[Nota per i lettori più assidui: viviamo in un mondo curioso; a dicembre, istigato dal trovarne da mesi alcuni articoli al supermercato, decido di scrivere un pezzo introduttivo su Brewdog, pensando di completare il racconto nei giorni seguenti con le note di assaggio.
Ovviamente, dopo pochi giorni, la sezione di scaffale dedicata al birrificio scozzese è stata occupata da altri prodotti, costringendomi ad abbandonare il progetto e inficiando tutto il senso della premessa.
Ormai neppure mi ricordavo più della faccenda, ma ecco che al Carrefour vicino a casa ricompaiono le ben riconoscibili etichette degli imbalsamatori di scoiattoli, imponendomi di continuare quanto iniziato a suo tempo.]
Birra: Punk IPA
Azienda: Brewdog
Stile di riferimento: IPA
Prezzo: 2,47 euro
Traviati da svariati corsi di degustazione, travolti da quintali di manuali, lobotomizzati da fiumi di trasmissioni gastro-televisive, siamo tutti diventati fini degustatori di vino, esperti esteti nell’impiattamento del cibo, severi fustigatori dei difetti di tutte le produzioni brassicole dell’orbe terracqueo, esegeti spaccatori del capello per l’abbinamento alcol-cibo.
Il tutto, ça va sans dire, con in mano il bicchiere (pardon, calice) da degustazione ISO; siamo quindi ormai tutti dei degusto-fenomeni con la puzza sotto il naso, e ci siamo dimenticati di quando tracannavamo le peggio birre, senza il taccuino sottomano per prendere nota dei descrittori, direttamente dalla latta o dalla bottiglia (e qualche volta ci piacevano pure).
Lo sbarco di Brewdog nell’arena della grande distribuzione si accompagna ad una innovazione non da poco per il mercato della birra “artigianale” o “di qualità”: il contenitore in alluminio.
Storicamente relegata a contenitore di prodotti scadenti, la lattina ha dalla sua una serie notevole di vantaggi: è leggera (quindi minori costi e inquinamento durante il trasporto), è riciclabile con più facilità rispetto al vetro, è più robusta, ha migliore tenuta alla luce, e, da quanto ho capito, ha da tempo annullato tutti i suoi problemi organolettici (grazie a rivestimenti della parete interna).
E’ quindi curiosamente “nuovo” annusare qualcosa di buono (anzi, annusare qualcosa: visto che di solito non si sente nulla) quando strappiamo la linguetta, e c’è una sottile perversione nel bere a canna direttamente dalla latta, gustando un prodotto decente, magari camminando per strada.
Il prodotto che Brewdog ha scelto per questo contenitore, facendone una via di mezzo fra un cavallo di Troia e un articolo portabandiera, è la Punk IPA, forse la birra che maggiormente ha contribuito a fare conoscere i nostri scozzesi nei primi anni di ribalta: colore giallo leggermente ambrato, schiuma di buona compattezza e di discreta durata, aroma abbastanza semplice ma intenso e gradevole, di vegetale e agrume. In bocca carbonatazione non aggressiva, c’è freschezza con accenni resinosi e balsamici e un richiamo alla liquirizia.
Finisce con un buon amaro, lungo e persistente, ripulente; purtroppo, sarà l’impressione e non certo colpa della lattina, c’è qualche vago sentore metallico o di stantio, unico difetto rilevabile in una birra tutto sommato semplice ma gradevole. Una birra da 5,6%, fatta per il caldo e la sete, da tracannare a metà pomeriggio o anche con una bistecca, ma in generale da bere con semplicità, senza fare troppo i sofisti.
Certo, per garantire una shelf-life adeguata alla grande distribuzione di sicuro si ricorre alla microfiltrazione (e, qualcuno dice, anche alla pastorizzazione), che indubbiamente riduce fragranza e freschezza. Altrettanto sicuramente la ricetta è ben diversa da quella che caratterizzava le prime produzioni arrivate in Italia, che ricordo ben più violentemente amare… ma credo sia già un piccolo evento poter acquistare una birra del genere (come detto, saporita e molto gradevole) in un supermercato di provincia, a questo prezzo.
[Qui il post del 2011 sul blog di Brewdog: si parla delle lattine e c’è qualche immagine della linea di produzione]
Una risposta a “Brewdog Punk IPA: luppolo in lattina”