Fortificazione e metodo Solera sono due delle caratteristiche che rendono particolare lo Sherry, un vino forse poco conosciuto al di fuori di una ristretta cerchia di appassionati: per questo, in occasione di una degustazione presso la solita Cantina du Pusu (e perché no, anche per riprendere in mano e in mente lezioni e appunti del corso AIS) ho deciso di creare la mia piccola guida Bignami-syle.
Il nome del vino (Sherry nei paesi inglesi, Xérès in Francia, Jerez in Spagna) prende evidentemente spunto dalla geografia: siamo a in Jerez, Andalusia, nel Sud-Ovest della Spagna, dalle parti di Cadice, dove pare che la vite sia stata portata dai Fenici per poi essere coltivata dai Romani allo scopo di produrre vini da importare a Roma; più tardi gli Arabi introdurranno nella zona l’alambicco per la distillazione, che avrà importanza per il processo di fortificazione.
Saranno poi i mercanti Inglesi ad appassionarsi così tanto alla tipologia (analogamente a quanto accaduto con altri vini fortificati) da arrivare a fondare in loco aziende di produzione.
Il clima è molto caldo: in media 300 giorni di sole l’anno con punte di 40 gradi, ma a portare sollievo ci pensano i venti oceanici e la caratteristica del terreno di assorbire acqua. Il suolo è calcareo-gessoso, e il più vocato, chiamato Albariza, ha una quantità tale di gesso da risultare quasi bianco.
Le tre tipologie di uve coltivate sono Palomino (la più importante, usata principalmente per i vini secchi), Pedro Ximénez e Muscatel, e vengono raccolte spesso con leggero appassimento per poi essere vinificate in acciaio o cemento, ottenendo un normale vino bianco di circa 12 gradi che il produttore, a seconda delle caratteristiche organolettiche, deciderà se destinare alla categoria Fino oppure Oloroso.
Il processo produttivo a questo punto prevede la fortificazione, cioè la aggiunta di un distillato di vino che blocca la fermentazione: nel caso dei Fino, la fortificazione porta il vino a 15 gradi, mentre per gli Oloroso si arriva a 18 gradi.
Effettuata la fortificazione, il vino viene fatto maturare per almeno tre anni in botti da 500 litri riempite per i soli cinque sesti e lasciate parzialmente aperte: è il metodo Solera y Criadera, che ha lo scopo di permettere una qualità costante nelle varie annate. Le botti sono disposte in strati, da cinque fino a quattordici, a seconda della tipologia di Sherry che si vuole ottenere, ciascuno chiamato criadera.
Lo strato più vicino al suolo, detto solera, è quello dal quale viene prelevata la parte di vino (dal cinque al trenta per cento) da imbottigliare e commercializzare. Il vino prelevato viene rimpiazzato da una analoga quantità proveniente dalla criadera superiore e così via, fino ad arrivare allo strato più in alto, nel quale si immette vino nuovo.
Dicevamo che la fortificazione prevede il raggiungimento di differenti gradazioni: la distinzione non è banale, perché, nel caso di superamento dei 16 gradi alcolici, sulla superficie del vino (che, lo ricordiamo, riposa in botti di legno non del tutto colme e non completamente sigillate) non avviene la formazione di un velo di microorganismi chiamato flor, che lo isola parzialmente dall’ossigeno, rallentandone l’ossidazione e modificandone la composizione.
La formazione o meno della flor è quindi l’elemento distintivo di differenziazione tra le le due tipologie di Sherry: Fino (vini secchi, freschi, di colore chiaro e aromi delicati, da bere giovani e da consumare in fretta una volta aperta la bottiglia) o Oloroso (vini secchi o dolci, di colore più scuro, di maggiore invecchiamento, struttura e robustezza e con aromi di frutta secca. Poiché hanno subito affinamento ossidativo, non hanno necessità di rapido consumo dopo l’apertura).
Generalmente si consiglia il consumo dei Fino e Manzanilla come aperitivo o con antipasti, servito molto fresco, mentre gli Amontillado e Oloroso secchi vengono usati come antipasto, con frutta secca e olive, o abbinati a preparazioni di pesce strutturate e carni.
Le tipologie dolci possono accompagnare formaggi erborinati o stagionati, dolci o foie gras; il Pedro Ximénez, data la sua struttura e densità, è un vino da sorseggiare da solo o con dolci impegnativi di cioccolata.
Tipo | Caratteristiche | Gradi alcolici | Zuccheri g/l |
Manzanilla | Prodotto a Salúcar de Barrameda: flor e clima particolari conferiscono particolare sapidità e sapore più delicato rispetto ai Fino | 15-17 | 0-5 |
Fino | Più robusto e con gusto più deciso rispetto al Manzanilla. Può essere dolclificato con l’aggiunta di mosto dolce, creando la tipologia Pale Cream (15,5-22 gradi, 45-115 g/l) | 15-17 | 0-5 |
Amontillado | Più chiaro di un Fino ma più scuro di un Oloroso. Si parte da un Fino cui si spezza il velo di flor naturalmente o tramite una ulteriore fortificazione. Per questo scurisce e acquista sentori di frutta secca. Possono essere dolcificati, prendendo la denominazione Medium (15-22 gradi, 5-115 g/l) | 16-17 | 0-5 |
Tipo | Caratteristiche | Gradi alcolici | Zuccheri g/l |
Oloroso | Sono prodotti senza intervento della flor, quindi ossidati, molto scuri e ricchi di aromi tostati. Alcol e struttura superiori ai Fino. Naturalmente secchi, se dolcificati danno vita ad altre tipologie. | 17-22 | 0-5 |
Cream | Si tratta di Oloroso dolcificati tramite blending con altri vini, ad esempio Pedro Ximénez. Hanno aromi di frutta secca e cioccolato. | 15,5-22 | 115-140 |
Pedro Ximénez | Prodotto con l’omonima uva lasciata appassire, è lo Sherry più denso, scuro e strutturato. Viene usato anche come taglio dolcificante di altri Oloroso. | 15-22 | >212 |
Esiste anche il Palo Cortado (17-22 gradi, 0-5 g/l zuccheri), uno stile raro che fa categoria a sé, presentando caratteristiche ibride tra un Fino e un Oloroso. Si tratta di un Fino o un Amontillado che, dopo tre o quattro anni di invecchiamento, sviluppa struttura e concentrazione da Oloroso a seguito della rottura della flor.