguri, appunto) a pochi giorni e pochi chilometri di distanza l’uno dall’altro. Il solito colpo di genio tutto italico, fatto di beghe e frammentazioni: complimenti.

Vinidamare, dicevamo: non ho seguito le due giornate dell’evento; come non professionista mi sono al solito limitato ai banchi d’assaggio, scansando i dibattiti e le manifestazioni collaterali, e l’impressione è che nonostante si sia arrivati alla dodicesima edizione, si riparta da zero.
Dal punto di vista del visitatore è stata una grossa delusione: nessun programma stampato consegnato all’ingresso, soprattutto pochissimi i produttori (che evidentemente hanno scelto di presenziare alla manifestazione di Sestri), difatti molti banchi proponevano uno zibaldone di vari vini serviti dai poveri tizi di FISAR che ovviamente non potevano conoscere granché di quello che versavano. Risultato: molte bottiglie neppure sono state aperte e quasi tutte non sono state comunicate a dovere.
Aggiungiamo che qualcuno ha avuto la malaugurata idea di non tirare le tende dietro ai grossi finestroni, così molti rossi non messi in fresco erano a temperatura da brodo… Ciliegina sulla torta: i dibattiti (con tanto di microfono e altoparlante) si svolgevano nella stessa stanza della degustazione, con evidente frastuono e fastidio di tutti i visitatori.

Si ricomincia da zero o poco più, quindi, con l’auspicio che il prossimo anno si possa fare tesoro dei difetti organizzativi (e sono certo che non sarà difficile) ma soprattutto si riesca a trovare la quadra tra due manifestazioni gemelle ma separate (cosa che vedo nettamente più complicata).

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Zibaldone minimo dei lemmi enogastronomici, parte prima: la degustazione

Sarà che è la moda del momento, forse.

Il punto è che il mondo dell’enogastronomia, da parte dei protagonisti come pure da quella dei semplici appassionati, rigurgita spesso un tale entusiasmo dal rasentare l’imbarazzo, e se da un lato (quello di chi deve vendere) lo si può capire, meno giustificabili risultano quelle povere vittime della sindrome di Stoccolma che si sentono in dovere di spalancare la porta del loro personale patheon a osti e contadini.

Ma fin qui pazienza.
Quel che davvero resta indigesto (del resto, di alimentazione stiamo parlando) è il grado di formalismo, la necessità di giocarsi un linguaggio forzatamente aulico, intriso di alate metafore, per discettare di un piatto di pastasciutta e un bicchiere di rosso.

Per questo, e per evitare di ricascarci pure io con tutte le scarpe e con tanto di calice e forchetta, ho deciso di vergare a imperitura memoria il mio personalissimo dizionario dei termini innominabili in ambito enogastonomico.

Iniziamo.


Degustazióne s. f. [dal lat. tardo degustatio -onis]

Parrà strano, detto da uno che ha sostenuto con profitto l’esame per poter vantare il pomposo titolo di Degustatore Ufficiale AIS (e per farlo ha pure pagato, pensa che roba); ma io ‘sto termine non lo sopporto; cioè, fatemi capire: voi degustate?

Non ci credo: semmai gustate, o mangiate e bevete, o al limite divorate, assaggiate, assaporate, pasteggiate, spiluccate, ingurgitate, brindate, sorseggiate, tracannate. Eccetera.

A me il termine “degustare” fa sempre venire in mente quei personaggi insopportabili, che, in compagnia di amici, fidanzate e semplici conoscenti, si sentono in dovere di roteare bicchieri come fossero dei lazos ed annusare piatti come un cane lasciato senza guinzaglio durante la festa del tartufo ad Alba, per poi tranciare con la massima serietà un giudizio inappellabile (e soprattutto non richiesto) su pietanze e liquidi testé ingeriti.

Degustazione

Non solo: appena leggo la sequenza di lettere d-e-g-u-s-t-a-r-e, mi parte un film nel cervello che ha per protagonisti attempati nobili parrucconi dell’ancien regime riuniti a mensa in qualche affrescato e stuccatissimo salone degli specchi di Versaillesiana memoria. Sorseggiano azzimati la zuppa e alternano al silenzio brevi discussioni su esecuzioni di sovversivi, caccia e tauromachia; quando esce la portata principale non applaudono ma, piuttosto, in segno di gioia fanno tintinnare i loro gioielli (cit.).

“Degustare” implica un tale grado di barocchismo da mandare fuori scala l’indice del mio noiosometro; dunque, dall’alto dell’autorità da me stesso conferitami, ne decreto l’immediata abolizione.
Così è stabilito, la seduta è tolta.

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