Che succede quando il tuo spacciatore di alcol di fiducia si procura nuove bottiglie bollicinose di piccoli produttori francesi, classificati come RM?
Ovvio: le provi una alla volta, perlomeno quelle economicamente abbordabili, possibilmente senza prima informarti su blog, siti aziendali e modernerie varie, in modo da non rovinarti la sorpresa.
Quindi via alla cieca: non conosco nulla del produttore, tantomeno del vino che andrò ad assaggiare: esiste qualcosa di più divertente?
Lo stappo e inizia lo stupore: si nota una inusuale sfumatura ambrata, delicata, un accenno di buccia di cipolla; ma accidenti, in etichetta non si parla di rosé (e difatti la tinta è troppo debole per ricadere nella tipologia)…
Temo il difetto, ma il tappo è a postissimo e il naso non rivela alcun allarme, così come l’assaggio.
Vado finalmente a sbirciare sul sito e mentre scrivo il nome mi viene un sospetto: vuoi vedere che lo hanno chiamato in questo modo proprio per la tinta? Ovvio che è così: il nome deriva dalla sfumatura colorata, donata dalla pressatura dell’uva nera (per la cronaca: pinot nero 100% e dovevo aspettarmelo, visto che siamo a Bouzy, tradizionalmente “capoluogo” di questo vitigno nella regione dello Champagne).
E’ proprio online che il produttore racconta la storia, chissà quanto vera, di questo vino come di un recupero della tradizione.
Non ho modo di verificare, ma per sommi capi si dice che agli inizi del ventesimo secolo, nella zona in questione, tutti i vini ottenuti da pinot nero avevano una sfumatura ambrata e per questo erano chiamati “occhio di pernice”.
Sarebbero state poi le grandi maison a decidere che gli champagne dovessero ricadere nelle tipologia “blanc” o “rosé” e non in qualcosa di intermedio, ma la cancellazione del cenno rosato avrebbe anche eliminato parte di aromi, tanto che Jean Vesselle,nel 1972, dopo aver ritrovato murate in cantina alcune bottiglie vinificate alla maniera tradizionale, sarebbe rimasto così colpito dal colore e dalla pienezza degli aromi da decidere di riprendere la produzione con questa modalità.
Denominazione: Champagne BRut
Vino: Oeil de Perdrix
Azienda: Jean Vesselle
Anno: –
Prezzo: 30 euro
Detto del colore, proseguiamo con una bolla estremamente copiosa, ma che non aggredisce grazie alla sua finezza. Il naso richiama principalmente la frutta: agrume, mandarino e qualche accenno ai canonici (per il vitigno) piccoli frutti rossi, poi una leggera scia di corteccia bagnata. Nel complesso, buona l’intensità, anche se il tutto è magari un po’ semplice.
L’assaggio è equilibrato, l’acidità c’è senza strafare, mitigata dal dosaggio garbato (6 g/l). Il finale non è lunghissimo e presenta un minimo accenno amaro (che il giorno seguente mi sembra scomparso o che perlomeno avverto molto meno) che non impreziosisce la bevuta.
Sgomberiamo il campo: non siamo di fronte ad un capolavoro, ma sicuramente si tratta di un buon vino, oltretutto capace di fare “storia a sé”, incuriosendo per la sua tipologia peculiare.
Il bello: bel colore, bevuta semplice e gradevole
Il meno bello: nulla che spicchi particolarmente