Ristorante La Pineta, Marina di Bibbona

Prima di buttare giù qualche riga, ho volutamente aspettato che fosse trascorso qualche giorno dal fatto. Il “fatto” in questione è ovviamente il decesso di Luciano Zazzeri, il patron de La Pineta.

A differenza dei molti che la scorsa settimana hanno commentato la notizia, io non ero un cliente abituale del Luciano, tantomeno un suo amico, anzi mi sono attovagliato nel suo locale una sola volta, qualche anno fa, persino con lieve circospezione poiché qualche recensione vagheggiava di trattamenti freddini nei confronti degli avventori occasionali e di una location un po’ datata.
Soprattutto, lo ammetto, temevo l’effetto “locale da turisti in spiaggia”, con il classico menu di pesce tutto sommato banale (non) riscattato dalla seduta fronte mare.

La faccio breve: non andò così e il ricordo della cena è piacevolmente ammantato di una lieve nostalgia; l’accoglienza del personale di sala fu gentile e simpatica, per nulla affettata, tanto che senza averlo chiesto mi venne riservato un tavolo in spiaggia, visto che si era nella prima sera della stagione in cui si cenava all’aperto); le preparazioni, pur nella loro semplicità (o forse proprio grazie a questo),  furono tra le migliori portate di mare mai assaggiate, e il signor Luciano fece un passaggio al tavolo pur avendo chiaramente in sala clienti ben più prestigiosi e noti del sottoscritto.
Insomma, la mia serata riuscì a combinare un locale familiare ma gentilmente elegante e di gran qualità con il clima gradevolissimo di una notte di inizio estate: difficile chiedere di meglio.

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Trattoria Guallina, Mortara

Memore di due notevoli passaggi a La Crepa di Isola Dovarese era da tempo che avevo voglia di approcciarmi alla Trattoria Guallina. Non che ci sia alcuna relazione tra i due locali, ma la reciproca ubicazione nella profondità della provincia lombarda e una certa fama di eleganza coniugata a rustica tipicità, mi forzavano l’accostamento.

In realtà le differenze non sono poche: se La Crepa la trovate nella piazza centrale di un paesino, qui siamo in una frazione di campagna, e mentre il locale di Isola Dovarese è un gioiellino retrò, qui l’atmosfera è più comune: una trattoria curata, ecco. Analogamente la cantina, pur affatto malvagia, non raggiunge la ricercatezza e la correttezza dei prezzi del ristorante Cremonese.

Al sodo: sono capitato a Mortara il mezzogiorno di un venerdì e per fortuna avevo prenotato: gran numero di coperti per un servizio veloce, ben fatto ma  un po’ imprersonale.
Il cibo è ovviamente incentrato sulla eccellenza locale, l’oca, e rispecchia l’immaginario di trattoria vera: piatti grandi e sapori forti (in particolare un risotto con pasta di salume d’oca davvero “troppo” come quantità e come intensità), misto di salumi discreto ma non da urlo come avrei immaginato, petto d’oca un po’ troppo cotto.

Alla fine l’esperienza non è malvagia ma neppure entusiasmante, soprattutto in ragione di un conto che ho trovato leggermente sbilanciato verso l’altro in ragione di ambiente, servizio e portate.

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Trebbiano d’Abruzzo 2013, Pepe

La storica azienda Emidio Pepe di Torano Nuovo, in Abruzzo, è una di quelle realtà artigiane che del proprio modo fare, biologico ante litteram, hanno beneficiato recentemente, salendo ad una ribalta quasi inaspettata grazie alla new wave vinicola che esalta il non interventismo in vigna e in cantina, la mancanza di filtrazioni e chiarificazioni, i lieviti naturali; insomma, il ritorno ai “sapori di una volta”. Non per nulla la distribuzione è quella TripleA che su questi argomenti lavora con successo da anni.

A seconda degli occhi di chi le legge, la retorica del vino fatto ancora pigiando l’uva con i piedi e figura totemica dell’anziano patron che dichiarava di aver voluto visitare gli States per sapere se laggiù gradivano le sue bottiglie e di aver scoperto così di fare il vino più buono del mondo, possono apparire via via come il traghettamento di una arcaica saggezza verso il mondo moderno oppure  piccole-grandi furberie mercantili d’antan.
Chi scrive, ormai consumatore disincantato e forse fin troppo inaridito nei confronti di certa poesia eno-maniaca, si trova esattamente a metà: da un lato  guardo ammirato alla costanza ferrea nel perseguire determinate vie fin da tempi non sospetti e alla inequivocabile golosità di certi assaggi, dall’altro mi approccio un po’ infastidito al rifiuto preconcetto di qualsivoglia progresso che possa mettere un argine alla elevata (almeno nella personale esperienza) incostanza di bottiglie che hanno ormai raggiunto prezzi decisamente premium.

Denominazione: Trebbiano d’Abruzzo DOC
Vino: Trebbiano d’Abruzzo
Azienda: Emidio Pepe
Anno: 2013
Prezzo: 35 euro

E’ quindi con animo laico che mi avvicino al Trebbiano d’Abruzzo 2013, che appena stappato rivela aromi gentili di fiore bianco, ricordi di cantina e un filo di volatile. Tutto sommato garbato, ma nulla più.

Purtroppo anche l’assaggio gioca nella stessa categoria un po’ monocorde: tantissima l’acidità e poco altro, con un sorso che chiude piuttosto breve, lasciando un vago ricordo di succo d’uva.

E’ il Pepe che non ti aspetti: non ha difetti evidenti come mi è capitato in passato (sbuffi decisi di zolfo) ma neppure è il capolavoro di complessità grazie al quale si perdonano le bottiglie sfortunate… si ferma semmai ad una aurea mediocrità ben poco rilevante, e visto il prezzo non è un complimento.

Il bello: la storia aziendale, la facilità del sorso

Il meno bello: manca di complessità, prezzo importante

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Genova Wine Festival 2019: prima edizione

E’ bello non dover far sempre i criticoni, quindi (contrariamente a quanto accaduto con la manifestazione di GoWine) mi piace segnalare la buona organizzazione della prima edizione del Genova Wine Festival.

Immagino non sia un caso che dietro le quinte ci sia, tra gli altri, l’associazione Papille Clandestine, che da qualche anno gestisce con destrezza eventi sul territorio cittadino, quindi complimenti a loro e all’altro patron (Intravino).

Tra le cose buone da evidenziare, scelgo la location in centro, facile da raggiungere con qualsiasi mezzo, l’ampia area relax, il prezzo di ingresso corretto, la solerte disponibilità dei volontari nel far trovare sempre le sputacchiere vuote.

Se posso invece annotare un punto migliorabile, direi che c’è necessità di più spazio per espositori e pubblico (a partire da un certo orario la sala era davvero troppo piena), ma immagino fosse troppo ottimistico prevedere un simile afflusso.

Infine, una mia personalissima idiosincrasia: fatemi pagare anche un euro in più per il biglietto (uno solo, eh: siamo o no genovesi) ma non costringetemi ad associarmi a Papille Clandestine.
Intendiamoci, non ho assolutamente nulla contro questo ente, anzi, come scritto sopra mi pare stiano lavorando più che bene, semplicemente per mia scelta personale non amo essere membro di qualcosa che non conosco bene e di cui non sono direttamente coinvolto.

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